Clima. Accordo storico alla Cop28 di Dubai: verso l’abbandono dei combustibili fossili

LUCIA CAPUZZI

Alla fine il compromesso è stato “transizione”. Un termine meno diretto rispetto a “eliminazione” o “phase out” in inglese, ma comunque chiaro nel chiedere alle parti di “avviare la transizione verso l’abbandono dei combustibili fossili nei sistemi energetici, in modo giusto, ordinato ed equo, accelerando l’azione in questo decennio critico, in modo da raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette entro il 2050 in linea con la scienza”. Il principale documento finale della Conferenza Onu sul clima (Cop28) segna dunque l’inizio della fine dell’era degli idrocarburi. Il presidente del vertice, il sultano Ahmed al-Jaber, ha diffuso la bozza nelle prime ore del mattino dopo una notte di negoziati fiume. Alle 11.14, con ventiquattro ore di ritardo sulla tabella di marcia, il testo è stato approvato dalla plenaria dei 197 Paesi più l’Unione Europea (Ue) senza alcuna obiezione. Una riapertura della discussione avrebbe significato mettere a rischio il fragile equilibrio raggiunto.

Già nella tarda serata di ieri, l’inviato Usa per il Clima, John Kerry, aveva anticipato che si fosse vicini a un accordo più forte su quello che è stato il nodo centrale della Cop28: la battaglia degli idrocarburi. Una lotta resa ancora più epica dalla cornice in cui si è svolto il summit: gli Emirati, una delle dieci petro-potenze mondiali. Oltretutto la sua guida, Jaber, è l’amministratore delegato della compagnia petrolifera nazionale Adnoc. Il risultato è, dunque, storico.

Le premesse non erano delle migliori. Al summit ha partecipato un numero di lobbysti dell’industria fossile, quasi quattrocento. E l’Organizzazione dei Paesi produttori (Opec) ha dato vita a una mobilitazione inedita, con tanto di appelli diretti al vero per i propri esponenti, al fine di evitare l’addio. Per aggirare la “linea rossa” saudita, la richiesta di eliminazione – voluta con forza da Onu, scienziati, attivisti e da circa 150 Paesi, guidati da Ue e Stati insulari – è sostituita da quella di “transitioning away” – transitare fuori, cioè uscire dagli idrocarburi – contenuto nel punto D dell’articolo-chiave, il 28. Il cappello con cui inizia, inoltre, è molto più netto della precedente versione. Alle parti viene richiesto di fare una serie di azioni, tra cui la transizione, in un orizzonte temporale definito: è necessario accelerare gli sforzi nel decennio attuale. Scompare, così, la formulazione, estremamente ambigua in cui le opzioni figuravano come mere possibilità. Rafforzata anche la parte sul carbone dove si torna “alla riduzione dell’energia prodotta dal carbone”. Viene confermata inoltre la triplicazione delle rinnovabili e il raddoppio dell’efficienza energetica entro il 2030.

Certo, gli impegni finanziari per aiutare i Paesi poveri sono ancora fumosi. Vengono riconosciute e quantificate in trilioni di dollari le necessità del Sud del pianeta per affrontare l’emergenza climatica. E si dice che gli aiuti non devono aggravare i debiti delle nazioni vulnerabili. Non vengono definite, però, linee di azione chiara. La questione sarà al centro della Cop29, in programma a Baku, in Azerbajan, tra l’11 e il 22 novembre 2024. Di Dubai resta un punto fermo, sintetizzato dal segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres: “L’eliminazione dei combustibili fossili è inevitabile. Lo dico a quanti si sono opposti”

in Avvenire, 13 dicembre 2023

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