Archivi categoria: Dibattito culturale

La menzogna e la fiducia

ENZO BIANCHI

Un proverbio arabo recita: “Ogni parola, prima di essere pronunciata, dovrebbe passare attraverso tre porte. Sulla prima c’è scritto: è vera? Sulla seconda: è necessaria? Sulla terza: è gentile?”.

C’è molta sapienza in questo detto. Dalla parola, infatti, dipende la comunicazione e dalla comunicazione la possibilità della comunione, dunque la qualità della vita umana, perché quanto meglio uno comunica, tanto più si umanizza. Eppure la parola non è facile, occorre generarla ricevendo un seme di parola da altri, permettendo in noi una gestazione, in cui la parola prenda forma, e poi occorre partorirla nel dolore, perché non c’è parola senza una gravidanza che la preceda. Non c’è parola nostra che non nasca dalla parola di altri. Lungo mestiere quello di imparare a parlare. Nelle relazioni quando ci si affaccia alla vita appare un impulso a parlare così prepotente che ci spinge a vivere senza gli altri, contro gli altri: dobbiamo pur vivere, costi quel che costi. Questo impulso può portare alla violenza e a quello che solo apparentemente è il contrario della violenza: non si uccide l’altro negandolo, ma con una regressione alla fusionalità dell’incesto. Gettati dal ventre materno nel mondo, non si prendono le distanze dalla madre, dalla famiglia, dal contesto civile. Si arriva così a rifiutare l’incontro con l’altro, lo straniero, il diverso. Inoltre, una volta che siamo nel mondo, tra gli altri, c’è la possibilità della menzogna, della cattiva comunicazione, della falsità: tutto ciò è dovuto alla mancanza di fiducia nell’altro. Quando c’è la menzogna, nessuna comunicazione è possibile, viene meno la fiducia.

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Storia. Sul massacro di Debre Libanos il dovere della memoria è conquista di civiltà

PAOLO BORRUSO

Dal 21 al 27 maggio 1937 il viceré Graziani fece uccidere duemila etiopi. Un eccidio coloniale a lungo rimosso che chiede l’attenzione delle istituzioni e della storiografia

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Il nome di Debre Libanos è tristemente legato al più grave crimine di guerra italiano, ordinato dal viceré d’Etiopia Rodolfo Graziani come rappresaglia per un attentato da cui era sfuggito. È il più antico santuario cristiano dell’Etiopia, meta di pellegrini da tutto il paese. Il 12 Ginbot (20 maggio) ricorre la memoria della traslazione, nel 1370, dei resti di san Tekla Haymanot – fondatore nel XIII secolo della prima comunità monastica in quel sito –: è la festa più sacra dell’anno, particolarmente attesa a Debre Libanos non solo tra i monaci, ma da tutti i cristiani etiopici provenienti da ogni parte del paese. È il giorno di massima affluenza di persone nel monastero. Ed è il motivo che spinse il viceré d’Etiopia Rodolfo Graziani ad una cinica pianificazione fin nei minimi dettagli. Tra il 21 e il 27 maggio 1937 i militari italiani, sotto la guida del generale Pietro Maletti, presidiarono il santuario e prelevarono i presenti, caricandoli a gruppi su camion verso luoghi isolati, dove ebbero luogo le esecuzioni, ordinate ai reparti coloniali musulmani per scongiurare possibili ritrosie degli ascari cristiani di fronte a correligionari. Nonostante le 452 esecuzioni dichiarate da Graziani per cautelarsi da eventuali inchieste, le indagini più recenti attestano un numero molto più alto, compreso tra le 1.800 e le 2.200.

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La “missione” delle chiese per la pace in Ucraina

LUIGI SANDRI

L’uscita dalla tremenda guerra in atto in Ucraina preoccupa tutte le Chiese, ma le iniziative avviate, o prossime, per trovare il bandolo della matassa e iniziare a smorzare il fuoco delle armi, faticano ad avere qualche successo, se il patriarcato di Mosca fa pregare i suoi fedeli non per invocare la “pace”, ma per la “vittoria” dell’esercito russo. Intanto si apprende che il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, latore di una “missione” per conto di papa Francesco, non andrà solo a Kiev, come dapprima annunciato, ma anche a Mosca. Però tutto è ancora incerto, né per ora si sa quando il porporato partirà, e quale il suo programma preciso.

Un dato si impone, comunque: la prevista iniziativa voluta dal Vaticano è stata preceduta, pochi giorni fa, da quella del pastore sudafricano Jerry Pillay, segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese (Wcc, in sigla inglese). È, questa, una organizzazione – con sede a Ginevra – che raccoglie 349 Chiese del mondo (ortodosse, anglicane e protestanti), favorendo la loro reciproca conoscenza e collaborazione. La Chiesa cattolica non ne fa parte, pur collaborando con essa. Dapprima, Pillay è stato a Kiev, dove ha incontrato i primati delle due contrapposte Chiese ortodosse d’Ucraina: quella storicamente legata alla Chiesa di Mosca (ma contraria all’invasione russa del Paese), e quella autocefala, considerata “scismatica” dal patriarcato russo, guidato da Kirill, e legata al patriarcato di Costantinopoli. Egli è riuscito a convincere le due Chiese ortodosse “nemiche” a partecipare ad una ”tavola rotonda” per favorire la pace tra Russia ed Ucraina.

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Londra. Morte della sociologa Margaret Archer

La sociologa e filosofa britannica Margaret Scotford Archer, l’esponente più rappresentativo in ambito internazionale del realismo critico nelle scienze sociali dopo il suo fondatore Roy Bhaskar, è morta all’età di 80 anni nella sua casa nelle British Midlands. L’annuncio della scomparsa, avvenuta improvvisamente domenica 21 maggio, è stato dato dal Centre for Critical Realism, fondato dalla stessa Archer nel 1996 all’Università di Warwick, dove ha insegnato filosofia e teoria sociale per quasi tutta la sua carriera accademica. Dal 1986 al 1990 è stata presidente dell’Associazione Internazionale di Sociologia ed era membro dal 1994 della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, di cui è stata presidente dal 2014 al 2019.

I libri Culture and Agency (1988), Realist Social Theory: The Morphogenetic Approach (1998) e Being Human: The Problem of Agency (2000), pubblicati da Cambridge University Press, offrono gli elementi fondativi di un’antropologia sociale, che prende le mosse dalla necessità di resistere “all’impoverimento dell’umano in atto nelle società occidentali contemporanee” in cui il relativismo culturale e l’ideologia post-modernista sembrano mettere in discussione ogni forma di attività conoscitiva. In italiano sono stati pubblicati i suoi volumi La morfogenesi della società. Una teoria sociale realista (Franco Angeli, Milano, 1997); La conversazione interiore. Come nasce l’agire sociale (Erickson, 2006); Essere umani. Il problema dell’agire (Marietti 1820, 2007), Riflessività umana e percorsi di vita. Come la soggettività umana influenza la mobilità sociale (Erickson, 2009).

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#rubare l’anima

GIANFRANCO RAVASI

Mi avete rubato la terra, il cavallo, la donna. Ma non siete riusciti a rubarmi l’anima.

Così aveva replicato il mitico Toro Seduto, capo della tribù dei Sioux, agli invasori bianchi delle sue terre. Le sue sono parole forti che possono essere idealmente scagliate non solo contro i colonizzatori del passato, ma anche ai nostri giorni quando si cerca – come è accaduto in Amazzonia o nei confronti delle minoranze etniche di molte nazioni – di estirpare le loro radici spirituali e culturali. Alla base c’è la deleteria convinzione della propria superiorità rispetto a popoli considerati «primitivi». Come affermava quel capo pellerossa, è un’impresa infame e quasi impossibile cancellare l’anima profonda di una comunità.

In questa linea potremmo allargare il discorso fino a lambire anche la nostra esperienza. Nel suo diario Il mestiere di vivere Cesare Pavese annotava: «Quando un popolo non ha più un senso vitale del suo passato si spegne. Si diventa creatori quando si ha un passato. La giovinezza dei popoli è una ricca vecchiaia». Purtroppo, noi europei, che abbiamo un’anima ricchissima, stiamo sempre più seppellendola sotto il manto grigio della smemoratezza o sotto le macerie di un consumismo che ha come unici valori «la terra, il cavallo, la donna», ossia il possesso e il dominio. E, invece, è solo col patrimonio spirituale e culturale del passato che riusciamo a raggiungere vette più alte. Non per nulla l’appello biblico per eccellenza è: «Ascolta! … Ricorda!». Ed è la sorgente per credere e agire nel presente e nel futuro.

in Il Sole 24 Ore, 28 maggio 2023

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Economia. Rimettere la persona al centro

NUNZIO GALANTINO

Per quanto suggestiva, sembra piuttosto fantasiosa la strada percorsa da chi denunzia l’errore etimologico nel quale sarebbe incorso Rousseau. Questi avrebbe sbagliato nel far derivare la parola economia – come tutti ritengono – dall’unione dei termini greci oikos (casa) e nómos (legge, norma). Col significato di gestione saggia e legittima della casa. L’errore starebbe nell’avere scambiato nómos con nomós (terreno destinato al pascolo), stravolgendo il significato della parola economia. A questa, con esercizi linguistici davvero arditi, invece di attribuire il condiviso significato di governo saggio e legittimo (nòmos) della casa, si riconosce quello di accumulo (di pecore o altro) proporzionato solo allo spazio (pascolo) disponibile per contenerlo.

Pur nella sua evidente «originalità», questa interpretazione del termine economia può essere accolta come una provocazione per ipotizzare un sistema produttivo dei beni che allontani da sé lo stigma di scienza della «massimizzazione degli utili» e della «minimizzazione dei costi».

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Teologia. Perché il dolore? L’eterna domanda che inquieta la fede

ROBERTO RIGHETTO

Per il teologo Striet filosofi e scrittori mostrano il dramma, ma la sola risposta è nella vita che risorge

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«Non essere mai nati è la cosa migliore e la seconda, una volta venuti al mondo, è tornare lì donde si è venuti»: un sentimento accorato e insieme nichilista si ritrova in queste parole recitate dal coro della tragedia Edipo re di Sofocle. Espressione di una visione dell’esistenza improntata al pessimismo totale propria di buona parte della cultura ellenica – si pensi ai lirici greci – ma anche di una tradizione consolidata del pensiero occidentale, il cui emblema è Schopenhauer. «Una visione purificata da tutte le scorie religiose», commenta il teologo tedesco Magnus Striet nel suo libro Il silenzio di Dio. Desiderio di resurrezione e scetticismo, appena edito da Queriniana (pagine 190, euro 22).

Docente di Teologia fondamentale e antropologia filosofica alla Facoltà teologica dell’Università di Friburgo, Striet s’interroga sulla questione del dolore e sulla presenza del male che affliggono l’esistenza umana, confrontandosi ampiamente con i tentativi di risposta che non solo la teologia, ma la letteratura e la filosofia hanno cercato di dare nel corso dei secoli. E cita una lettera di Johannes Brahms inviata a un amico per la nascita del secondo figlio: « In tal caso, non si può più augurare il meglio – che dovrebbe essere non nascere. Possa il nuovo cittadino del mondo non pensare mai in questo modo, ma possa rallegrarsi per molti anni del 7 maggio e della sua vita». Righe da cui traspare rassegnazione, esattamente come nel caso degli antichi greci.

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Sanzioni alla Russia e conseguenze sull’Italia

EURISPES

Le attuali sanzioni alla Russia riprendono ed espandono quelle varate nel 2014 dopo l’invasione della Crimea. Si tratta delle sanzioni più ampie imposte a una grande economia dai tempi della Seconda Guerra Mondiale.

In che cosa consistono le sanzioni alla Russia. Le principali sanzioni prevedono: esclusione delle banche russe dalla rete SWIFT e il congelamento di beni detenuti all’estero dalla Banca Centrale Russa; controlli sulle esportazioni di prodotti o tecnologie ritenuti rilevanti per settori difesa o l’aerospazio; restrizioni alle importazioni sui prodotti petroliferi dalla Russia; sanzioni su persone ed entità coinvolte nella guerra. Le sanzioni contro la Russia sono multilaterali, ma non globali: le esportazioni russe verso Brasile, Cina, India e Turchia dall’inizio della guerra sono aumentate del 50% rispetto all’anno precedente. Inoltre, la Russia fin dal 2014 ha messo in atto una strategia definita “Fortezza Russia”. L’obiettivo era quello di rendere la Russia un’economia autosufficiente, con un bilancio progettato per proteggere il paese da futuri shock.

L’efficacia del regime sanzionatorio. Le sanzioni imposte alla Russia in risposta all’invasione dell’Ucraina del febbraio 2022, dopo aver quasi scatenato una crisi economica a Mosca, hanno cominciato a perdere efficacia. Le prime previsioni indicavano che il Pil reale della Russia sarebbe sceso del 10-15% nel 2022, ma secondo i dati Rosstat, si è contratto solamente del 3,7% al terzo quadrimestre 2022. La contrazione è stata maggiore di quella causata dalle sanzioni del 2014, ma meno forte dello shock pandemico. La Russia, grazie soprattutto all’esportazione energetica, ha mantenuto un sostanziale surplus commerciale, consentendo alla banca centrale di stabilizzare il tasso di cambio e dando al settore bancario accesso a valuta estera. Nel 2022, Mosca ha guadagnato circa 170 miliardi di dollari con i proventi del petrolio e del gas.

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Intelligenza Artificiale (AI) ed Etica. Un legame imprescindibile

MASSIMO CHIRIATTI

Un giorno chiesero al grande matematico persiano al-Khwārizmī il valore dell’essere umano, così rispose: “Se ha Etica, allora il suo valore è 1. Se in più è intelligente, aggiungete uno zero e il suo valore sarà 10. Se è ricco, aggiungete un altro zero e il suo valore sarà 100. Se, oltre tutto ciò è una bella persona, aggiungete un altro zero e il suo valore sarà 1000. Però se perde l’1, che corrisponde all’Etica, perderà tutto il suo valore perché gli rimarranno solo gli zeri».

Era il medioevo e al-Khwārizmī, padre dell’algebra e dal suo nome latinizzato abbiamo derivato il termine «algoritmi», non poteva immaginare l’odierna intelligenza artificiale (Ia) e i dilemmi etici che solleva, nel bene e nel male.

Perché è importante l’etica nel conteso dell’Ia? Perché l’Ia non è intelligente ma incosciente, ora è attiva e cambia dinamicamente, sottolineando però che l’Ia non ha un fine autonomo, siamo noi che lo impostiamo. Pensiamo allora all’Ia come strumento, non come fine.

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“Le mani sostengono l’anima”

JOSÉ TOLENTINO MENDONÇA

Una delle sculture più note di Rodin sembra, a un primo sguardo, di una semplicità impressionante. Si tratta di una composizione in pietra che consiste in un paio di mani. Sono, in verità, due mani destre, di due individui differenti, i cui avambracci s’incrociano e allungano perché le dita, nel punto più alto, si tocchino disegnando come un arco. Un’idea apparentemente elementare, dunque. Ma la poesia esplode – e ci consegna in tal modo a una visione altra dell’opera – quando ci viene annunciato il titolo. In un primo momento Rodin pensò di chiamarla L’arca dell’alleanza, ma poi optò per La cattedrale.

La scultura di Rodin può venirci in aiuto nel nostro bisogno di una risposta. Una cattedrale non è solamente un territorio sacro esteriore al quale i nostri piedi ci con- ducono. Non è soltanto un tempio situato in un determinato spazio. E neppure solo un rifugio sicuro segnalato dalle mappe. Una cattedrale è realizzata anche dalle nostre mani aperte, disponibili e supplicanti, ovunque noi ci troviamo. Perché dove c’è un essere umano, ferito di finitudine e di infinito, là si trova l’asse di una cattedrale. Dove possiamo realizzare quell’esperienza vitale di ricerca e di ascolto per la quale la risposta non è l’immanenza. Dove le nostre mani possano levarsi in alto: in desiderio, urgenza e sete. Questo sarà sempre uno degli assi della cattedrale. L’altro è disegnato dal mistero di Dio, che si avvicina a noi e ci stringe, anche quando non lo avvertiamo subito, anche quando il silenzio, un silenzio duro e denso, sembra la verità più tangibile. Fu Pascal a scrivere che «le mani sostengono l’anima». Oggi abbiamo bisogno di mani – mani religiose e laiche – che sostengano l’anima del mondo. E che mostrino che la riscoperta del potere della speranza è la prima preghiera globale del XXI secolo.

(Brano tratto da José Tolentino Mendonça, “Il potere della speranza”, Vita e Pensiero, 2020)

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