“Basta guerre: é l’ora della pace. Il ruolo dei cattolici”

BRUNO BIGNAMI

Pagine di storia contemporanea, rilette alla luce della Parola di Dio e della dottrina sociale della Chiesa, evangelizzano il nostro tempo. Potrebbe essere questa la sintesi del libro di Mario Toso, Basta guerre: è l’ora della pace. Il ruolo dei cattolici: nonviolenza attiva e creatrice e impegno politico (Assisi, Cittadella, 2023, pagine 220).

Il sottotitolo enuclea i temi: la pace e la politica come parte integrante dell’impegno sociale dei credenti in Cristo. L’autore è vescovo di Faenza-Modigliana e ha all’attivo numerose pubblicazioni sulla dottrina sociale della Chiesa.

La prima parte del volume è dedicata alla pace. La guerra in Ucraina ha mostrato che “il re è nudo”: la mancanza di istituzioni di pace nel mondo si avverte in tutta la sua drammaticità. L’autore mette in rilievo che la guerra nell’epoca della rivoluzione tecnologica è totale, capace di violenza massima e criminale. La potenza distruttiva delle armi può far presagire persino l’ipotesi di un suicidio collettivo. Non da oggi la chiesa invoca il disarmo nucleare perché il possesso e l’utilizzo di tali armamenti oltrepassano qualsiasi principio di legittima difesa. Riprendendo il messaggio dell’enciclica Fratelli tutti (n. 258), secondo cui la guerra non è più una soluzione, ma il male per eccellenza, tanto da costringere ad accantonare il concetto di «guerra giusta», monsignor Toso scrive senza mezzi termini che «la guerra è una pazzia, è un mostro, è un cancro che si autoalimenta fagocitando tutto» (p. 31). La risposta consiste in una conversione culturale che mette al centro la «cura» come paradigma di pensiero e di azione. Proprio il riferimento evangelico della croce porta a disinnescare la sempreverde ideologia del nemico e ad assumere i criteri dell’agire di Cristo Gesù.

Il suo messaggio è Vangelo della pace: così il discepolo si impegna sulla via della nonviolenza pacifica, attiva e creatrice. Tale creatività dovrebbe essere messa al servizio di istituzioni di pace, più che nella produzione di armi. Sostituire l’antico assioma «si vis pacem, para bellum» con il nuovo «si vis pacem, para civitatem», porterebbe a istituzioni che promuovono l’ecologia integrale, si attrezzano a intervenire nelle zone di conflitto, contrastano i totalitarismi, compresi quelli finanziari, e contribuiscono a rimuovere ingiustizie e disuguaglianza gravide di tensioni e di guerre.

La seconda parte del libro è dedicata a un’ampia riflessione sulla presenza dei cattolici in politica. La densità di pensieri, la passione evidenziata e il numero di pagine fa comprendere al lettore quanto il tema stia a cuore all’autore. Ci sono questioni che si intrecciano e che il testo approfondisce con competenza. L’impegno dei cattolici in politica non è solo una questione di collocazione partitica, ma anche di fondamenta spirituali e culturali, di visione antropologica e politica, di ricerca della giustizia e del bene comune, di riferimento all’Europa come casa necessaria, di capacità di dialogo e di valorizzazione della laicità. Nessun tema è trascurato, a partire dal pericolo di irrilevanza e dalla diaspora all’indomani della fine dell’esperienza democristiana. La prospettiva sposata dall’autore è quella di un rinnovato invito alla «formazione costante delle coscienze laicali nella loro vocazione al sociale» (p. 87). L’accompagnamento spirituale verso chi si impegna in politica comporta una capacità di discernimento per evitare sia l’insignificanza sia logiche di potere fini a se stesse. La crescente astensione al voto e all’impegno politico ha favorito la cosiddetta «democrazia di un terzo», ossia un elettore su tre decide per tutti.

Ciò fa pensare alla necessità di prendersi cura della democrazia, non solo sotto l’aspetto delle sue regole procedurali, ma prima ancora della sua anima etico-culturale. Si avverte l’urgenza di una nuova stagione di impegno politico, come suggerisce il magistero di Papa Francesco, spesso citato nel libro. Se il populismo si dimostra fallimentare per molte ragioni (antipluralismo, disintermediazione, comunicazione autoreferenziale e strumentale, moralismo…), solo una politica che mette al centro la persona può contrastarlo seriamente.

Il libro è una forte denuncia verso una presenza insignificante dei cattolici in politica, sempre nel pericolo di finire a rimorchio di culture politiche distanti anni luce dalla dottrina sociale della Chiesa. È però anche un appassionato tentativo di chiedere un impegno condiviso e di incoraggiare nuovi progetti politici dove il riferimento antropologico cristiano non sia né sopportato né ignorato. La preoccupazione non nasce dalla difesa di occulti interessi cattolici di proselitismo, ma dall’intrinseco anelito della fede per la ricerca del bene comune. Come scriveva il domenicano Dominique Chenu, «se il Vangelo non si fa politica, cessa di essere Vangelo» (p. 209). Nell’anno che prepara alla cinquantesima Settimana sociale di Trieste sul tema “Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro”, il libro di monsignor Toso evidenzia i nervi scoperti della democrazia odierna. L’intento dichiarato «è che vi debbono essere persone o istituzioni, disponibili ad alimentare la riflessione, a costruire un nuovo pensiero e una nuova progettualità, a sperimentarli, a supportare un Movimento di movimenti, di cui si avverte l’urgenza in più Paesi. Ciò è indispensabile precondizione rispetto a tutto il resto» (p. 164).

La certezza è che i cattolici non sono parte del problema, ma della soluzione. L’autore pone interrogativi che spesso nella comunità cristiana si preferisce custodire sotto la cenere perché considerati divisivi e che invece consentirebbero di vivere in pienezza questa stagione della storia. Il dibattito è aperto. Merita attenzione e discussione. Che sia la volta buona?

in L’Osservatore Romano, 08 settembre 2023

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