Togliamo le donne dalla schiavitù. La proposta del premier socialista di Spagna

FRANCESCO RODELLA

Circa 280.000 donne sono costrette a vendere il proprio corpo nel Paese europeo in cui più uomini sono disposti a pagare in cambio di sesso. È la Spagna, dove il Partito Socialista (Psoe) del premier Pedro Sánchez si dichiara pronto a cambiare radicalmente una situazione considerata inaccettabile. La proposta è già sul tavolo: la prostituzione, dicono, va messa fuori legge entro la fine del mandato di governo, prevista fra due anni. E il dibattito sull’argomento nel Paese iberico è ora apertissimo.

A lanciare la scommessa ufficialmente è stato proprio Sánchez stesso, domenica a Valencia nel discorso di chiusura del 40º congresso nazionale del Psoe. «Abbiamo preso un impegno che porterò a termine: avanzeremo per abolire la prostituzione, che schiavizza le donne nel nostro Paese», ha annunciato fra gli applausi dei militanti.

Ad allarmare particolarmente il partito di Sánchez sono i numeri in crescita di un fenomeno che vede la Spagna da anni ai vertici delle classifiche in Europa. «Il consumo della prostituzione aumenta ogni anno, in particolare tra le persone più giovani, che a volte sono addirittura minorenni», affermava neanche un mese fa la ministra della Giustizia Pilar Llop. Secondo stime basate su dati delle Nazioni Unite, nel Paese ci sono circa 350.000 prostitute e circa un uomo su quattro è disposto a pagare per sesso. La polizia spagnola calcola che «oltre l’80%» delle donne che si prostituiscono sono forzate a farlo. In una nazione dove di fatto non ci sono norme specifiche a riguardo dopo la depenalizzazione del 1995, sono case private, zone industriali di periferia ma anche i cosiddetti “puticlub” — nightclub mascherati che si trovano lungo molte strade interurbane del Paese — i luoghi dove si trovano le vittime dello sfruttamento sessuale.

Nel Psoe, in molti considerano questa situazione intollerabile. «La prostituzione non è la professione più antica del mondo, bensì la schiavitù più grande della storia», è solita ripetere l’ex vicepremier Carmen Calvo, grande sostenitrice della causa abolizionista. La proposta uscita dal congresso nazionale di Valencia, hanno spiegato fonti del partito all’agenzia di stampa Efe, prevede l’elaborazione di una legge che contempli sanzioni per i clienti. Un modello che ricorda quello già in vigore in Francia, dove la prostituzione venne abolita nel 2016 con una legge che depenalizza la posizione di chi la esercita e castiga invece chi ne usufruisce con multe di almeno 1.500 euro.

Sánchez e i suoi vorrebbero ottenere l’approvazione di una norma sul tema entro il 2023, quando scadrà il mandato di governo della coalizione di centro sinistra Psoe-Unidas Podemos. Ma per centrare l’obiettivo, avrà bisogno di un sostegno politico che attualmente non pare scontato. Dai soci di governo sinora sono arrivati segnali non del tutto convinti: «L’abolizionismo non può essere solo uno slogan», ha affermato Irene Montero, ministra delle Pari Opportunità, secondo la quale bisogna contrastare «l’impunità» nella quale agiscono gli sfruttatori e applicare norme specifiche per proteggere molte delle prostitute che sono migranti in situazione irregolare.

Nel Paese c’è poi chi si dichiara apertamente contrario alla posizione dei socialisti, come il sindacato delle lavoratrici sessuali Otras, che da anni chiede di regolare l’esercizio della prostituzione: abolirla, sostiene questa organizzazione, lascerebbe 400.000 donne senza nessuna protezione.

in “La Stampa” del 19 ottobre 2021