Una rivoluzione che ci unisca tutti per fermare l’ecocidio del mare

CARLO PETRINI

L’intervento del fondatore di Slow Food nel giorno del via a Genova della manifestazione dedicata al mondo ittico: “Proteggere mari e oceani è un dovere vitale prima ancora che morale“.

Stiamo entrando a tutti gli effetti in quel periodo dell’anno in cui in Italia si verifica l’esodo dalle città alle località di mare per le consuete ferie estive. Un periodo fatto di strutture ricettive piene, di persone in spiaggia con in mano un bicchiere di aperitivo, e di ristoranti che, solo a camminarci vicino, emanano il profumo della emblematica frittura di pesce. Poi arriva il momento di fare ritorno a casa e, con l’insinuarsi della routine, va scemando anche il nostro interesse per il mare, che tuttalpiù si trasforma in una nostalgica sensazione di momenti passati in spensieratezza.

Siamo però sicuri che il mare tocca le nostre vite solo quando abbiamo i piedi bagnati dalle onde? Oppure forse riguarda noi tutti, e non solo chi ci vive, o chi dipende direttamente dall’ecosistema marino per il lavoro o per il nutrimento? Se ci pensiamo d’altronde il 70% del nostro pianeta è costituito d’acqua. Una nozione che impariamo alle scuole elementari, ma che poi viene lasciata lì in maniera sterile ed isolata, senza porre in alcun modo in luce le profonde interconnessioni che legano ognuno di noi alle acque degli oceani.

Perché dico questo? Innanzitutto la nostra vita ha avuto origine proprio in mare più di 3,5 miliardi di anni fa con la comparsa dei primi organismi unicellulari. Inoltre la metà dei nostri respiri proviene da milioni di microrganismi che abitano nel mare, rendendolo a tutti gli effetti il secondo polmone del nostro pianeta. Un polmone che da un lato fornisce l’ossigeno e dall’altro sequestra dall’atmosfera l’anidride carbonica prodotta dall’attività umana. La lista potrebbe essere molto più lunga, ma basta già per far capire che, impegnarsi affinché questi luoghi così essenziali smettano di essere piegati al nostro uso e consumo, è un dovere vitale, ancora prima che morale.

È una sfida che deve vedere istituzioni e aziende schierate su un fronte comune, ma che chiama in causa anche noi, singoli individui e le azioni semplici e quotidiane che possiamo portare avanti per custodire gli oceani. Di certo non porteremo a zero i quasi dieci milioni di tonnellate di rifiuti plastici che ogni anno finiscono nel mare, dove si riducono in microparticelle che vengono ingerite dai pesci, e in ultimo ritornano a noi sotto le vesti di un’invitante frittura di pesce.

Potremo però chiedere che ci servano l’aperitivo senza cannuccia, o evitare di utilizzare i prodotti da bagno in contenitori monodose: piccoli accorgimenti che a lungo andare andrebbero a diminuire questa mole di plastica galleggiante. Un altro aiuto può arrivare da una modifica delle nostre scelte alimentari. Negli ultimi decenni il comparto ittico ha fatto sue le dinamiche intensive e industriali, che stanno generando un vero e proprio ecocidio (il 90% delle specie più consumate sono scomparse, e il regime di pesca supera di 2 volte il tasso di rigenerazione delle risorse). In questo settore lavorano però anche – a livello mondiale – circa 37 milioni di pescatori di piccola scala le cui pratiche sono sostenibili: cerchiamoli, chiediamogli quali sono i pesci di stagione e proviamo il piacere di consumarli.

Parlando sempre di cibo, ma spostandoci sulla terra per sottolineare il legame tra ecosistemi marini e terrestri, ribadisco l’importanza di scegliere frutta e verdura ottenuta senza il ricorso a fertilizzanti e pesticidi di sintesi, ricchi in nitrati e fosfati. Quando questi composti eccedono nei nostri campi, finiscono infatti per filtrare nelle falde acquifere per poi arrivare agli oceani. Qui stimolano la sovra-crescita di alcune alghe di piccolissime dimensioni e creano uno squilibrio dal punto di vista delle reti trofiche, capace di alterare l’ecosistema in maniera irreversibile.

Il mare dunque non è solo l’ecosistema predominante del nostro pianeta, o il luogo dove trascorriamo una settimana di ferie all’anno, ma è soprattutto un insieme di interconnessioni, spesso nascoste o lontane nello spazio, ma capaci di sostenere la nostra vita sulla terraferma. Smettiamo di inquinarlo o depredarlo, e iniziamo a custodirlo.

in La Stampa, 01 luglio 2021

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