Gioco d’azzardo. «Norma scorretta, valori invertiti, termini fallaci e fuorvianti»

VITO SALINARO

Riserve e critiche sui contenuti ma anche sul metodo. Alla Consulta nazionale antiusura “Giovanni Paolo II”, cui afferiscono 35 fondazioni di tutta Italia, il decreto legislativo sui giochi d’azzardo proprio non piace. Senza giri di parole, il presidente della Consulta, Luciano Gualzetti, lo fa sapere ai presidenti delle due Camere e dei gruppi parlamentari, ai quali è pervenuto l’ordine del giorno deliberato dal consiglio direttivo dell’organismo.

Un testo che suona come un appello ai rappresentanti istituzionali, enti locali compresi, fino alle «persone di buona volontà», affinché si provveda «a urgente revisione dell’impianto normativo sui giochi d’azzardo online». E, confidando anche nel presidente della Repubblica, «affinché sia rispettata l’integrità della persona umana e della famiglia, la salute pubblica e in generale il principio dell’utilità sociale».

La Consulta chiede se il decreto legislativo in discussione rispetti l’integrità della persona e della famiglia; se del gioco d’azzardo (pur denominato “pubblico”) l’atto normativo muova a prevenire gli effetti sulla salute, intesa quale “completo stato di benessere fisico, psichico e relazionale”; se siano rispettati «lo spirito e la lettera dell’ordinamento costituzionale della Repubblica», laddove prescrive che «ogni legge promulgata e ogni atto di governo e di amministrazione siano deliberati in base all’intangibilità della Salute (art. 32 della Costituzione), all’adempimento dei “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” (art. 2); alla salvaguardia della sicurezza pubblica; alla progressività dell’imposizione fiscale; al riconoscimento che la libera attività d’impresa qualora non si svolga “in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” (art. 41); alla promozione dell’educazione all’uso responsabile del denaro».

Nel documento, la Consulta sottolinea «la scorrettezza nella procedura adottata laddove si è invertita la gerarchia dei valori»; l’impiego «di una terminologia e concetti fallaci e fuorvianti, quali “Gioco”, “Gioco pubblico”, “salute del giocatore” e non salute pubblica; e ancora, “gioco responsabile” senza la qualificazione “d’azzardo” che avrebbe mostrato l’evidente ossimoro».

Altri punti critici: la proposta di compartecipazione delle Regioni e degli enti locali al gettito fiscale in ragione del volume dei giochi d’azzardo praticati sui rispettivi territori, a dispetto delle precedenti norme che miravano a contenere il fenomeno; l’ulteriore rilancio della pubblicità all’azzardo, «quantunque mascherata come “pubblicità per la promozione del gioco sicuro e responsabile”». Il nuovo decreto legislativo, inoltre, introduce una “Consulta per i giochi pubblici ammessi in Italia” «che affida a una “consultazione” (integrante le società commerciali dell’azzardo) la definizione dei presìdi di salute, esautorando la potestà esclusiva del ministero della Salute in materia di regolazione sociosanitaria». Imporre poi la prevalenza del ministero dell’Economia nella regolazione complessiva del compendio dei giochi d’azzardo, aggiunge la Consulta, palesa «l’irresponsabilità dell’Amministrazione finanziaria dello Stato circa le conseguenze sulla persona e sull’intera famiglia».

Proprio sulla soppressione dell’Osservatorio si erano concentrati, nelle scorse settimane, non pochi rilievi al decreto, avanzati da altre associazioni e movimenti: tra queste l’Alea (Associazione per lo studio del gioco d’azzardo e dei comportamenti a rischio) e la Campagna “Mettiamoci in gioco” che parlava «di un deciso passo indietro perché questo cambiamento (a favore della Consulta per i giochi, ndr) pone ancora di più in primo piano l’aspetto economico dell’azzardo e non il diritto alla salute del cittadino».

Né va dimenticata la necessità di respingere gli assalti della criminalità nel settore: il gioco d’azzardo, evidenzia la Consulta, per com’è strutturato, contribuisce a produrre impoverimento delle famiglie e dunque il ricorso all’indebitamento che, in più di un’occasione, dà luogo a pratiche di usura promossa dalla criminalità organizzata. Infine, lamentano le fondazioni, il problema dell’eccesso di delega, con «l’introduzione surrettizia di funzioni non previste nell’articolo 15 della legge 111 del 2023. Con maggiore scorrettezza, la disposizione va a compromettere competenze e attribuzioni – alcune nella struttura stessa dello Stato-Ordinamento, quali salute e sicurezza pubblica – non modificabili se non con legge costituzionale».

in “Avvenire” del 5 marzo 2024

Contrassegnato da tag ,