Perché a più armi non corrisponde più sicurezza, mai

ROBERTO SAVIANO

La diffusione di armi è la prima causa di insicurezza sociale di un Paese. Il pensiero intuitivo che una maggior facilitazione all’accesso alle armi permetterebbe una maggiore sicurezza perché, rendendo tutti minacciosi, ogni minaccia si estinguerebbe, è un dato falso.

Ma come — qualcuno, leggendo, dirà — se un ladro sa che, entrando in un appartamento, vi troverà l’inquilino armato, il timore potrebbe fermarlo. Ebbene, questo pensiero semplice è completamente falso. Il ladro non solo non si fermerà, ma entrerà armato di una semiautomatica e sarà tanto più pronto a sparare. Chiunque affermi che diffondere armi porti a una diminuzione dei reati, non conosce in nessun modo le dinamiche che governano il rapporto tra diffusione di armi e crimine. Più armi in circolazione non portano a una maggiore sicurezza ma solo più sangue. Gli incidenti di Capodanno arrivano nel dibattito di cronaca nazionale, ma incidenti analoghi accadono in ogni momento dell’anno e nella parte maggiore dei casi restano relegati all’invisibilità delle informazioni locali. Non sappiamo con un dato certo quante armi legali circolino in Italia oggi, come denunciato dall’Osservatorio permanente sulle armi di Brescia (centro fondamentale in Italia per comprendere il loro impatto sul territorio), e a leggere i dati sono proprio le istituzioni che non li rendono formalmente accessibili.

Il mercato

Non abbiamo quindi una stima di Stato che sia ufficiale sulla circolazione di armi (licenze date per caccia, per difesa personale, per sport). I riferimenti statistici a cui tutti facciamo riferimento sono quelli prodotti da Small Army Survey, un centro di ricerca svizzero considerato tra i più autorevoli al mondo che stima in 1,5 i milioni di armi legalmente detenute in Italia e in 6,6 milioni il numero di quelle illegali in circolazione. Parliamo quindi di oltre 8 milioni di armi presenti nel nostro Paese e la stima è considerata da tutti gli esperti fortemente al di sotto dei parametri reali.

Questi numeri suonano neutrali, il possesso di un’arma non presupporrebbe un morto, un incidente, un crimine, o almeno i più la pensano così. Si arriva all’assurdità di considerare un’arma letale anche un’automobile, perché in grado di causare incidenti mortali. Ma una automobile non viene acquistata per sparare, un’arma sì… Sembra assurdo doverlo ribadire. È vero, dunque, quel che scrive Cechov, e cioè che se c’è un fucile appeso al muro prima o poi sparerà. La diffusione di armi favorisce i reati non li previene, la diffusione di armi e gli Stati Uniti ne sono la prova reale e definitiva: nessuna arma dissuade dal commettere un reato, ma la presenza di armi rende ogni situazione potenzialmente più violenta. Negli Usa, gli Stati con più armi da fuoco coincidono con quelli che hanno il maggior numero di omicidi violenti.

Due testi utili di riferimento per comprendere la situazione italiana sono Dritto al cuore di Luca di Bartolomei e Il Paese delle armi di Giorgio Beretta. Entrambi raccontano come il nostro Paese, di fatto, smettendo di occuparsi di armi nel dibattito politico e pubblico, si trovi in una situazione d’emergenza senza essersene nemmeno reso conto. Il trucco che la politica usa in materia di sicurezza è intanto creare insicurezza e poi rispondere all’ansia di insicurezza con la scorciatoia del rendere più facile l’accesso a un’arma. Invece di rispondere con politiche economiche che disarticolino la miseria, che smontino i focolai sociali generatori di violenza, che aumentino sorveglianza e presenza sul territorio, arriva la più semplice delle risposte: armatevi e difendetevi da soli.

Armi per tutti non è sicurezza, è solo un modo furbo per delegare al privato cittadino la propria sicurezza e in questo modo non dover rispondere del mancato finanziamento delle polizie, del mancato recupero delle periferie, del mancato contrasto alle dipendenze. L’arma che ha ucciso per errore la signora Concetta Russo durante la notte di Capodanno ad Afragola era una Beretta 84 risultata rubata e comprata sul mercato illegale da suo nipote che l’aveva presa per usarla a Capodanno e probabilmente per difesa personale.

Le rotte dei clan

Il mercato illegale è aumentato a dismisura generando anche un nuovo tipo di furto censito in decine di indagini, il furto di armi negli appartamenti. Vengono presi di mira appartamenti di cacciatori o di persone con porto d’armi sportivo o per difesa per essere svaligiati proprio delle armi. Pensate il paradosso: armarsi per non subire rapine e riceverle proprio perché si è armati. Il mercato nero ha sempre più richiesta, la domanda è in crescita e anche l’offerta sta, negli ultimi anni, diventando diffusa. Ci sono diverse motivazioni che hanno portato a una proliferazione nel nostro Paese di armi clandestine, la prima è che le mafie hanno dismesso il monopolio della gestione delle armi sul territorio. Per intenderci, negli anni ’90, trovare una pistola per esempio a Nola, paese in provincia di Napoli, era difficilissimo salvo ottenerla dal clan Alfieri che voleva però sapere la motivazione di quella richiesta, prima di vendere un’arma. Lo stesso accadeva in qualsiasi area governata dalle organizzazioni mafiose. La richiesta di un’arma non poteva essere disgiunta dalla motivazione; non solo, quell’arma poteva essere data o negata. Questo permetteva ai clan di avere la mappa degli armati, motivo per cui per esempio negli anni ’70 le formazioni terroristiche rosse e nere dovevano ricorrere o alle rapine alle armerie o ai mercati internazionali perché il mercato nero delle armi controllato dalle mafie li avrebbe esposti.

Il mercato di armi illegali in Italia ha una sola direzione: Albania-Italia; pensate, mentre si fantastica di alleanze sulla gestione dei migranti con norme assurde e anticostituzionali, il vero centro del dibattito dovrebbe essere il traffico di armi. Non c’è arma clandestina in Italia che non passi per la mediazione dei cartelli albanesi (Romania e Bulgaria gli altri due mercati di provenienza). Lo snodo da fermare è proprio qui e oggi il dibattito deve essere questo: dove porta questa massiccia presenza di armi diffuse sul territorio? È tollerabile che si parli di armi, che si maneggino come se fossero giocattoli? Ogni politica leggera su questo tema e che tende ad armare sta diffondendo insicurezza e sangue. Le armi in mani diverse da quelle di chi ha competenze e compito di gestirle sono letali e chiunque pensi che armandosi si sta mettendo al sicuro sta ragionando su un equivoco.

Le parole che sto spendendo qui sono rivolte ad innescare dibattito perché l’Italia trovi una strategia per interrompere la proliferazione di armi legali e illegali sul proprio territorio. Ne va della sicurezza — quella vera — di tutti .

in “Corriere della Sera” del 4 gennaio 2024

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