Riscaldamento globale. Per evitarlo bisogna stoppare i combustibili fossili

MARIO TOZZI

Stavolta c’eravamo quasi cascati, ma la colpa è del meccanismo di comunicazione messo artatamente in piedi dai quei bravi ragazzi degli Emirati Arabi: fare esordire lo sceicco negazionista Al Jaber a informarci che uscendo dai combustibili fossili si torna alle caverne (non che lui perde denari e privilegi di casta), gettare tutti gli uomini di buona volontà nella costernazione di un prossimo risultato negativo e poi comunque fallire, nei fatti, ma infiocchettati da una informazione accondiscendente che faccia sentire tutti un po’ meno in colpa. E quindi con toni entusiastici e “risultati storici”: 1) non ci sarà un phase-out dai combustibili fossili, ma un transition-away (termine che più ambiguo non si può), però sempre senza nominare la parola “oil”; 2) resteremo dentro l’aumento di 1,5°C delle temperature medie atmosferiche, purché però non si guardi cosa stanno combinando oggi le major del petrolio; 3) azzereremo le emissioni clima alteranti nel 2050, pur senza sapere chi ridurrà di quanto e come, né chi controllerà, prima di quella data.

E il bello è che abbiamo abboccato anche stavolta: si grida al risultato positivo, perché almeno si nominano certi concetti (che poi sono gli stessi di sempre, quelli che non disturbano troppo), come per esempio “combustibili fossili”, dimenticando che il vero capolavoro lo ha fatto l’industria oil & gas riuscendo a farsi dimenticare per decenni in tutte le precedenti conferenze sul clima fino a quella di Madrid del 2019 (!), in cui finalmente esordisce sul banco degli imputati. E si aggiunge che un pessimo compromesso è comunque meglio di zero accordi, cosa che poteva valere al tempo della conferenza di Kyoto, nel 1997, non oggi dopo anni di notizie e dati sempre più gravi. Dimenticando che questa logica vale forse per gli affari, mentre qui in ballo c’è lo stato di salute dell’umanità. E, a pensarci bene, è proprio questo il risultato principale raggiunto: abbiamo tutti capito che della salute dei sapiens e del benessere degli ecosistemi indispensabili a quella salute non importa nulla ai potenti gaspetrocarbonieri del mondo, a loro interessa solo fare affari fino all’ultimo grammo di carbone o all’ultimo metro cubo di gas. Concetto che a Dubai non è stato messo in discussione neanche per un attimo.

Certo, qualcosina in mano stringiamo, per esempio un inizio, peraltro impalpabile, sul “Loss and Damage Fund”: finalmente si capisce che si deve compensare chi sta perdendo, sostanzialmente, ogni possibilità di sopravvivenza nei propri territori. Certo, i negazionisti del clima sono stati ridotti al silenzio: se tutti i Paesi riconoscono che dobbiamo fare qualcosa vuol dire che la crisi climatica dipende da noi e non dal Sole (questo è un buon risultato, ma indiretto). Certo, qualche proposizione di principio viene fatta, ma, appunto, senza tanti contorni concreti, anzi appositamente lasciata nebulosa che più nebulosa non si può. Ma di fronte all’anno più caldo da quando si fanno misurazioni, di fronte alla valanga di perturbazioni meteorologiche a carattere violento, di fronte all’avanzata del deserto o alla sommersione da parte del livello del mare in aumento, registriamo un sostanziale chissenefrega: chi può si adeguerà, mentre gli altri migreranno, possibilmente diminuendo di numero nel farlo. Se fossi un attivista di Ultima Generazione mi ci imbullonerei all’asfalto di un’autostrada, altro che blocco stradale.

Ma il colpo di teatro più straordinario è quello per cui ci si rallegra soddisfatti che la temperatura media atmosferica non incrementerà più di 1,5°C nel prossimo (?) futuro, come già promesso da tutti i leader mondiali da qualche anno: 1,5°C è la frontiera al di là della quale gli specialisti del clima sostengono non si possa né si debba assolutamente andare, pena conseguenze inimmaginabili e imprevedibili, ma comunque gravissime. Peccato che questo scenario, duro, ma ancora sopportabile, sia già stato superato dai fatti: mettendo a confronto i dati relativi agli investimenti nel settore oil & gas (e carbone) con gli scenari di incremento di temperatura, quello che si vede è che

già adesso siamo ben oltre quello scenario. Attualmente il corpo degli investimenti in combustibili fossili porterà, se viene tenuto costante, a un incremento di 2,7°C, recando uno degli scenari terribili temuti dagli scienziati (production gap). Una buona notizia sarebbe stata quella di una diminuzione degli investimenti nel campo, ribaltandoli, che so io, nelle fonti rinnovabili, ma c’è qualcosa di questo nella risoluzione di Dubai? Un successo sarebbe stata la fine dei finanziamenti pubblici, comunque mascherati, al settore, mentre solo l’anno scorso questi sussidi sono ammontati a sette trilioni di dollari (Fmi). Se ne è vista traccia? Non sembra. Un altro risultato sarebbe stata la fine di nuove ricerche, prospezioni e trivellazioni di combustibili fossili, perché se li estrai, poi li bruci: ne abbiamo notizia? No, ovviamente. Sui fatti concreti il vuoto pneumatico.

Abbiamo lasciata accesa la speranza della transizione energetica, ma questo termine viene digerito solo e soltanto perché l’alternativa sarebbe (è) rivoluzione energetica, che avrebbe messo paura a tanti. Ma qui manca la visione: nessuno dei potenti del pianeta Terra riesce anche solo a immaginare un mondo senza combustibili fossili e se tu non lo immagini ora, quel mondo non sarà mai possibile, a meno che non si autorealizzi per trauma e/o per presa di coscienza. Come se, però, la transizione dipendesse da noi e se si potesse, magari all’ultimo, scamparla grazie a un inesistente (per adesso) marchingegno tecnologico.

Non è così, perché quella transizione è come il destino dell’antica novella: al padrone che lo aveva mandato al mercato di Baghdad, il servitore racconta di essere scappato e ritornato prima, perché aveva incontrato la morte che lo aveva minacciato. Il padrone lo rassicura e gli dà il suo cavallo migliore per farlo scappare, così che lui prende la strada per Bassora al galoppo. Incuriosito il padrone va a cercare la morte al mercato e, una volta trovatala, le chiede come mai avesse minacciato il suo servitore. Ma la morte gli risponde che lei non lo aveva affatto minacciato, era solo sorpresa di averlo visto lì: lo aspettava a Bassora, ed è lì che sta andando. Ecco, possiamo far finta di niente anche di fronte ai fatti, ma quelli, prima o poi, ci stanano e ci mettono di fronte alle nostre inadempienze.

in “La Stampa” del 14 dicembre 2023

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