SCUOLA/ Perché non basta uno sportello psicologico a guarire i figli delle illusioni

CARLO BELLIENI

Contro il disagio e l’ansia dei ragazzi nella scuola aumentano le richieste di sportelli psicologici. Ma è la società che prima illude e poi inganna i giovani

Ritorna puntualmente il tema degli sportelli psicologici nelle scuole: vanno moltiplicati oppure no? Certo, il compito di rispondere spetta agli psicologi. Come bioeticista e come pediatra però, sottolineo un fatto: bene i rimedi, ma occorre curare la malattia. Intanto il problema c’è. Uno studio del Gemelli in collaborazione con l’UNICEF mostra nel 47% dei ragazzi studiati un Disturbo specifico di apprendimento (DSA) e un disordine psicologico. Ma anche un tasso alto di ansia/depressione (30%), alienazione/depressione (23%) e sintomi psicosomatici (21%); per non parlare poi di comportamenti aggressivi (circa il 22%).

Tutti allora ad aspettare una bacchetta magica, ma la fata Morgana non esiste. Perché servirebbe una fata che aggiusta i guai fatti dalla stessa società che dice di volerli combattere. Già, la società occidentale è una società psicopatogena: cioè crea essa stessa il problema. Lo crea perché crea illusioni, allucinazioni. Illude di avere a portata di mano la felicità e invece la allontana. Illude regalando il miraggio magico che facendo quelle poche cose si ottenga il sogno ambito. È il cuore nero della pubblicità. E il cuore nero della moda: dare illusioni che quando si realizzano lasciano con la sete.

È una società che illude, cioè etimologicamente “gioca” (ludus) con i nostri bisogni. Mascherando il desiderio col capriccio. E siccome il desiderio (il dàimon, avrebbe detto Nietzsche o il Duende, direbbero i nostri amici spagnoli) è ciò di cui si nutre la psiche per realizzare il suo equilibrio, la società diventa squilibrata. Follia-illusione, che ha la tecnologia come mito, che per Günther Anders porta ad invidiare le macchine, con la loro mancanza di sentimenti e di pietà, rendendoci tutti delle monadi, tutti soli. Per diventare cosa? Bramosi di felicità senza sforzo. Basta un riflettore e tanta fortuna: questo è il mantra degli anni 20 di questo secolo.

Ma questa follia sconvolge la mente. E, illusi di fortune a buon mercato, una fetta di mondo non trova più padri (al massimo trova padroni), e ha perso il desiderio; prova ne sia il declino non tanto delle nascite, quanto del desiderio sessuale nella popolazione. L’ultimo rapporto Censis-Bayer sui comportamenti sessuali degli italiani rileva che 1,6 milioni di persone tra i 18 e i 40 anni non fanno sesso, l’11,6% del totale (vent’anni fa erano il 3%). Jaques Lacan lo chiamava “il discorso del capitalista”: tutto appare a portata di mano, ma nulla di quello che è promesso arriva. Conseguenza: la depressione stessa, quella malattia terribile della mente, è cambiata: un tempo era dovuta a sensi di colpa, oggi ad attese non soddisfatte.

Ma non vi stupisce un mondo che da un lato ti dice “preoccupati della tua salute mentale”, e dall’altro crea un sistema che la mette a rischio, anzi la distrugge con questa trafila di tragiche illusioni, di richieste di prestazioni alienanti, di mancanza di senso? A chiunque possa interessare e a chi lo richiede come soluzione, dico: l’accesso alle cure psicologiche diffuso sul territorio è certamente cosa buona, ma se fa evitare il discorso sulle cause della follia sociale, resta solo un palliativo.

in Il Sussidiario, 17 novembre 2023

Contrassegnato da tag , ,