Le biblioteche, “cliniche dell’anima” (psychês iatréion)

GIANFRANCO RAVASI

Fondare biblioteche è un po’ come costruire granai pubblici: ammassare riserve contro l’inverno dello spirito che da molti indizi vedo venire.

L’intera mia biografia è stata accompagnata dai libri, fin da piccolo quando ammiravo e ascoltavo mia madre con un volume in mano. Anzi, un arco importante della mia vita si è svolto tra gli scaffali, colmi di testi preziosi, di una biblioteca storica, come l’Ambrosiana di Milano, e ora posso accedere alla suprema bellezza della Vaticana. In questi tempi “invernali” a livello spirituale è allora spontaneo per me ripetere le parole dell’imperatore Adriano create da Marguerite Yourcenar. In anni in cui sembra assottigliarsi sempre più il numero dei lettori, soprattutto tra i giovani dagli occhi fissi solo sullo schermo di un computer o di un cellulare, è necessario far risuonare l’appello a custodire e attingere a quei granai dell’anima.

Ma c’è di più. Stando allo storico greco Ecateo di Abdera sul frontone della biblioteca del faraone Ramesse II era incisa una definizione geroglifica che lui traduceva così: Psychês iatréion, «clinica dell’anima». Certo, non tutti i libri guariscono, come ammoniva un lettore sapiente, il filosofo inglese Francesco Bacone: «Alcuni libri devono essere assaggiati, altri inghiottiti, pochi masticati e digeriti». Tuttavia bisogna ricordare che le biblioteche sono simili a crocevia in cui s’incontrano passato e presente, realtà e sogni, storia e speranza, consenso, dissenso ma soprattutto senso. Forse aveva ragione uno scrittore di grande successo proprio coi suoi romanzi popolari, Stephen King, quando forse sbrigativamente suggeriva: «Se tutto il resto sta fallendo, lascia perdere e va’ in biblioteca».

in “Il Sole 24 Ore” del 15 ottobre 2023