Abitare la complessità del nostro tempo. La grande sfida per l’educazione

MAURO CERUTI

Stiamo vivendo in prima persona, nella nostra stessa vita quotidiana, gli effetti incerti e imprevedibili di tre crisi globali: una crisi ecologica, legata al cambiamento del clima; una crisi sanitaria, legata alla pandemia; e una crisi geopolitica, legata alla guerra ricomparsa nel cuore dell’Europa.

Si tratta di crisi complesse, che si intrecciano fra di loro, in una multicrisi. Questa multicrisi crisi si inserisce dentro faglie sismiche e trasformazioni profonde, e non accidentali, della nostra condizione umana sulla Terra.

A parte i rischi più immediati, questa multicrisi ne comporta uno meno percettibile, ma non meno preoccupante: più la multicrisi diventa globale e complessa, più il suo contesto diventa planetario, più aumenta drammaticamente l’incapacità di pensarla. Tuttavia, questa crisi, rivelando la complessità di un mondo in cui tutto è appunto connesso, può creare anche le condizioni favorevoli per immaginare in modo audace e innovativo un’educazione all’altezza di questa complessità.

Nella misura in cui esiste incertezza, esiste anche possibilità di cambiamento, di trasformazione, di sperimentazione, anche per l’insegnamento. Questa crisi è un momento di indecisione. Ma è anche un momento decisivo per il contributo che l’educazione può dare alla sfida antropologica urgente di essere levatrice di persone e cittadini in grado di vivere la condizione umana planetaria e di promuovere una intelligenza della complessità.

Possiamo provare qui a suggerire, solo indicativamente, alcuni possibili percorsi trasversali di contenuto e di metodo: “lezioni” da ricavare dalla crisi, e da tradurre in insegnamenti, per sostenere bambine, bambini e adolescenti nell’opera di comprendere, orientarsi e abitare il tempo della complessità, il tempo di crisi in cui vivono e in cui diventeranno persone adulte, cittadini e lavoratori.

1. Prendendo spunti dai riflessi nella vita personale delle crisi (climatica, sanitaria, geopolitica…) è ormai indispensabile raccordare le discipline per offrire allo studio dei ragazzi quegli “oggetti”, naturali e insieme culturali, ibridi e complessi, come il mondo (globalizzato), la Terra, la vita, l’umanità, occultati o frantumati, in quanto tali, dalle divisioni disciplinari tradizionali. E, in particolare, devono essere favorite la conoscenza e la coscienza dell’avventura storica (che pure richiede uno sguardo transdisciplinare) che ha condotto all’era planetaria dell’umanità.

2. Virus che si evolvono, mutano, resistono, scompaiono, e che possono rendere più tortuoso e fallibile il lavoro della ricerca scientifica, costituiscono l’experimentum crucis, anche traumatico e inatteso, da cui partire per comprendere a scuola come sia necessario interrogare il nostro modo di guardare il mondo e le cose, come sia importante conoscere il mondo, ma anche conoscere i principi organizzatori della nostra conoscenza del mondo. Attraverso la “conoscenza della conoscenza”, educhiamo a forgiare una “mente” complessa che problematizza se stessa e i suoi limiti, che contestualizza e globalizza, e che è capace di inserire ogni informazione e ogni conoscenza nel suo contesto e nel suo insieme. E, oggi, il contesto di ogni conoscenza è il mondo stesso.

3. Se ci lasciamo alle spalle l’“utopia”, forse meglio dire la “hybris” moderna di un controllo totale del mondo (“padroni e possessori della natura”…, secondo la paradigmatica espressione di René Descartes) e accettiamo come irriducibile una quota permanente di “indisponibilità” del mondo che abitiamo, diventa essenziale educare all’incertezza, educare a scendere a patti con il disordine. Insegnare, quindi, che dovremo navigare non solo nella Rete, ma, come pregnantemente ha scritto Edgar Morin, “in un oceano di incertezze attraverso provvisori arcipelaghi di certezze”, quelle che ci danno i saperi acquisiti.

4. Oltre al rigoroso apprendimento delle discipline, occorre praticare nella didattica, con coraggio, sconfinamenti, ibridazioni, estrapolazioni, traduzioni tra le singole discipline, perché favoriscono la piena valorizzazione delle discipline stesse, la conoscenza complessa e l’apprendimento creativo. È tempo di aprire le porte e coltivare spiriti “terzo-istruiti” (al di  là della divisione tra scienze esatte e scienze umane) e nutriti di “pensiero complesso”, che sa collegare. È tempo di percorrere l’avventura creativa dell’interdisciplinarità, della polidisciplinarità e della transdisciplinarità. È tempo di invertire la biforcazione tra colti ignoranti (donne e uomini di lettere) e istruiti incolti (donne e uomini di scienza). Si tratta, cioè, da parte degli insegnanti, di favorire scambi e cooperazioni tra le discipline, ovvero di aggregare discipline in virtù di un progetto o di un oggetto che è loro comune, di identificare ed evidenziare schemi cognitivi che possano attraversare le discipline.

5. La crisi della guerra ha reso il tema dell’Europa unita e del futuro dell’integrazione europea un “nodo” interdisciplinare cruciale per i programmi di educazione alla cittadinanza, perché sta richiamando alla coscienza collettiva lo scopo semplice ma “complesso” e ancora incompiuto per il quale l’Unione europea è nata: “mai più” la guerra. Negli ultimi decenni, questo scopo, “mai più”, è potuto apparire come strumento, come l’“astuzia della ragione” per costruire un mercato unico continentale, un’area di prosperità economica, mentre va recuperato proprio come scopo, e come fondamento autentico dell’Unione europea: la costruzione attiva della pace, mediante la democrazia, la difesa delle libertà individuali, lo stato di diritto, i diritti umani, la solidarietà sociale…

6. Nell’attuale scenario dello sviluppo dell’intelligenza artificiale e dell’algoritmizzazione (anche delle decisioni pubbliche), educare allo spirito critico significherà educare a “un nuovo spirito critico”, che intenderà mettere l’intelligenza artificiale al servizio dell’intelligenza collettiva e riflessiva.

7. La competenza chiave o metacognitiva da “allenare” si conferma quella di imparare a imparare e anche, se occorre, quella di disimparare ciò che si è imparato. E non solo per affrontare un tempo di incertezza e di evoluzione accelerata e repentina di saperi, tecniche, professioni, lavori. Imparare a imparare diventa l’esperienza privilegiata della libertà, nel momento in cui il ragazzo può sentire che il pensiero razionale non è il risultato meccanico di un processo pedagogico, ma ha origine dalla sua volontà di attenzione, dalla sua concentrazione e dallo spirito nella sua interezza.

8. Quello che abbiamo appreso in questi mesi di crisi sanitaria è che non è questione solo di sopravvivenza: la condizione umana è più complessa, cioè fatta di molteplici dimensioni non separabili e non riducibili. L’attenzione al rischio del contagio e della malattia non deve nascondere la verità olistica della vita umana. La vita umana non è solo biologica, ma anche psichica, economica, sociale, affettiva, spirituale… La vita va difesa nel suo valore indivisibile, e per proteggere la vita umana abbiamo bisogno di un nuovo umanesimo, capace di concepire l’“indivisibilità della vita”, che non è riducibile al tutto-biologico, al tutto-sanitario, ma che è anche vita simbolica e sentimentale, vita culturale e spirituale, vita democratica, libertà di espressione… Inoltre, la nostra vitalità dipende ormai dall’abitare tanto la biosfera quanto l’infosfera. Siamo esseri complessi che vivono nella dimensione fisica e biochimica della Terra e nell’habitat spazio-temporale e fluido dei media (e chi più del “nativo digitale” lo sa?), e soprattutto nella “con-fusione” tra queste sfere. L’educazione futura dovrà essere senz’altro inquadrata in questa cornice umanistica: umanesimo della cura e umanesimo planetario.

In definitiva, abitare la complessità del nostro tempo costringe certamente a mettere in agenda una riforma del sistema educativo e formativo. Non l’ennesima. La prima vera riforma dell’era digitale e planetaria, il cui punto archimedeo dovrebbe essere: legare le conoscenze, per affrontare un mondo complesso e per legarci ancora più consapevolmente, solidalmente e creativamente in un destino comune.

Scuola e Formazione – n. 5/12, maggio – dicembre 2022

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