Le vulnerabilità e deprivazioni dei giovani italiani

ISTAT

Negli ultimi decenni le dinamiche demografiche, il posticipo delle tappe del ciclo di vita, la diffusione della precarietà e frammentarietà dei percorsi lavorativi, i livelli ridotti di mobilità sociale, hanno contribuito a compromettere le possibilità di realizzazione delle opportunità di una larga parte di giovani e a scoraggiarne la partecipazione a vari livelli (politica, sociale, culturale) come dimostrano vari studi recenti.

Oggi, un ampio segmento dei giovani tra i 18 e 34 anni si trova in condizioni di deprivazione. Il concetto di deprivazione viene qui inteso come il mancato raggiungimento di una pluralità di fattori (individuali e di contesto) che agiscono nella determinazione del benessere, rappre- sentato attraverso cinque domini. Questi sono derivati dal framework concettuale sviluppato per il Benessere Equo e Sostenibile e nello specifico sono: Istruzione e Lavoro, dove si valuta la partecipazione al mercato del lavoro e a percorsi educativi; Coesione sociale, dove si tiene conto della partecipazione sociale e politica e della fiducia nelle istituzioni; Salute, in cui si considerano la salute fisica e mentale e gli stili di vita; Benessere soggettivo, nel quale si valutano diversi aspetti della soddisfazione personale; Territorio, nel quale rientrano la soddisfazione per il contesto paesaggistico e ambientale in cui si vive e la difficoltà a raggiungere i servizi essenziali. Per ciascun dominio sono stati identificati 3 indicatori e per ognuno di questi una soglia minima: il giovane viene definito deprivato per quel dominio se almeno 2 dei 3 indicatori non superano la soglia.

In Italia, i giovani che nel 2022 mostrano un segnale di deprivazione in almeno uno dei cinque domini sono 4 milioni 870 mila (il 47,1 per cento dei 18-34enni). Le quote più elevate di de- privazione si registrano nella dimensione Istruzione e Lavoro (20,3 per cento), in quella della Coesione sociale (18,2 per cento) e nel dominio Territorio (14 per cento). Inferiori le quote di giovani per i quali si osservano segnali di deprivazione nel dominio della Salute (9,4 per cento) e in quello del Benessere soggettivo (6,8 per cento). Nel complesso la classe di età più in difficoltà è il segmento dei 25-34enni.

La crisi pandemica ha esercitato i suoi effetti negativi rispetto alla maggioranza dei domini, ma un impatto particolarmente intenso lo ha prodotto nel dominio Istruzione e lavoro; anche se nel complesso i livelli pre-COVID sono stati recuperati, la ripresa non riguarda il segmento dei più giovani (18-24), i quali, nonostante siano caratterizzati da livelli più bassi di deprivazione rispetto ai 25-34 anni (17,2 per cento contro il 22,3 per cento), hanno risentito degli effetti negativi in modo più intenso e duraturo.

L’analisi della multi-deprivazione, che individua coloro che si trovano in una condizione di deprivazione rispetto a due o più dimensioni di benessere, consente di concentrare l’attenzione sul segmento più vulnerabile di giovani26. Nel 2022, il 15,5 per cento dei giovani 18-34 anni, pari a oltre 1,6 milioni di persone, risulta multi-deprivato. La condizione di multi-deprivazione è più diffusa tra i 25 e i 34 anni (17,2 per cento contro 12,9 per cento dei giovani 18-24 anni), è inoltre più accentuata nel Mezzogiorno (19,5 per cento contro 13,7 per cento al Nord e 12,3 per cento al Centro). Sono trascurabili invece le differenze di genere. Rispetto al 2019 i giovani multi-deprivati si sono ridotti (erano il 17,5 per cento) nonostante l’aumento osservato nel 2021 (18,2 per cento).

Per mettere le nuove generazioni in grado di affrontare positivamente i cambiamenti in atto, e per prevenire l’insorgere di situazioni di vulnerabilità come quelle descritte sopra, è necessario garantire a tutti bambini fin dalla nascita livelli di benessere che consentano un adeguato livello di sviluppo fisico, cognitivo, emotivo e relazionale. Questo obiettivo va perseguito incidendo sui contesti di vita dei bambini e sulle opportunità educative, formative, culturali e di socializzazine a cui sono esposti. Inoltre, è fondamentale che queste opportunità siano caratterizzate da equità di accesso, riducendo, per quanto possibile, l’influenza dei contesti, non solo familiari, di appartenenza. Quest’ultimo aspetto è determinante per poter sottrarre i minori dal circolo vizio- so della povertà e alle sue conseguenze sui percorsi di vita individuali. In Italia la trasmissione intergenerazionale delle condizioni di vita sfavorevoli è particolarmente intensa. Gli ultimi dati disponibili per la comparazione a livello europeo si riferiscono al 2019 e ci dicono che nel nostro Paese quasi un terzo degli adulti (25-49 anni) a rischio di povertà proviene da famiglie che, quando erano ragazzi di 14 anni, versavano in una cattiva condizione finanziaria

Si tratta del valore più alto tra i principali paesi europei, anche se quello della Spagna è molto vicino, ben al di sopra della media dell’Ue (23,0 per cento) e nel complesso dell’Unione europea inferiore solo a quello di Bulgaria e Romania. Confrontando il dato del 2019 con il 2011, emerge anche che il legame intergenerazionale tra le condizioni economiche dei genitori e dei figli sta aumentando in Italia più che altrove (fatta eccezione, in Europa, per la Bulgaria).

Le diseguaglianze strutturali continuano a rappresentare un elemento determinante e discriminante nelle opportunità che definiscono il destino sociale delle persone. La forza del legame tra condizioni di vita dei giovani e degli adulti e quelli della famiglia di origine è un problema non solo individuale, ma soprattutto collettivo, visto che in Italia 1,4 milioni di minori crescono in contesti di povertà assoluta. La prospettiva del ciclo di vita e la letteratura sul timing dell’intervento di policy suggeriscono che i divari tra gli individui nelle abilità si aprono presto e persistono a lungo: un recente studio dell’OCSE ha messo in luce che già a 5 anni provenire da contesti familiari con uno status socio-economico più alto si traduce in un vantaggio di 12 mesi nei livelli di alfabetizzazione emergente, intesa come le capacità di lettura e scrittura che un bambino acquisisce nell’età pre-scolare tra i 2 e i 5 anni. L’alfabetizzazione emergente è un forte predittore dei risultati scolastici e per questa ragione le fasi iniziali dei percorsi di vita sono quelle in cui gli interventi per lo sviluppo delle competenze sono più efficaci anche nell’interrompere i meccanismi di trasmissione intergenerazionale degli svantaggi.

(Tratto da Istat, Rapporto annuale 2023. La situazione del Paese, pp.43-46)

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