Il ripristino della Natura. Con una transizione verso pratiche agricole rigenerative

CARLO PETRINI

Seppur con una maggioranza risicata ieri al Parlamento europeo è passata la legge per il ripristino della natura. Nei giorni in cui il pianeta Terra registra le più alte temperature da quando si è iniziato a misurarle circa duecento anni fa, l’Europa ha mandato un messaggio chiaro che ci schiera dal lato giusto della lotta alla crisi climatico-ambientale: quello del pianeta. La legge, che ricade sotto il cappello della strategia sulla biodiversità al 2030 nell’ambito del Green Deal europeo, è lo strumento formale che consente di lavorare per mettere in sicurezza gli ecosistemi, creando i presupposti per un futuro più roseo per noi e per le generazioni che verranno.

E mentre è fondamentale celebrare il traguardo (anche se su alcuni emendamenti proposti e accettati ci sarebbe da discutere), è anche giusto riflettere sulle motivazioni dietro alla netta spaccatura che si è andata a creare attorno al regolamento sul ripristino della natura. Ne citerò una fra tutte che mi tange direttamente e che riguarda una narrazione erronea (a cui è collegato un pensiero produttivo), che vede natura e agricoltura in contrapposizione. Chi si oppone infatti sostiene che la legge non può essere applicata nel concreto e che andrà a ledere i diritti delle categorie interessate di agricoltura e pesca, o peggio ancora che il provvedimento minerà la sicurezza e la sovranità alimentare dell’Unione.

Questa visione trascura il fatto che senza un ambiente sano e biodiverso i raccolti saranno sempre più vulnerabili alle malattie e agli effetti del cambiamento climatico. Così come ignora che per tutelare la sicurezza e la sovranità alimentare non serve aumentare la produzione, ma bisogna agire sull’accessibilità del cibo, sulla riduzione dello spreco e sull’adozione di abitudini alimentari più sostenibili quali mangiare locale e stagionale o scegliere di mangiare proteine animali di qualità e in minor quantità. La natura non è senz’altro funzionale all’agricoltura convenzionale che gestisce la terra come un mero input di un processo di produzione che è tanto più efficiente quanto si utilizzano impattanti pesticidi e fertilizzanti. Ma d’altronde quell’agricoltura che è ora uno dei settori più climalteranti non è più compatibile con l’attualità.

C’è bisogno di dare spazio, di fare ricerca, e di accompagnare gli agricoltori nella transizione verso pratiche agricole rigenerative (come l’agroecologia), dove la natura è il primo alleato e non un acerrimo nemico. A chi pensa – e qui mi rivolgo anche, e soprattutto, agli attuali rappresentanti della maggioranza di governo italiano che si sono opposti all’unanimità alla legge sul ripristino della natura – che questi ragionamenti siano pura ideologia che esula dal discorso economico e di crescita del Pil dico che si sbaglia.

Stando a dati forniti dalla Commissione Europea, sanare gli habitat ricchi di biodiversità dovrebbe costare a livello europeo circa 154 miliardi di euro. Mentre i benefici che ne deriverebbero in termini di servizi ecosistemici (salute del suolo, regolazione del clima, depurazione dell’acqua, produzione di cibo) si aggirerebbero intorno ai 1.860 miliardi di euro. Insomma: un investimento eccezionalmente efficiente. L’approvazione della legge sul ripristino della natura da sola di certo non basta, ma segna e legittima un percorso di vera transizione ecologica che rallenta un po’ lo slancio delle destre negazioniste e anti Europa.

A tal proposito mi permetto di dire che la politica, destra o sinistra che sia, deve rendersi conto che in materia ambientale è finito il tempo di ragionare per mandati politici e in previsione delle elezioni di turno. Dalla salubrità degli ecosistemi dipende la sopravvivenza dell’umanità. Il tempo dei trastulli che vedono nella preoccupazione ambientale un vezzo, si è protratto fin troppo a lungo, ora dobbiamo passare all’azione. Le esigenze del Pianeta devono essere trattate come prerogative inderogabili che si collocano su un piano altro, e più alto delle posizioni pericolose delle alleanze e dei partiti. Siccome su questo campo probabilmente si giocherà molta della campagna elettorale per le elezioni europee del prossimo anno è bene che i cittadini siano coscienti di questo. Il rischio altrimenti è di cadere in una trappola propagandista che altro non è che un pericoloso specchietto per le allodole che porterà l’homo sapiens dritto verso il baratro.

in “la Repubblica” del 13 luglio 2023

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