Guerra alle fake news

FERNANDO DE HARO

L’Ue vuole cancellare le fake news utilizzando il Digital Services Act. Ma un sistema di controllo esterno non basta a ottenere il risultato

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Guerra alle fake news. L’Unione europea è convinta che questa guerra possa essere vinta. Il 25 agosto entrerà in vigore il Digital Services Act (DSA), che costringerà le grandi piattaforme, come Twitter, Google, Instagram, Facebook, TikTok, Microsoft e Apple a lottare contro la disinformazione. Se non lo faranno, andranno incontro a multe significative. Prima che questo regolamento entri in vigore si applica come codice volontario di buone pratiche da parte delle aziende. Twitter, per decisione di Elon Musk, ha abbandonato l’impegno a rispettare il codice.

L’iniziativa dell’Ue vuole che le informazioni vengano “demonetizzate” e che gli agenti pubblicitari siano più trasparenti. Per evitare manipolazioni, vengono istituiti sistemi di controllo per robot o account falsi.

Tutte queste formule possono essere utili. Tuttavia, è ingenuo pensare che un sistema di controllo esterno sia sufficiente a distinguere la verità dalla menzogna. Le notizie sono un tipo di verità molto preciso che ha bisogno di un metodo e di un soggetto che interpreti i dati in un certo modo. Ci siamo abituati a pensare che essere certi di ciò che è accaduto sia qualcosa di diverso dal modo in cui tale certezza è stata acquisita. Pitagora specificò alcuni concetti matematici che usiamo ancora. Sua l’idea del triangolo con lati e cateti. Sappiamo cos’è un triangolo da 2.500 anni e per saperlo non dobbiamo conoscere la scuola pitagorica. Non abbiamo nemmeno bisogno di sapere che c’era un filosofo di nome Pitagora. Le notizie non hanno questa natura. Sono verità che hanno a che fare con la storia; non possono essere formulate o comprese se separate dalla loro origine. È un principio che vige quando parliamo di notizie e di tutto ciò che ha a che fare con il comportamento umano e la semantica della vita.

Nei film americani durante i processi vediamo che al testimone viene chiesto di giurare di «dire la verità, tutta la verità e nient’altro che la verità». La verità sull’ipotenusa e i cateti? La verità sul significato di un verso di Dante o su un’indizio di colpa? Per combattere le fake news, è necessario che le notizie vere vengano trasmesse con lo stesso metodo utilizzato per generarle. Il problema è che vengono utilizzati due metodi diversi, come se avessimo a che fare con l’ipotenusa. Le evidenze vengono acquisite dopo aver verificato che le fonti siano affidabili e che i testimoni siano credibili. Anche dopo un’intensa convivenza con i fatti, aggiungendo segni convergenti e sempre progressivamente. Richiedono di mettere in gioco e correggere, o confermare, la visione di chi indaga. Una volta conquistata, questa verità non può essere codificata come quella di un triangolo. La verità nata dalla storia rimane storica. Se diventa una nozione diventa una verità formale, perde le sue proprietà. Non può essere trasmessa senza fare appello a segnali convergenti, al giudizio di testimoni affidabili e alla convivenza con i fatti. In questo caso una convivenza mediata, ma dopotutto una convivenza.

Non funziona, non serve dire semplicemente «questo è vero, questa è una bugia». Ciò significa creare un sistema chiuso, come quello che alimenta le fake news. Un sistema che non si basa sulla verifica di chi racconta e di chi ascolta avrà sempre bisogno del criterio dell’autorità, un criterio esterno. Chi può decidere se una notizia è autentica o se Dante era innamorato? Solo una coscienza critica alla quale non vengono offerte verità astoriche.

in Il Sussidiario, 20 giugno 2023

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