Lavoro in Italia. Una situazione di forte precarietà

LINDA LAURA SABBADINI

Il Primo Maggio è la festa della dignità del lavoro», fondamento della nostra Repubblica, secondo la Costituzione, ci ha ricordato il presidente Mattarella.
Ma proprio su quantità e qualità del lavoro siamo la retroguardia nel G7, in Europa e nell’Ocse. Solo il 60,7% della popolazione fino a 64 anni lavora.

Siamo ultimi nel G7, penultimi in Europa e tra i Paesi Ocse insieme con il Costarica, dopo di noi solo la Turchia. E siamo sotto non di poco, di 12 punti, rispetto alla media del G7 e di 9 rispetto all’Ocse. E non è dovuto solo al nostro basso tasso di occupazione femminile. La distanza dalla media G7, in questo caso, è più alta, 16 punti, e più di 10 dall’Ocse. Ma il nostro tasso di occupazione maschile è il peggiore dei Paesi Ocse, insieme alla Spagna, siamo gli unici due Paesi che non raggiungono il 70%. Sopra di noi anche Turchia, Colombia e Cile.

E l’occupazione giovanile? La situazione è ancora peggiore. Il tasso di occupazione dei giovani fino a 24 anni è al 20%. Ultimi nel G7, penultimi tra i Paesi Ocse.
La distanza dagli altri è enorme, 27 punti sotto la media G7 e 23 punti sotto quella Ocse. Negli Usa i giovani lavorano nel 51% dei casi, nel Regno Unito nel 54%, in Australia nel 66%.

Vediamo due aspetti della qualità del lavoro. La percentuale di part time, 17%, è simile a quella di G7 e Ocse, tranne per le donne. In questo caso è più alta di 5 punti percentuali, causa di più bassi salari. Ma il part time non è, nel nostro caso, strumento di armonizzazione dei tempi di vita, perché per il 61,7% è involontario, non voluto da chi lo usa, contro il 17% dell’Ocse. Siamo tristemente al top della classifica.

Quanto al lavoro a tempo determinato, siamo al 16,4%, 5 punti sopra all’Ocse, ma tra i giovani arriviamo al 61,7%, 37 punti sopra, e 42 per le giovani, dietro di noi solo Spagna e Slovenia. Il Mezzogiorno presenta criticità su tutti i punti, tasso di occupazione più basso, 47,1%, ancora di più per donne e giovani, precarietà più alta e part time involontario.

I dati parlano chiaro. Concentriamo tutte le criticità.
Siamo un Paese con pochi occupati e peggiore qualità del lavoro, sia in termini di precarietà che di part time involontario. Dove 4 milioni di lavoratori guadagnano meno di 12 mila euro lordi l’anno. Un Paese dove la penalizzazione per donne e giovani è più elevata.
Il dato positivo dello 0,5% di crescita del Pil non deve farci dimenticare questa situazione. Per questo alcuni interrogativi sono d’obbligo sulle misure che si stanno adottando. Se abbiamo il tasso di occupazione più basso di tutti i Paesi G7, europei e Ocse, possiamo rinunciare anche a un solo euro del Pnrr? Se abbiamo un livello di occupazione così basso può essere colpa dei cittadini che non si danno da fare? E, soprattutto, è corretto rivedere al ribasso le misure di contrasto alla povertà, con il ridimensionamento del reddito di cittadinanza? Se abbiamo una precarietà già alta, specie per giovani, donne e Sud, possiamo accentuarla con i voucher e il rischio di eliminazione de facto del lavoro stagionale? Se abbiamo una spaccatura così grave tra Nord e Sud, possiamo procedere con l’autonomia differenziata?
Certo, con la maggioranza parlamentare tutto si può fare. Ma dobbiamo fare i conti con la realtà documentata dai numeri. No, non stiamo imboccando la strada per sviluppare il lavoro come dignità.
Se continuiamo così, aumenteranno le diseguaglianze e diminuirà la coesione sociale. Basta pensare ai nidi. Già l’obiettivo di bimbi al nido previsto dal Pnrr era basso, perché doveva raggiungere il 33% dei bimbi.
Figuriamoci se lo ridimensioniamo o lo rinviamo “all’anno del mai”, come tutte le politiche che dovrebbero mettere al centro l’occupazione femminile. Con buona pace delle misure per incrementare la natalità.

in la Repubblica, 01 maggio 2023

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