Il diritto preminente dei bambini

Vladimiro Zagrebelsky

È venuto dalla presidente della Corte costituzionale, Silvana Sciarra, un forte richiamo ai diritti dei nati, qualunque sia il tipo di coppia genitoriale che li ha generati e se ne prende cura. Lo stile che è proprio della presidente l’ha tenuta lontana dal clima infiammato che connota il dibattito in Italia sulla questione del riconoscimento dei nati. Ma il senso delle risposte che la presidente ha dato ad alcune domande di giornalisti è ben chiaro quando ha richiamato ciò che ha detto il presidente della Corte di Giustizia dell’Unione europea nella recente intervista data a La Stampa. In quella intervista il presidente della Corte di Giustizia ha chiarito che nell’ambito dell’Unione vige il diritto di circolazione di tutti i cittadini dell’Unione stessa e che da questo diritto discende, per i minori il diritto a viaggiare con i propri genitori. Si tratta di una posizione adottata dalla Corte in una sentenza che vincola tutti gli Stati membri, nel sistema dell’Unione di cui l’Italia fa parte.

Più in generale, la presidente Sciarra ha per più versi sottolineato l’apertura della Corte costituzionale al dialogo con le istituzioni dell’Unione e del Consiglio d’Europa e con le due Corti che operano nel loro ambito. La Corte costituzionale in particolare, in sintonia con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani in due casi riguardanti proprio il riconoscimento dei nati da coppie omosessuali femminili e maschili, con le sentenze n. 32 e 33 del 2021 ha sollecitato il Parlamento a disciplinare la materia alla luce del preminente interesse dei nati. Come in altri casi il Parlamento è in palese difficoltà, il dibattito – spesso grossolano – si svolge altrove e perdura intanto una situazione in cui i principi costituzionali non sono realizzati.

I casi che, in assenza di compiuta legislazione, sono oggetto di dibattito ed anche di iniziative autonome da parte di alcuni sindaci, sono molto diversificati. Alcuni come quelli di coppie maschili implicano il ricorso all’estero della maternità surrogata, vietata in Italia. In altri come quelli delle coppie omosessuali femminili non si pone la questione della gestazione per conto di altri. Ma il ricorso che vien fatto alla maternità surrogata non è esclusivo delle coppie omosessuali. Anche coppie eterosessuali possono essere indotte a ricorrervi nel caso della impossibilità della donna di generare e partorire un figlio.

In generale non può essere semplificata con un generale e indistinto anatema la questione della filiazione da parte di coppie “non tradizionali” e del ricorso alla maternità surrogata in paesi che la ammettono, regolarmente registrando i nati come figli della coppia. Anche l’arrivo delle tecnologie della fecondazione artificiale ha dato luogo in Italia a resistenze e ad una legislazione restrittiva per impedire la sua forma eterologa. Ma poi il divieto ha dovuto cedere all’evidenza dei vantaggi che la nuova tecnica offriva e della necessità di evitare discriminazioni.

Per pretendere di mantenere un divieto di registrare i figli di coppie omosessuali o di ammettere nell’ordinamento italiano la registrazione effettuata in Stati diversi, si usa un argomento legato alla inammissibilità della vietata maternità surrogata. Ammettere la registrazione dei figli varrebbe come incentivo e riconoscimento del ricorso alla maternità surrogata. Ma intanto bisognerebbe limitare questa posizione al solo caso delle coppie omosessuali maschili e in generale occorrerebbe distinguere considerando la varietà dei casi. Inoltre – tema di ampia portata – bisognerebbe valutare la difficoltà di resistere all’ingresso di nuove tecnologie che danno risposta ad una domanda che in sé è apprezzabile.

In proposito la Corte costituzionale nella sentenza n. 162/2014, riguardante la fecondazione artificiale eterologa, ha riconosciuto che «la determinazione di avere o meno un figlio, anche per la coppia assolutamente sterile o infertile, concernendo la sfera più intima ed intangibile della persona umana, non può che essere incoercibile, qualora non vulneri altri valori costituzionali». Incoercibile.

Soprattutto la chiave di volta di qualunque soluzione il Parlamento voglia dare, accogliendo l’indicazione della Corte costituzionale, sta in una parola non usuale utilizzata dalla presidente Sciarra. Non ha parlato di figli, ma di nati. Già nati, comunque e ovunque: titolari di ogni diritto che discende dalla appartenenza ad una famiglia, di qualunque tipo essa sia. E qualunque opinione si abbia di essa. I figli nati da rapporti incestuosi – forse peggio della maternità surrogata – non erano riconoscibili e quindi condannati a una vita grama. Si impediva il riconoscimento per stigmatizzare il modo in cui erano venuti al mondo. Ma finalmente un legislatore illuminato, ha riformato il Codice civile ammettendo il riconoscimento quando sia nell’interesse del nato. Saggezza e rispetto per i nati non ammette che essi possano essere usati, divenendo oggettivo strumento di una politica dello Stato che vuole colpire la condotta di altri.

in “La Stampa” del 14 aprile 2023

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