“Israele garantisca gli stessi diritti a tutti gli abitanti del Paese senza distinzione di etnia o religione”

MARK HALTER

Lo scrittore: “Sono un ebreo scartato dalla Storia perciò solidarizzo con i manifestanti. Coloro che oggi detengono il potere fanno decreti iniqui condannati dal profeta Isaia”.

Tra mia madre e la giustizia – si chiese una volta Albert Camus – che cosa sceglierei? Non rinnegherei mia madre, per quanto ingiusta. Però le domanderei, fissandola negli occhi, di essere coerente con le regole che mi ha trasmesso. Di essere più giusta delle altre madri. Perché lei è mia madre, e voglio che sia esemplare.

«Soltanto voi ho scelto, tra tutte le stirpi della terra», dice il profeta Amos (3,2), «perciò io vi farò scontare tutte le vostre iniquità». Come potrei, perciò, non essere solidale con le centinaia di migliaia di uomini e di donne che in Israele, giorno dopo giorno, scendono in piazza per chiedere che la giustizia sia rispettata?

Come sono belli, con i loro canti inframmezzati dal garrire delle bandiere biancocelesti ornate dalla stella portata, per secoli, dai nostri antenati sulle loro tuniche. Come sono brutti, invece, coloro che sono al potere oggi nel Paese al quale sono così legato. «L’aspetto del loro volto – dice il profeta Isaia (3,9) – testimonia contro di essi e, come Sodoma, ostentano il loro peccato e non lo nascondono» e approvano leggi inique che precipitano il Paese in un fiume d’odio. Odio per le donne, odio per gli avversari, odio per le minoranze, odio contro i vicini.

Quello stesso odio che, un giorno del 1995, ha armato il braccio dell’assassino di Yitzhak Rabin, uomo che amava la pace. Certo, Israele non è l’unico Paese nel quale si uccidono gli uomini di pace; Jaurès prima di tutto, poi Gandhi, Martin Luther King o Sadat non erano israeliani. Nei loro Paesi e altrove, nondimeno, si continua a rendere loro omaggio.

Guai a coloro che cancellano la memoria dei Giusti. Guai a coloro che non si sono degnati di dedicare un giorno al ricordo dell’uomo che firmò la pace con i palestinesi, come noi abbiamo fatto per ricordare il governatore ebreo Ghedalià (VI secolo prima della nostra era), anch’egli assassinato da un avversario ebreo. Ancora oggi si osserva il digiuno di Ghedalià, poco dopo Rosh Hashanah, l’inizio del nuovo anno ebraico. Gli attuali dirigenti di Israele hanno forse il collo più rigido (dice Mosé) dei loro predecessori? Se lo chiedono milioni di ebrei di tutto il mondo. E non solo. Perché ciò che ha a che vedere con Israele diventa subito affare di tutti. Sarà perché gli ebrei da migliaia di anni si dicono scelti da Dio per custodire la Legge?

«Scelti», non «eletti» come sostengono coloro che li ricacciano o li condannano all’inferno, «popolo sicuro di sé stesso e dominatore». No, il popolo ebraico di cui faccio parte non è né migliore né peggiore degli altri. Ma, dandosi come motto il grido del Deuteronomio (16,20), «La giustizia e solo la giustizia seguirai», ha assunto un impegno davanti alle nazioni e, per i credenti, davanti a Dio.

A differenza di alcuni, tuttavia, con l’opinione pubblica non mi lamenterò della loro condotta né del loro mancato rispetto della Legge. Tantomeno chiederò l’intervento di potenze straniere, seppure amiche. Mi rivolgo a loro come a mia madre, fissandoli negli occhi. E, prima di tutto, mi rivolgo a quelli che sono al potere. Lo faccio per metterli in guardia: stanno per portare disgrazia a Israele. Lo faccio per rammentare loro i testi sacri a cui si richiamano. Lo faccio per citare loro le parole del profeta Isaia (10,1): «Guai a quelli che fanno decreti iniqui e redigono per iscritto sentenze ingiuste». Quanto a coloro, e sono molti, che motivati dall’amore per Israele manifestano la loro fedeltà ai suoi valori, dico: «Resistete! Voi coltivate i sogni dei profeti, quei profeti che, in gran parte, furono uccisi, ma grazie ai quali il popolo ebraico è sopravvissuto attraverso i secoli».

Essendo uno di quegli ebrei che la Storia ha scaraventato fin da fanciulli sul campo di battaglia dove si scontrano, di continuo, «la vita e la morte, la benedizione e la maledizione» (Deuteronomio 30,19), ho scelto la vita, come prescrive il Libro. Figurandovi anche Israele, mi sono schierato dalla sua parte ogni volta che è stato minacciato. Dall’esterno come dall’interno. La lettura della Storia ebraica mi ha insegnato anche, come sottolinea lo storico Flavio Giuseppe, che la più grande minaccia per la sopravvivenza di Israele è la guerra tra ebrei.

E così, dopo tanti altri che lo hanno fatto per tutto il corso della nostra Storia, grido: «Ascolta, Israele!». Restituiamo l’integralità dei poteri alla Corte suprema di Giustizia per impedire che la legge si pieghi a loro favore. Garantiamo gli stessi diritti a tutti gli abitanti del Paese, a prescindere dalla loro appartenenza etnica o religiosa. Continuiamo a promuovere la pace!

Ascoltiamo le meravigliose parole di Isaia, il profeta segato dai suoi nemici insieme all’albero sul quale si era rifugiato (1,18-20). «Venite e discutiamo. Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventerebbero bianchi come la neve. Se fossero rossi come porpora, diventerebbero come lana. Se sarete docili e ascolterete, mangerete i frutti della terra. Ma se vi rifiutate e vi ostinate, sarete divorati dalla spada». (Traduzione di Anna Bissanti)

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