Cambiamento climatico. Sull’orlo della irreversibilità. Agire per salvare l’umanità

CARLO PETRINI

Il cambiamento climatico è giunto alla sua fase di irreversibilità. A dimostrarcelo non sono più solo i dati riportati da anni per mano di studiosi, attivisti e giornalisti sensibili al tema. Oggi a parlare sono i fatti. Se per decenni la politica non ha avuto orecchie per ascoltare gli ammonimenti in campo ambientale, gli scenari che si prospettano richiedono di tenere gli occhi ben aperti e di iniziare a prendere le contromisure sugli effetti che si stanno già verificando. Primo su tutti: la siccità, una questione allarmante che auspico sia al centro del dibattito dell’odierna Giornata mondiale dell’acqua.

Da 65 anni a questa parte non si vedeva una crisi idrogeologica così lampante nel nostro Paese. Su tutto il territorio nazionale nel 2022 abbiamo avuto precipitazioni per meno della metà dei valori attesi. Parlando della zona in cui vivo, il Nord-Ovest, si sono superati tutti i record di giorni consecutivi senza pioggia. E il 2023 non ha dato segno di controvertire questa preoccupante tendenza. Da oltre un anno i fiumi sono sotto lo zero idrometrico, sulle montagne la poca neve si scioglie in un battito di ciglia e le preoccupazioni per la prossima estate non fanno dormire sonni tranquilli a molti agricoltori.

Sto parlando di fatti che ci troviamo a vivere oggi qui in Piemonte come in moltissime altre zone del mondo. Eppure anche i nostri comportamenti quotidiani sembrano non assumere nessun tipo di responsabilità su questo tema. È doveroso sottolineare che il 35% dell’acqua potabile viene dispersa nella rete idrica urbana. Senza contare lo spreco di acqua che si cela dietro alle produzioni di beni di prima necessità: il solo abbattimento dello scarto alimentare annuo (pari al 30% del cibo prodotto) consentirebbe di risparmiare tanta acqua quanto il fabbisogno idrico di New York dei prossimi 120 anni. Ad aggravare la proiezione di questi dati, la Fao ci dice che continuando con questo trend di consumi e alla luce dell’incremento demografico, nel 2050 necessiteremo del 35% di acqua potabile in più per soddisfare il fabbisogno alimentare dell’intera popolazione mondiale.

Invece i fatti ci dicono che l’acqua è sempre meno, e la poca di cui disponiamo è sempre più inquinata (solo per portare un esempio, si stima che l’83% di acqua bevuta nel mondo sia contaminata da microplastiche). Ecco che l’urgenza più grande che dovrebbe essere al centro proprio delle discussioni di New York – dove da oggi le Nazioni Unite hanno radunato la prima Conferenza Onu sull’acqua dovrebbe essere quella di riportare al centro di qualsiasi tipo di interesse i temi legati al bene più prezioso di cui disponiamo. Per troppo tempo questi tipi di incontri, così come le politiche interne dei singoli Stati, si sono dimostrati essere vittime e fautori di quell’eterno dualismo che contrappone, e antepone, l’economia all’ecologia. E i deboli segnali che ne derivano risultano avere effetti negativi anche sui comportamenti di una popolazione che ad oggi non è mai stata indirizzata e responsabilizzata verso pratiche virtuose; perché lo spreco e il consumo fanno parte della crescita economica.

A tal proposito ha detto bene il nostro Presidente Mattarella durante una visita in Kenya di settimana scorsa: “Non avremo un secondo tempo”, e “Non ci si può cullare nell’illusione di perseguire prima gli obiettivi di sviluppo economico per poi affrontare in un secondo momento le problematiche ambientali”.

Risulta fin troppo evidente che il panorama odierno non potrà garantire ancora per molto soddisfacenti risultati economici se prima non ci si impegna a risanare il rapporto con l’ecosistema Terra. Purtroppo, la situazione è stata aggravata a tal punto da non poter garantire una vita salubre e dignitosa in molte zone del Pianeta.

Il tema della siccità, che oggi ci colpisce da vicino a livello nazionale e locale, è da secoli una sciagura per molti popoli.

Essere stati indifferenti alle loro problematiche ci ha portato a toccare con mano la drammaticità dell’assenza di acqua nei territori. Per questo è doveroso che chiunque – dalle sale di discussione delle Nazioni Unite alle nostre case – assuma consapevolezza, responsabilità e attenzione continua verso la gestione delle risorse idriche.

L’acqua più di ogni altro bene rappresenta la vita sulla Terra, e i segnali di questi periodi siccitosi non lasciano presagire nulla di buono. Risanare il rapporto con questa particolare molecola, che costituisce il 70% di tutto il Pianeta, vorrebbe dire fare un grande passo per la salvaguardia dell’umanità.

in “la Repubblica” del 22 marzo 2023

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