“Il servizio civile volontario” – Un’opportunità di crescita umana, culturale e sociale per i giovani

MAURIZIO AMBROSINI

Nel dicembre 2022 è caduto il cinquantesimo anniversario dell’approvazione di una legge molto importante per migliaia di giovani italiani di ieri e di oggi: la legge Marcora che riconosceva l’obiezione di coscienza al servizio militare e introduceva, pur se tra molte resistenze e restrizioni, la possibilità di un servizio civile sostitutivo. Venti mesi anziché dodici, all’epoca. Dal 2001, finita la stagione della leva obbligatoria, il servizio civile è diventato volontario e aperto anche alle ragazze, che da allora ne sono sempre state le principali protagoniste. Al di fuori di una cerchia di addetti ai lavori, pochi però sanno esattamente di che cosa si tratta. Possiamo definirlo come un’attività istituzionalmente promossa, anche se non necessariamente gestita dall’amministrazione pubblica, rivolta alla popolazione giovanile, temporanea, mirante a promuovere l’impegno sociale a favore di cerchie più o meno prossime di potenziali beneficiari o della comunità nel suo complesso. Un istituto, dunque, finalizzato a sviluppare esperienze di cittadinanza attiva, collegato all’idea di promozione della pace o di difesa non armata della Patria. In cambio di questo impegno, lo Stato riconosce un corrispettivo economico ai partecipanti, che oggi corrisponde a poco più di 400 euro al mese.

Complessivamente, in Italia, i giovani che hanno vissuto l’esperienza del servizio civile volontario nell’arco di vent’anni sono stati circa mezzo milione, quindi poco più di 25 mila all’anno, per oltre il 60% ragazze. È la policy che coinvolge il maggior numero di giovani, dopo l’istruzione, pur riuscendo a superare lo 0,5% del complesso della popolazione giovanile solo negli ultimi anni.

Il Sud e le Isole raccolgono, da sempre, oltre la metà di tutti gli operatori volontari in servizio civile. Una novità importante è stata introdotta a partire dal 2015, quando la Corte costituzionale ha abolito, tra i requisiti di ammissione al Servizio civile, la cittadinanza italiana.

Un altro dato riguarda i settori di intervento dei progetti nei quali vengono coinvolti gli operatori: oltre il 50% riguarda l’assistenza, seguono l’educazione e la promozione culturale e dello sport, poi la tutela del patrimonio storico, artistico e culturale.

Il servizio civile italiano ha poi dimostrato di essere uno strumento flessibile e versatile. Proprio la versatilità ha fatto sì che sul servizio civile si sia scaricata una pluralità di attese e di funzioni sociali.

Sintetizzando, ricordiamo le seguenti, forse neppure esaustive:

· funzioni occupazionali (o pre-occupazionali), particolarmente enfatizzate negli ultimi anni e maggiormente avvertite nelle aree più deboli del Paese, in cui il servizio civile tende a diventare un surrogato dei posti di lavoro che mancano, mentre più in generale si insiste sul suo valore in termini di rafforzamento dell'”occupabilità” dei giovani;

· funzioni formative, in termini di opportunità di acquisizione di conoscenze e competenze (organizzative, comunicative, relazionali…), che completano e attualizzano i percorsi formativi e accrescono il capitale umano dei giovani;

· funzioni solidaristiche, laddove l’enfasi è posta sulla maturazione di disposizioni e comportamenti pro-sociali, collegati al volontariato e alla solidarietà organizzata;

·funzioni di servizio, ossia di rafforzamento della rete di protezione sociale, o più modestamente di tamponamento delle manchevolezze e degli arretramenti del sistema di welfare, con un’attenzione prevalente alle attività svolte e alla loro utilità sociale. Le proposte di servizio civile legate a grandi progetti o emergenze rientrano in una prospettiva simile;

·funzioni di cittadinanza attiva, che fondano l’interesse pubblico a promuovere il servizio civile e sono particolarmente care ai maggiori enti gestori dei progetti d’impiego degli operatori volontari: il servizio civile è qui visto come un istituto che concorre a formare cittadini consapevoli, partecipativi, impegnati nello sviluppo sociale delle comunità in cui operano;

· funzioni di promozione della pace e di un’idea non violenta di difesa della Patria, che rappresentano l’anima originaria del servizio civile, sono state per un certo periodo piuttosto trascurate, e tornano oggi attuali, in una stagione di ricomparsa della guerra in Europa e di aumento degli investimenti per la difesa armata.

Le diverse funzioni non si contrappongono fra loro. Per certi aspetti sono sinergiche. Il rischio è, però, quello che l’investimento prioritario su alcune funzioni — oggi soprattutto quella occupazionale e quella di servizio a grandi progetti — metta in ombra le altre, depotenziando soprattutto gli aspetti di formazione civica e solidaristica del servizio civile.

Una società nazionale che vuole investire sul suo futuro, in termini di trasmissione dei suoi valori democratici e costituzionali alle giovani generazioni non può limitarsi a deprecare l’individualismo, lo scarso impegno sociale e il distacco dalla politica dei suoi giovani cittadini. Non può neppure coltivare realisticamente sogni regressivi di ritorno alla leva obbligatoria. Può, invece, investire di più e meglio, oltre che sull’istruzione, su un’intuizione feconda come quella del servizio civile, rafforzando un patto di cittadinanza che richiede di essere costantemente rinnovato. Il ritorno della guerra in Europa è lì a testimoniare che abbiamo bisogno di giovani cittadini consapevoli e costruttori di pace.

in “Vita Pastorale” del marzo 2023

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