UCRAINA, UN ANNO DOPO

ISPI

A un anno esatto dall’invasione, l’Occidente si interroga sulle prospettive di una guerra che in 12 mesi ha cambiato l’Europa e della quale, al momento, non si vede la fine.

È passato un anno dall’inizio della guerra. Il 24 febbraio del 2022 i carri armati russi irrompevano lungo tre direttrici dai confini ucraini dirigendosi verso la capitale Kiev. Un’invasione ‘vecchia maniera’, con cingolati e battaglioni di fanteria in marcia, ripiombava improvvisamente l’Europa indietro di un secolotra lo sgomento generale. Per settimane il Cremlino aveva sconfessato gli allarmi dell’intelligence americana, attribuendo a “esercitazioni” l’ammassamento di oltre 200mila soldati lungo la frontiera e tutti, ai due estremi del continente, avevano più o meno volontariamente deciso di credergli, tanto assurda pareva la possibilità di una guerra nel cuore dell’Europa. Da allora sono trascorsi 12 mesi di morte e distruzioni, e di quella guerra – negata ancora oggi da Mosca che si ostina a definirla una “operazione militare speciale” – non si vede la fine. Contrariamente alle attese di Vladimir Putin, infatti, la resistenza ucraina ha reagito con vigore e, forte del sostegno Nato, ha respinto quello che nelle intenzioni del presidente russo avrebbe dovuto essere un blitzkrieg, una guerra di annessione ‘lampo’. Ma gli errori di calcolo commessi da Mosca non si sono limitati al campo di battaglia. Tra gli altri spicca la convinzione che l’Europa e la Nato non avrebbero reagito. Il Cremlino sperava che l’aumento esponenziale del prezzo dell’energia nelle prime settimane di guerra avrebbe scoraggiato i paesi dell’Unione dal sostenere Kiev. Questo non è accaduto e il conflitto ha avuto anzi l’effetto di un elettroshockche ha compattato i 27 e rianimato un’Alleanza Atlantica da tempo in agonia. Mentre la guerra entra nel secondo anno però, le sue sorti restano incerte. Dall’estate in poi, la controffensiva ucraina ha recuperato circa metà dei territoripersi nell’ultimo anno. Ma nonostante questo, la Russia occupa ancora il doppio dei territori ucraini che controllava fino al 24 febbraio 2022

Mediazione cinese?

Oggi, dopo giorni di annunci, il ministero degli Esteri russo ha pubblicato un piano di pace in 12 punti in cui invita la Russia “ad astenersi dall’attaccare civili e strutture civili”, sollecitando un cessate il fuoco e la fine dei combattimenti perché la guerra “non prevede vincitori”. Il documento esorta inoltre Russia e Ucraina a incontrarsi e a riprendere il dialogo diretto non appena possibile. In quella che a tutti gli effetti è la prima iniziativa cinese dall’inizio del conflitto, Pechino sembra rivolgersi agli Stati Uniti, come quando sottolinea che “dovrebbe essere promossa un’applicazione paritaria e uniforme del diritto internazionale, mentre i doppi standard devono essere respinti”. E ancora: “la sicurezza di un paese non dovrebbe essere perseguita a spese di altri. La sicurezza di una regione non dovrebbe essere raggiunta rafforzando o espandendo i blocchi militari”. Cautamente ottimista la prima reazione ucraina per cui l’iniziativa rappresenta “un buon segnale”, mentre il Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha definito Pechino “un mediatore poco credibile”. Intanto il Wsj sostiene che Washington starebbe valutando di pubblicare informazioni di intelligence sull’invio di armi dalla Cina alla Russia. Secondo il tedesco Der Spiegel l’esercito russo sarebbe impegnato in trattative con la cinese Xi’an Bingo Intelligent Aviation Technology per la produzione di massa di droni kamikaze alle sue forze armate. 

Un mondo frammentato?

Per il momento, Pechino si è nuovamente astenuta da un voto di condanna nei confronti della Russia: ieri, in occasione dell’anniversario di un anno dall’inizio della guerra, l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato a favore della risoluzione che prevede la richiesta di un ritiro immediato e incondizionato di Mosca. Una maggioranza schiacciante di 141 paesi si è espressa a favore del documento, 32 – tra cui Cina, India e Sudafrica – si sono astenuti, mentre sette hanno votato contro. Pur essendo passata la risoluzione, il suffragio che non ha potere vincolante, ha rispecchiato gli stessi equilibri delle precedenti votazioni in ambito Onu. Da questo punto di vista, il calcolo del Cremlino si è rivelato esatto e dopo un anno di guerra, se la coalizione Nato ostenta solidità, non è però riuscita a convincere il resto del mondo a isolare Mosca. Molti paesi infatti, considerano l’invasione della Russia, un problema europeo e americano. E come osserva il New York Times “piuttosto che vedere nella guerra in Ucraina una minaccia esistenziale, questi paesi sono in concentrati sulla protezione dei propri interessi in mezzo agli sconvolgimenti economici e geopolitici causati dall’invasione”.

Resistere sul lungo periodo?

Nel frattempo i paesi Ue non hanno ancora trovato un accordo sul decimo pacchetto di sanzioni contro Mosca. Stavolta a bloccare l’intesa è la Polonia, tra i 27 la più oltranzista nei confronti del Cremlino, contraria all’approvazione perché conterrebbe misure troppo ‘pavide’. Varsavia chiede infatti che nel pacchetto siano inseriti il settore del nucleare e quello dei diamanti su cui, al momento, sembra impossibile un’intesa. Finora d’altronde, le sanzioni non sono state così devastanti come l’Occidente sperava. Una manciata di paesi ha colmato il divario, aumentando i propri scambi con la Russia ben al di sopra dei livelli prebellici. Sul fronte degli aiuti militari invece, se Spagna e Polonia hanno annunciato che invieranno a Kiev altri carri armati Leopard 2, Berlino nota che molti dei paesi che avevano promesso di inviare modelli più avanzati, di fabbricazione tedesca, continuano ad esitare. Mentre la guerra entra nel secondo anno, la strategia della Russia è chiara: sfidare l’Occidente, e gli alleati dell’Ucraina, a resistere sulle loro posizioni nel lungo periodoscommettendo che i paesi europei, preoccupati per le ricadute del conflitto sulle loro economie e le loro leadership politiche, mitigheranno il loro sostegno. E che forse anche gli Stati Uniti, con le elezioni presidenziali in agenda il prossimo anno, si stancheranno e faranno pressioni su Kiev affinché ceda parte dei suoi territori a Putin. “Da quanto l’Occidente riuscirà a resistere – osserva oggi l’Economist – e quanto sarà in grado di vincere la battaglia del consenso nell’opinione pubblica mondiale, dipenderà l’esito del conflitto”.

in https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/ucraina-un-anno-dopo-118273

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