La didattica per un ecosistema di apprendimento nella scuola 4.0 – Metodologia, strumenti, relazioni

GABRIELE BENASSI

Nel Piano Scuola 4.0 è ben visibile una stretta relazione fra metodologie, spazi, tempi, strumenti e mediazione didattica. Questa relazione si traduce nel concetto di ecosistema, fondato sull’integrazione dell’analogico con il digitale, dell’outdoor e dell’indoor, del formale, non formale e informale. Alla base di qualsiasi ecosistema di apprendimento c’è sempre un’idea forte laboratoriale, costruttivista e trasversale alle discipline, volta a sostenere e favorire apprendimenti profondi1, legati ad esperienze e attività didattiche autentiche e di realtà.

Il concetto di ecosistema non è sovrapponibile a quello di ambiente; anzi, può essere costituito e contraddistinto da un insieme di ambienti di apprendimento, da più stili di insegnamento e da un menù di metodologie e strumenti; presuppone lo sviluppo di processi di ricerca/ scoperta, problem solving, collaborazione, creatività e condivisione, analisi e rielaborazione attraverso cui i nostri studenti siano stimolati a considerare e utilizzare digitale e analogico in modo integrato, trasparente e funzionale.

Questo ecosistema deve certamente essere arredato in modo esteticamente e funzionalmente accogliente, con dispositivi adeguati e buona connettività. È in primo luogo “lo spazio e il tempo” in cui si sviluppa una buona progettazione didattica integrata, nello sviluppo della quale le competenze digitali siano “agite” naturalmente, unitamente a quelle socio-emotive, imprenditive e disciplinari.

In Scuola 4.0, a proposito delle Next Generation Classroom si sottolinea come questo ecosistema debba sostenere le abilità cognitive e metacognitive (come il pensiero critico e creativo, l’imparare ad imparare, l’autoregolazione), quelle sociali ed emotive (come l’empatia, l’autoefficacia, la responsabilità e la collaborazione), quelle pratiche e fisiche (soprattutto connesse all’uso di nuove informazioni e dispositivi di comunicazione digitale). Si evidenzia anche che questo ecosistema debba essere finalizzato a favorire l’apprendimento attivo e collaborativo fra pari, l’interazione e la collaborazione fra studenti e docenti, la motivazione ad apprendere, il benessere emotivo, lo sviluppo del problem solving, il peer learning, la co-progettazione, l’inclusione e la personalizzazione della didattica.

Per sviluppare un ecosistema di questo tipo, è necessario e urgente un pragmatico coinvolgimento degli attori della didattica, i docenti. Senza un coinvolgimento dei protagonisti della didattica, le scuole rischieranno di acquistare dispositivi e beni senza una consapevole e condivisa strategia. Non sarà possibile progettare una classe 4.0 se prima i consigli di classe non sapranno progettare dei percorsi di apprendimento che integrino le competenze trasversali (digitali, socio-emotive, imprenditive, ecc.) con quelle disciplinari e le competenze formali con quelle non formali e informali. Per queste ragioni non è opportuno recepire solo come impegno formale il documento Strategia 4.0, da redigere in modo collegiale entro marzo 2023. È il cuore della next generation e non può essere individuato da un animatore digitale in solitudine, ma da un gruppo rappresentativo di tutti i gangli operativi della scuola che sappia coinvolgere i docenti e il personale amministrativo nelle varie fasi di ideazione, di lavoro e di realizzazione del progetto.

Occorre prima di tutto, come ben indicato nel documento, mappare le risorse fisiche digitali delle scuole, operando un vero e proprio censimento su ciò che funziona e su ciò che non funziona. Gli acquisti degli ultimi sette anni sono stati consistenti e le scuole dispongono di un numero importante di dispositivi. Importante farne una stima quantitativa e qualitativa. Occorre poi mappare le risorse umane: quali docenti lavorano già con il digitale? Quali si stanno formando? Quali attività con il digitale ad ora, concretamente, potrebbero essere possibili in una lezione ordinaria? Di quale formazione hanno più bisogno i docenti e su quali argomenti? Una volta tracciata una fotografia attendibile degli spazi, degli strumenti, delle modalità di lavoro, delle competenze digitali dei docenti, delle criticità, solo allora sarà possibile andare a progettare su due livelli: il primo su scala di istituto, il secondo su scala di consiglio di classe. L’obiettivo della next generation classroom è portare in almeno la metà delle aule la possibilità di usare in modo efficace, funzionale e operativo il digitale integrato all’analogico. Occorre certamente la connessione, sicuramente uno schermo di condivisione, possibilmente alcuni dispositivi per gli studenti, anche di differente funzionalità, non obbligatoriamente in un rapporto uno a uno. Questo potrebbe considerarsi il nucleo fondante di ogni classe 4.0. Partire da una attenta ricognizione è quindi l’inizio di una buona progettazione perché il primo obiettivo sarà quello di garantire quel nucleo nella maggior parte delle classi. Successivamente sarà possibile individuare delle “espansioni” del nucleo, caratterizzando la classe con strumenti destinati ad attività più specifiche (come un microscopio digitale, un microfono, le cuffie, la stampante 3D, ecc.), a seconda delle attività didattiche che si vogliano sviluppare.

La seconda progettazione parallela è quella didattica e dovrebbe indirizzare con più sicurezza anche gli acquisti. Sarebbe opportuno che a livello di consigli di classe e singolarmente i docenti cominciassero ad elaborare delle unità di apprendimento integrate col digitale, in modo vario e funzionale agli obiettivi. Solo allora il docente di italiano potrà comprendere l’efficacia del podcasting a sostegno dello sviluppo della padronanza linguistica (orale in primis, ma anche lessicale), quello di disegno o di tecnologia la versatilità di un software di modellazione, quello di lingue la preziosità di una piattaforma eTwinning, ecc.

Queste due azioni progettuali, di istituto e dei consigli di classe, sviluppate su due piani diversi ma paralleli e sinergici, potranno aiutare le scuole ad individuare strategie vere, fondate su uno studio di fattibilità e su una scalabilità didattica in cui il digitale diventi strumento fra gli strumenti, anche nella sua normalità d’uso. Ancora, aiuteranno ad individuare le necessità formative prioritarie, da sostenere maggiormente con una formazione e un accompagnamento diffusi e laboratoriali. Oltre a questa riflessione nei consigli di classe sul digitale come strumento collaborativo, creativo, inclusivo, sarebbe opportuna una riflessione collegiale sulle competenze digitali e sul curricolo, facendosi aiutare da una attenta e condivisa lettura dei due frameworks europei di riferimento, il DigComp 2.2 ed il DigComp Edu, indicati come modelli di riferimento dalla attuale legislazione europea e nazionale.

Per la mappatura e la progettazione può essere utile ragionare partendo dalla metodologia, per fare un focus realistico su spazio/tempo/relazione/prodotto/ processo/integrazione col digitale. Se si sviluppa una metodologia di cooperative learning, sarà necessario organizzare lo spazio ad isole e dare tempi certi di lavoro; bisognerà osservare e documentare le competenze relazionali che sono centrali nella metodologia e, ovviamente, il prodotto finale. Nella valutazione si darà massima centralità al processo, che è dato dal “come hanno lavorato” al prodotto finale. Il digitale può facilitare le modalità collaborative in sincrono, in presenza e a distanza. Se si sviluppa una metodologia laboratoriale come il learning by doing, serviranno spazi e strumenti adeguati, tempi definiti ma non prescrittivi, relazioni (non necessarie ai fini dell’esito finale), un prodotto significativo (ma non centrale quanto il processo, nel bilancio didattico). Il digitale può essere importante come strumento di documentazione, come simulazione in AR/VR, come strumento produttivo e creativo. Se si sviluppa una metodologia come il debate, lo spazio sarà relativamente importante, il tempo fondamentale (per definire la durata degli interventi e la loro scansione) così come il prodotto; la relazione non è necessaria, se non in senso competitivo, il processo di preparazione dello speech diventa centrale. L’integrazione con il digitale può non esserci, salvo l’utilizzo di piattaforme di condivisione di podcast/video o forum di discussione, entrambi finalizzati al dibattito asincrono. Se si propone una metodologia come la flipped classroom, si avrà un forte impatto del digitale (piattaforma e risorse in rete), un impatto minimale dello spazio e del tempo (che può essere sfruttato in modo diverso e individuale), una centralità assoluta del prodotto e così via. È, in sintesi, la metodologia che ci permette di capire di quanto e quale spazio abbiamo bisogno, di quanto tempo, di quante e quali relazioni, di quanti e quali prodotti, di quale processo di apprendimento, di quanta e quale integrazione con il digitale abbiamo bisogno.

Schematizzando in una tabella – che non ha l’ambizione di essere esaustiva ma solo di stimolo e indirizzo – possiamo sintetizzare in questo modo: nella prima colonna le metodologie, nelle colonne successive le variabili di progettazione: spazio, tempo, relazione, prodotto, processo, DDI. Le stelline rappresentano il “peso”, per lo sviluppo della metodologia (★ minimo // ★★ medio // ★★★ importante // ★★★★ massimo) – Vedi Tabella 1.

In una classe 4.0, seguendo anche le indicazioni recenti degli ultimi studi di neuroscienze2, lo spazio deve aprirsi alla dimensione relazionale, il tempo deve essere più flessibile, esteso, personalizzato; la relazione deve esprimersi in modo interattivo, coinvolgente, circolare, profonda. Il prodotto deve essere il più possibile ancorato alla dimensione della realtà, autentico, unico e differente e in questo senso soggettivo e rispettoso delle individualità, non standardizzato. Il processo deve essere fortemente ancorato all’esperienza, e deve essere contraddistinto dalla qualità e dalla cura, vissuto nella sua dimensione cognitiva, emotiva, sociale e corporea. L’integrazione con il digitale deve essere trasversale, onlife, non sostitutiva, trasparente. La componente emotiva ed empatica non deve essere trascurata perché svolge un ruolo centrale nello sviluppo delle competenze-chiave trasversali sociali e di cittadinanza e nella “compostezza” intesa come capacità di rimanere in contatto con se stessi e di sviluppare un equilibrio personale3.

Le neuroscienze dimostrano il legame tra emozione e cognizione anche per quanto riguarda i processi decisionali e lo sviluppo delle competenze generali; i processi emotivi sono una sorta di timone che guida il giudizio e l’azione.

Nella progettazione dei percorsi di apprendimento e nella progettazione di istituto delle classroom e dei Next Generation Lab non bisogna quindi pensare solo in termini di strumentazione, ma di azione, globale, olistica di sviluppo della persona, come i principali frameworks europei ci stanno chiedendo. Mi piace anche pensare che il neologismo onlife creato dal filosofo Luciano Floridi sia legato non solo alla dimensione del digitale/analogico, ma anche alla vita, una vita “on”, accesa, percepita in modo consapevole.

È scontato dire che la scommessa non è banale e che sia necessaria un’azione di sistema in cui dirigente, animatore, team, Funzioni Strumentali e docenti coinvolti condividano una visione di scuola 4.0, dopo un’azione di stimolo e ascolto dei colleghi. Tuttavia questa azione può trovare un humus fecondo solo là dove si siano innescati processi di innovazione della progettazione e della mediazione didattica. Può essere utile lavorare collegialmente e individualmente con alcuni “organizzatori di pensiero”, anche semplici, come quello in Tabella 2.

Organizzatori di pensiero di questo tipo non devono solo servirci a riscrivere le programmazioni, le UDA o UDL e i curricoli (nella logica della “programmazione a ritroso” dei già citati Grant Wiggins e Jay McTighe), ma soprattutto a lavorare con un approccio ecosistemico, che contempli in modo sistematico tutte le dimensioni di apprendimento e di crescita dell’individuo. Possono essere uno strumento utilissimo per avviare la riflessione collegiale per la stesura del documento Strategia 4.0, a monte della progettazione di istituto. È però indispensabile che i docenti più refrattari al digitale ne conoscano almeno le potenzialità, partecipando a formazioni dedicate di cui il panorama locale e nazionale è sempre più ricco. Come Servizio Marconi TSI e come Équipe Formativa Territoriale siamo da anni indirizzati ad offrire una condivisione di buone pratiche e sperimentazioni, consulenza e accompagnamento, oltre che formazione che cerchiamo di replicare su tutto il territorio regionale, in presenza e on line. È il momento di insistere, senza, per una volta, aspettare l’emergenza per fare uno scatto in avanti, come accaduto con la pandemia. Comunque vada, un lavoro capillare e diffuso sul senso della didattica e del suo impatto sugli apprendimenti nell’epoca dell’onlife già di per sé sarà una conquista preziosa. Cominciamo da lì.

(USR Emilia-Romagna, Studi e Documenti, n. 36, Dicembre 2022)

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