Il Parlamento europeo condanna l’Ungheria per violazione di diritti

Vladimiro Zagrebelsky

Il documento approvato a larga maggioranza dal Parlamento europeo, di severa condanna per l’Ungheria, Stato membro dell’Unione europea, ha trovato il voto contrario dei deputati italiani di Fratelli d’Italia e della Lega. La concomitanza della campagna elettorale in Italia ha fatto sì che si aprisse una discussione polemica sulla collocazione di quei due partiti nel quadro europeo, stante anche la politica del governo ungherese di Orban nei confronti della Russia putiniana. La discussione ha però anche riguardato la idea stessa di democrazia, condivisa e difesa in particolare dai due partiti che si sono schierati a fianco del governo ungherese e gareggiano ora nella competizione elettorale in vista della formazione del prossimo governo. Cosa ha constatato il Parlamento europeo e perché è intervenuto?

L’Unione, come dichiara il Trattato «si fonda, sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze». E il Trattato aggiunge che «questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini». L’Unione, dunque, è cosa molto diversa dalla iniziale Comunità Economica, che voleva essere un semplice mercato comune. La coerenza con quei valori non è più un affare interno ai singoli Stati, è un’esigenza comune a tutti. Infatti il Trattato prevede che uno Stato membro possa essere sanzionato con la sospensione dei suoi diritti, compreso il diritto di voto, quando sia constatata la violazione grave e persistente dei valori sopra ricordati. La procedura è complessa e molto prudente, ma esiste.

In vista di quella procedura è intervenuto il Parlamento, che ha constatato un serie molto ampia di problemi rispetto ai valori dell’Unione. Si tratta in particolare dell’indipendenza dei giudici, cardine dello Stato di diritto, della protezione dei dati personali, della libertà di espressione e accademica, della libertà religiosa e di associazione, dell’eguaglianza e del divieto di discriminazione, anche in riferimento all’orientamento sessuale, dei diritti delle persone appartenenti a minoranze, come i Rom e gli Ebrei, dei diritti dei migranti e dei richiedenti asilo ed anche di alcuni diritti economico sociali. Il Parlamento ne ha tratto motivo per sollecitare il Consiglio europeo e la Commissione a proseguire efficacemente la procedura, già iniziata, di constatazione delle violazioni da parte dell’Ungheria.

Da parte ungherese, ma anche di politici italiani si è reagito a quel documento affermando che l’Ungheria è un paese democratico, perché il governo è stato liberamente eletto. E dunque nulla avrebbe da dire l’Europa. L’elezione sarebbe il criterio necessario e sufficiente per riconoscere la qualità di democrazia. Ma non è così. Nella storia d’Europa ci sono esempi di governi con tratti dittatoriali, che sono stati liberamente eletti. E del sistema ungherese sotto il governo di Orban e del suo partito, sfidando la contraddizione, si è detto e persino rivendicato che si tratta di una democrazia illiberale. L’origine elettiva non è l’unica condizione di democraticità. Importa invece che, con i principi propri dello Stato di diritto, siano garantiti i diritti e le libertà individuali e, in modo non discriminatorio, anche i diritti sociali, che sono assicurati dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione. E ciò non soltanto nella legislazione e nell’attività delle istituzioni pubbliche, che non devono abusare del fatto di esser sostenute dalla maggioranza della popolazione. Lo Stato di diritto esclude la dittatura della maggioranza non solo nelle istituzioni, ma anche nella società. Le minoranze, i diversi non devono aver timore della maggioranza; non solo il timore di leggi discriminanti, ma anche del comportamento e del giudizio di gruppi sociali contrapposti; anche del comportamento di chi abita alla porta accanto, sullo stesso pianerottolo e in ogni modo dimostra di non sopportare le opinioni o lo stile di vita del vicino. Il Parlamento europeo giustamente ha invitato le istituzioni dell’Unione a sostenere una società civile indipendente in Ungheria, che salvaguardi i valori dell’Unione.

Insieme a governi e parlamenti democratici è indispensabile una società democratica, rispettosa dei diritti e delle libertà, delle opinioni, del modo di vivere degli altri. Certo vi è reciproca interazione tra società, governi e rappresentanti politici di governo. Questi ultimi, nei confronti della maggioranza che li sostiene, sono sia esponenti che ne riproducono gli orientamenti, sia anche potenti promotori. In un sistema democratico occorre che istituzioni di governo e società sappiano coniugare la naturale responsabilità della maggioranza con la tolleranza e protezione delle differenze minoritarie, rinunciando a omologare la società rispetto alla propria visione del mondo. A difesa di quest’ordine di idee si è mosso il Parlamento europeo.

in “La Stampa” del 19 settembre 2022

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