Neet. Un Piano straordinario nazionale per ridurre il numero di giovani che non lavorano, né studiano

FONDAZIONE ITALIA SOCIALE

Il termine NEET (Not in Employment, Education or Training) indica i giovani che non sono né occupati né impegnati in corsi di studio o formazione. Se per alcuni la condizione di NEET rappresenta solo una fase di passaggio (tra un’occupazione e l’altra o prima di trovare un lavoro dopo aver terminato gli studi), per altri può indicare una situazione di svantaggio permanente. Nel caso di giovani che abbandonano prematuramente il ciclo di studi infatti, la mancanza di competenze e qualifiche specifiche è causa di prospettive occupazionali scarse e precarie, con il conseguente rischio di situazioni di esclusione sociale, povertà e problemi di salute fisica e mentale.

La condizione di NEET è inoltre uno dei fattori che incidono nell’ampliamento del divario generazionale e della grave mancanza di mobilità sociale. Non a caso il tasso di NEET è stato inserito come uno degli indicatori di riferimento per la realizzazione del Pilastro europeo dei diritti sociali, che stabilisce 20 principi e diritti fondamentali essenziali per il mercato del lavoro e per sistemi di protezione sociale equi e ben funzionanti. Nello specifico, il principio 4 (Sostegno attivo all’occupazione) afferma che “i giovani hanno diritto all’istruzione continua, all’apprendistato, al tirocinio o a un’offerta di lavoro dignitosa entro quattro mesi dall’inizio della disoccupazione o dall’abbandono degli studi”.

L’Italia registra un ritardo notevole rispetto alla media europea in tutti i principali indicatori che riguardano istruzione, formazione continua e livelli di competenze e lavoro. La quota di coloro che non studiano e non lavorano tra i giovani italiani di età compresa tra i 15-29 anni è la più alta tra i paesi europei e nel 2021 ha interessato il 23,1% di giovani (rispetto alla media europea del 13,1%). In leggerissima flessione rispetto al 2020, anno particolarmente segnato dalla pandemia da Covid-19, ma comunque non sufficiente a tornare ai livelli del 2019 (22,2%).

Le maggiori criticità si evidenziano tuttavia a livello territoriale. Se il nord presenta percentuali più in linea con il resto dell’Europa, anche se comunque superiori, nel sud la distanza dagli altri paesi europei si allarga drasticamente con tassi che in alcune regioni si avvicinano al triplo della media europea: Sicilia (36,3%), Campania (34,1%), Calabria (33,5%) e Puglia (30,6%) sono le regioni con la quota più elevata di NEET.

Oltre alle differenze territoriali anche le differenze di genere sono determinanti. Le giovani donne hanno più probabilità dei loro coetanei maschi di non avere un lavoro e di non essere in un percorso di istruzione o formazione: tra di loro il tasso di NEET raggiunge il 25%, contro il 21,1% degli uomini. Ma la differenza di genere a discapito delle donne aumenta al crescere dell’età, quando la dimensione della cura e della maternità incide fortemente. Tra i genitori NEET, le madri tra i 15 e i 34 anni sono quasi la totalità, con una incidenza del 57% su tutte le madri di pari età (contro il 15,1% dei padri). A conferma dell’esistenza di un problema sistemico a livello nazionale che costringe le donne a fare una scelta tra avere figli e lavorare (si veda insight Le donne e il mercato del lavoro).

L’essere straniero è infine una ulteriore condizione che influisce negativamente sulla probabilità di essere NEET: nel 2020 la percentuale raggiungeva il 35,2% tra gli stranieri residenti di età tra i 15 e i 29 anni. Se si disaggrega invece il dato anagrafico per classi d’età più ridotte, emerge che 1 giovanissimo su 10 tra i 15 e i 19 anni e 1 giovane su 3 fra i 20 e i 24 anni è fuori dal mondo della scuola e del lavoro. Per quanto riguarda il titolo di studio, l’incidenza dei NEET italiani nella fascia di età 15-29 senza nessun titolo di studio è pari al 21,9%, sale al 25,4% nei diplomati, mentre scende al 20,6% nei laureati.

Osservati per condizione di inoperatività, tra i 3 milioni di NEET nella fascia di età 15-34, i disoccupati, cioè chi non ha un lavoro ma lo sta attivamente cercando, sono circa 1 milione, mentre gli inattivi, ovvero chi non ha un lavoro e non lo sta cercando o non è subito disponibile ad accettarlo, sono i restanti 2 milioni1 . All’interno del gruppo delle persone inattive, è possibile riscontrare ancora una volta una prevalenza femminile più accentuata. I NEET disoccupati, che vorrebbe lavorare quindi, segnalano invece un rapporto estremamente complesso con il mondo del lavoro, che si riflette anche nei dati sulla disoccupazione giovanile che, nel 2021, per i giovani di 15-29 anni ha raggiunto il 22,3%, quasi il doppio della media europea (13%).

Pur essendo molteplici i fattori che possono determinare la permanenza dei giovani nella condizione di NEET, in Italia quindi la condizione formativa e lavorativa è fortemente correlata al territorio in cui si vive, al percorso di studi portato o meno a termine, all’essere donne e madri e all’essere di origine straniera.

Cosa prevede l’Italia per contrastare il fenomeno dei NEET L’Italia ha mostrato diversi limiti nel dare risposte a queste criticità e a offrire alle nuove generazioni l’occasione di realizzare in modo pieno i propri progetti di vita e di contribuire in modo qualificato ai processi di crescita macroeconomica del Paese. Dopo la recessione economica che ha condizionato il decennio scorso e la pandemia che ha colpito pesantemente gli studenti relegati in DAD e i giovani lavoratori precari, la situazione è ulteriormente peggiorata.

In questo panorama si inserisce Garanzia Giovani, il programma della Commissione europea rivolto agli stati membri con alti tassi di disoccupazione giovanile e che si rivolge specificatamente ai NEET per sostenerli nel proseguimento di una formazione o nell’avvio di un apprendistato o tirocinio. Nel nostro paese, dal suo inizio a maggio 2014 fino a marzo 2022, si sono iscritti a Garanzia Giovani circa 1,7 milioni di giovani. Tuttavia, i risultati raggiunti non sono stati completamente soddisfacenti: rispetto al numero dei giovani iscritti, solo il 63,9% sono stati effettivamente avviati a misure di politiche attive del lavoro, con indici di attivazione più bassi proprio nelle regioni del Mezzogiorno .

Non a caso, anche nelle Raccomandazioni specifiche per l’Italia presentate ogni anno dalla Commissione europea e approvate in sede di Consiglio dell’Unione europea3 , emerge sempre con forza la necessità di predisporre interventi volti alla riduzione delle diseguaglianze intergenerazionali e alla promozione dei giovani, in particolare nell’istruzione e nel mercato del lavoro. Anche per queste ragioni l’Italia, a seguito della raccomandazione europea del 30 ottobre 2020, si è impegnata ad attuare la cosiddetta Garanzia Giovani Rafforzata a partire dal 2021. Grazie al rifinanziamento di Garanzia Giovani, il Governo italiano ha dunque la possibilità di portare avanti le attività legate al piano per contrastare la disoccupazione giovanile fino alla scadenza del ciclo di programmazione dei fondi europei 2021-2027.

Le politiche per l’infanzia e per i giovani costituiscono inoltre uno dei sei pilastri4 attraverso i quali assicurare la ripresa e migliorare la resilienza dell’Unione Europea e a cui il Dispositivo di ripresa e resilienza europeo offre esplicito sostegno (articolo 3 del Regolamento UE 2021/241). Di conseguenza anche il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) italiano affronta nello specifico la questione dei giovani che non lavorano e non sono impegnati in istruzione o formazione, intervenendo con politiche rivolte sia al sistema dell’istruzione che al mercato del lavoro. Sono tre, in particolare, le missioni che maggiormente incidono offrendo opportunità ai giovani: Istruzione e ricerca, Inclusione e coesione e Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura.

Il Dipartimento del Tesoro del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), dopo aver individuato alcuni indicatori chiave in diversi ambiti del benessere, con una valutazione qualitativa ex-ante ha individuato le misure del piano che potranno contribuire direttamente o indirettamente a migliorare la condizione dei giovani in Italia. Sul totale delle risorse del PNRR, gli interventi mirati ai giovani rappresentano circa l’11,5% (€21,9 miliardi circa), mentre il 13,2 % (€ 25,6 miliardi) riguardano misure che potranno avere riflessi positivi anche se indiretti. Con riferimento specifico ai NEET, le risorse superano i € 14 miliardi

Nello specifico, la Missione 4 del PNRR prevede misure di orientamento attivo nella transizione scuola-università, la riforma degli istituti tecnici e professionali e lo sviluppo del sistema ITS (Istituti Tecnici Superiori). Sono previste poi misure direttamente mirate alla riduzione dei divari territoriali nei cicli I e II della scuola secondaria di secondo grado, misure di contrasto all’abbandono scolastico, e l’aumento di borse di studio per l’accesso all’università, per favorire l’accesso all’istruzione terziaria di studenti in difficoltà socioeconomiche. Si inserisce inoltre in questo contesto, seppur in maniera indiretta, la riforma degli alloggi universitari, che costituisce una opportunità per i giovani di accedere alla istruzione universitaria anche se provenienti da un contesto familiare in difficoltà socioeconomica.

Relativamente alle politiche attive del lavoro, appositi interventi sono programmati nell’ambito della Componente 1 Politiche per il lavoro della Missione 5 Inclusione e coesione. Due di questi interventi agiranno a sostegno dell’occupazione dei NEET. Da una parte, il potenziamento del cosiddetto Sistema Duale che consiste nella realizzazione di percorsi d’integrazione tra il sistema dell’istruzione e i datori di lavoro per ridurre il divario in termini di competenze tra scuola e impresa. Dall’altra, il rafforzamento del Servizio Civile Universale che invece promuove l’ingresso dei giovani tra i 18 e i 28 anni in progetti di volontariato nell’ambito, ad esempio, della protezione civile e della promozione del patrimonio storico, artistico e culturale. Il servizio civile prevede un rimborso mensile e rappresenta una importante opportunità di ingresso nel mondo del lavoro presso le organizzazioni o negli ambiti di intervento dove viene svolto.

Correlato a queste misure, vi è inoltre l’investimento finalizzato al potenziamento dei Centri per l’impiego attraverso interventi utili per migliorarne l’efficienza (ad esempio si prevedono interventi infrastrutturali, lo sviluppo di osservatori regionali del mercato del lavoro, interventi di formazione per aggiornare le competenze degli operatori).

Un maggior coinvolgimento dei giovani sia nei processi di formazione e istruzione sia in quelli produttivi potrebbe essere garantito infine, seppur indirettamente, da alcune misure della Missione 3 Infrastrutture per una mobilità sostenibile. Si tratta, in particolare, di interventi che mirano a potenziare le connessioni metropolitane o suburbane, a migliorare l’accessibilità e l’interscambio tra le stazioni ferroviarie e altri sistemi di mobilità e a potenziare l’offerta delle linee regionali.

I programmi del PNRR in tema di NEET e il parallelo rifinanziamento di Garanzia Giovani per il prossimo settennio europeo affronteranno quindi la sfida di migliorare la strategia complessiva e di far tesoro delle problematiche rilevate negli anni scorsi, con l’obiettivo di perseguire una reale e costante riduzione del tasso di NEET nel nostro paese.

(Il testo è tratto da Fondazione Italia Sociale, EMERGENZA NEET. Un Piano nazionale per ridurre il numero di giovani che non studiano né lavorano, giugno 2022)