Cittadinanza italiana. Il paradosso di un sogno impossibile per tanti bambini nati in Italia

GABRIELLA NOBILE

Khabi Lame, il tik toker più seguito al mondo è nero e vive in Italia. È diventato un mito per moltissimi ragazzini di diversa origine che hanno visto in lui, la possibilità di farcela ed avere successo in Italia, un Paese bianco-centrico che di solito adotta una narrazione negativa sulle persone nere. Finalmente un esempio e una rappresentazione positiva. Il nostro governo con la sua decisione di dare a Khabi la cittadinanza italiana solo perché molto famoso, ha distrutto in un attimo questo mito, facendolo diventare quasi antipatico ai suoi coetanei.

Il messaggio che sta passando, con questa decisione è forte e chiaro: «Diventa italiano chi se lo merita». È cosi che 1 milione e mezzo di ragazzini nati o arrivati in Italia da piccoli, capiscono che la loro esistenza non ha valore, che solo i più fortunati ce la potranno fare e che loro, a meno che non salvino una vita umana in diretta, non vincano 3 medaglie d’oro o non abbiamo milioni di Fw su IG, non saranno mai cittadini del loro Paese, sino all’età adulta. La firma di un ministro, sulla richiesta di cittadinanza di un personaggio importante, ha decapitato il tentativo che molti di noi stanno cercando di portare avanti promuovendo una vera cultura antirazzista.

Cosa sarebbe bello accadesse in un mondo ideale? Che Khabi la rifiutasse in nome di tutti i ragazzini che lo seguono e che non avranno mai accesso a quel pezzo di carta, che darebbe loro dignità e appartenenza. Sarebbe bello che Khabi si unisse alla nostra battaglia per lo Ius Scholae, una legge che darebbe diritti a tutti i bambini alla fine della terza media, che siano nati qui o che ci siano arrivati da piccoli.

Ma questo non accadrà mai perché quando si è in alto, si hanno spesso le vertigini a guardare giù. I miei figli sono italiani, perché adottati, e spesso mi chiedono per quale motivo con la mia associazione, “Mamme per la Pelle”, abbiamo deciso di lottare per una nuova legge di cittadinanza, che non tocca le nostre vite. Perché riteniamo che sia una legge di civiltà, non politica e che, nel 2022, sia necessaria. Una rivoluzione del genere richiede coraggio ma sarebbe una grande opportunità verso una vera presa di posizione contro il razzismo. Se lo Stato riuscirà a considerare questi ragazzi come suoi figli, sarà naturale e normale farlo anche per la società civile che diventerà meno afrofobica. Quando mio figlio di 16 anni viene fermato per strada dalle forze dell’ordine, gli chiedono il permesso di soggiorno non la carta d’identità.

Questo racconta lucidamente a che punto siamo: un ragazzo nero non può essere considerato italiano. Lo ius sanguinis è una legge razzista, lo ius soli e lo ius culturae sono stati raccontati male anche dalla sinistra, che in fondo non ci credeva troppo. Oggi, con lo Ius Scholae abbiamo pensato di iniziare dal luogo in cui da sempre si sta cercando di accogliere e abolire le disuguaglianze: la scuola. Il 29 giugno, forse, verrà votata alla Camera. Sei italiani su 10 sono favorevoli nel dare una vita dignitosa a tutti questi ragazzini che sono i compagni di banco dei nostri figli e che non sono una minaccia per nessuno. Siamo davvero felici per Khabi Lame ma abbiamo nel cuore anche tutti i suoi giovani follower che non possono andare alle gite scolastiche, partecipare alle gare sportive all’estero, rappresentare il loro Paese solo perché qualcuno ha deciso di metterli in un angolo buio negando loro diritti e opportunità.

in “La Stampa” del 25 giugno 2022