Il dramma degli apolidi

FRANCESCO RICUPERO

GINEVRA, 20. Un messaggio congiunto sul drammatico fenomeno dell’apolidia dal titolo Belonging – Affirmations for Faith Leaders è stato pubblicato nei giorni scorsi dal World Council of Churches (Wcc) e Religions for Peace per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale su una problematica che riguarda almeno 4 milioni di persone nel mondo. Il documento è uno dei frutti più recenti del lavoro dell’organismo ecumenico in corso da più di un decennio. Già nell’ottobre del 2019 il Wcc aveva firmato, insieme ad altre organizzazioni, una dichiarazione consegnata all’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) che sollecitava un’azione immediata sulla questione.

Il dramma dell’apolidia, infatti, sta crescendo rendendo spesso poco efficaci gli sforzi messi in campo per affrontarlo in maniera adeguata. Una volta negato il diritto a una nazionalità, gli apolidi affrontano violazioni dei diritti umani di ampia portata, incluso il diritto all’istruzione, all’assistenza sanitaria, al lavoro, alla proprietà, all’eredità, al movimento, alla partecipazione, alla libertà e alla sicurezza.

«In molti contesti a livello globale — si legge nella dichiarazione congiunta — gli apolidi vivono in società caratterizzata da fedi differenti. La cooperazione interreligiosa è quindi essenziale nel momento in cui stiamo lavorando per sradicare l’apolidia».

Secondo i firmatari, «la cooperazione interreligiosa è essenziale per società pacifiche e sostenibili, perché ci consente di sostenere valori condivisi che sono comuni a tutte le tradizioni al fine di trovare un terreno comune» per poter discutere ed agire coralmente.

Tra le molteplici criticità che sono costretti ad affrontare, gli apolidi sopportano anche alti tassi di separazione familiare, violenze di genere, tratta di esseri umani e povertà multigenerazionale. Sono anche soggetti alla migrazione forzata, che a sua volta è causa di apolidia. Non solo, agli apolidi viene sempre più negata la documentazione o viene richiesto di dimostrare i loro legami con uno Stato, nonostante abbiano vissuto lì come cittadini per generazioni.

Il Wcc e Religions for Peace ribadiscono che gli apolidi sono «privi della nazionalità di qualsiasi Paese, sono resi vulnerabili e spinti ai margini della società, con accesso minimo o nullo ai diritti umani fondamentali necessari per vivere una vita dignitosa. Le nostre tradizioni — scrivono le due organizzazioni — affermano la dignità di ogni essere umano e l’unità della nostra famiglia umana. Gli esseri umani non dovrebbero fuggire dalle loro case per godere dei diritti fondamentali e avere un senso di appartenenza». Il testo, inoltre, nel sottolineare che tutti «dovrebbero sentirsi sicuri e a casa nel nostro mondo», riconosce «la speciale vulnerabilità delle ragazze e dei bambini in circostanze di apolidia. Quando sono apolidi, le donne sopportano un onere sproporzionato di discriminazione», mentre i bambini «non dovrebbero mai diventare vittime dell’apolidia perché sono l’espressione dell’innocenza e della speranza. Essi, infatti — concludono i responsabili del Wcc e di Religious for Peace — ereditano un mondo che non hanno creato, ma che invece li rifiuta».

in L’Osservatore Romano, 20 maggio 2022