A Novara la “Run for Memory” contro il razzismo e il negazionismo

Elena Loewenthal

Capita molto di rado che la storia si faccia giustizia da sola. Capita ancor più di rado con il presente, i fatti di solito restano in sospeso, le ingiustizie rimangono tali. E invece è importante ristabilire un pezzetto di giustizia, di verità. Soprattutto il bene. Novara, alla vergogna dei No Pass vestiti da prigionieri dei Lager nazisti, ha risposto con la Corsa della memoria. E in corsa, a dire, raccontare che a volerlo il mondo è capace di rimediare ai propri errori, c’era prima di tutto Shaul Ladany, ottantacinque anni, sopravvissuto allo sterminio nazista. Lui, da allora, e prima ancora, corre. Corre per dimostrare al mondo che Hitler non l’ha avuta vinta. Shaul Ladany, poi, è sopravvissuto non solo a Bergen Belsen ma anche alla strage per mano di terroristi al villaggio olimpico di Monaco. E ieri correva a Novare, insieme a tutti gli altri partecipanti della «Run for memory», la maratona della memoria che si tiene ogni anno ormai a qualche giorno di distanza dal Giorno della Memoria.

«Tre mesi fa», ha spiegato il sindaco della città Alessandro Canelli, «manifestare indignazione contro il corteo dei no green pass che avevano strumentalizzato ai loro fini la deportazione. Noi ci siamo compattati tutti, istituzioni e società civile per dire tutto il nostro sdegno. E anche per questo abbiamo accolto con grande piacere la scelta di portare a Novara la Run for Memory». Insieme a Shaul, a Enrico Ruggeri che ha dato il via alla manifestazione, erano davvero in tanti oero a Novara, a correre per ricordar, per marcare il territorio di Novara che, come altra città e angolo d’Europa, porta il segno di quello che è stato. In tanti a correre per la città, a ricordare e anche a dire che no, il passato non è un comodo strumento da manipolare a misura delle proprie ossessioni e dei deliri no vax.

Così, con questa corsa, con la sua partecipazione, con lo slancio civile di tutta la città di Novara e del suo sindaco che ha fortemente e giustamente voluto portarvi la Run for Memory di quest’anno, è successa una cosa che in fondo da sempre racconta la tradizione ebraica: e cioè che la vocazione e la missione del genere umano è quella di «riparare» il mondo. Di veder cosa vi è di ingiusto, di male, di sbagliato, e provare giorno per giorno a rimediare. A lavorare per lasciare il mondo un po’ meglio di come lo si trova. Non è detto che ci si riesca, ma nessuno può esimersi dal provare, dall’impegnarsi.

È proprio in ottemperanza a questo principio primario, dunque, che ieri la città di Novara, e in primis il suo sindaco, ha detto no all’indifferenza. Anche quella delle parole: perché le parole non sono mai indifferenti, e men che meno i gesti. Quello che è successo tre mesi fa, a Novara, era una vergogna, un insulto al passato, alle donne, agli uomini e ai bambini che quel passato l’hanno vissuto, ci sono morti o ne sono usciti. Era un insulto alle parole. Era, soprattutto, un insulto alla città di Novara.

Reagire correndo tutti insieme, per non dimenticare – Né quel passato tremendo né quello che era successo tre mesi fa – ha significato davvero sentire che l’indifferenza è ingiustizia e che all’ingiustizia si può e si deve rimediare, sentendosi parte di un’umanità che è questo mondo anche per provare a ripararlo, a far sì che qualcosa di meglio possa e debba succedere. La città di Novara,il suo sindaco, i testimoni, le gambe che ieri correvano per le sue strade, hanno dimostrato che si può.

in “La Stampa” del 24 gennaio 2022