La presenza e il significato dell’uomo nell’immensità dello spazio. Un mistero tutto da svelare

FRANCO SAPORETTI

I media diffondono di continuo l’idea che l’essere umano sia un insignificante elemento decorativo nello scenario cosmico. “Che cosa rappresenta l’uomo – è il solito interrogativo che propongono – un minuscolo essere… ubicato su un pianeta ruotante intorno a una piccola stella… stella posizionata in un periferico e sperduto angolo di una comune galassia… galassia parte di un immenso oceano popolato di miliardi di stelle, galassie, buchi neri e altri oggetti celesti?”. Ovviamente un nulla, è la spontanea e ricorrente risposta da molti condivisa.

L’interrogativo avanzato è molto chiaro. È l’interrogativo che l’uomo si è posto da sempre sollevando gli occhi al cielo: “Chi siamo?”, “Che posto occupiamo nell’universo?”. Ma è la risposta data che, se sottoposta a una più profonda attenzione, può far nascere qualche perplessità e il bisogno di qualche chiarimento che potrebbe condurre ad una diversa conclusione.

La scienza come la pensa? Quella scienza, che spesso ci aiuta a capire l’universo in cui viviamo in modo efficace e obiettivo, cosa ci suggerisce? Conferma la nullità della presenza umana nel quadro organizzativo che sta alla base dell’universo fisico? L’uomo è davvero un insignificante scarabocchio nell’affascinante dipinto cosmico, quel dipinto che ancora oggi ci offre sensazioni di meraviglia e di mistero e spesso ci incute sentimenti di paura e di rispetto?

Suggerimenti dalla fisica quantistica

La fisica moderna, e più precisamente la teoria quantistica, sembra suggerire che l’essere umano (osservatore del mondo) e il mondo osservato sono strettamente correlati. L’interpretazione più consolidata della teoria sembra indicare che la realtà fisica passa attraverso la partecipazione dell’osservatore con il coinvolgimento della mente; l’uomo è dotato di qualche cosa di “speciale” che non può essere trascurato nella ricerca del significato della nostra esistenza e quindi del nostro ruolo nell’universo. E questo qualcosa è appunto la mente.

Nel seguito tenterò alcune brevi “riflessioni” sulla questione prendendo in considerazione la fisica quantistica e una proprietà speciale dell’uomo, la mente, che dai media non viene mai messa in evidenza, ma che “potrebbe” fare di lui un essere importante per la natura della realtà stessa.

Allo scopo di fissare l’attenzione su alcuni punti ripercorrerò molto velocemente alcuni passaggi significativi della teoria, come idee, risultati sperimentali e discussioni che hanno condotto alla sua attuale interpretazione tanto incredibile quanto bizzarra.

Per quanto riguarda la mente, farò solo un rapidissimo accenno al complesso fenomeno, oggi oggetto di approfondite ricerche in molti importanti campi della scienza moderna.

1. ASSAGGI DI TEORIA QUANTISTICA

Nel secolo appena passato la fisica ha conosciuto una rivoluzione che ha sconvolto la comunità scientifica e convogliato l’attenzione sul rapporto tra osservatore e mondo osservato. Si tratta della teoria quantistica che ha avanzato l’idea che la consapevolezza dell’essere umano ha un ruolo essenziale per la natura della stessa realtà fisica.

È doveroso fare una premessa riportando due citazioni attribuite rispettivamente a Richard Feyn- man e Niels Bohr, premi Nobel per la Fisica 1965 e 1922: “Se credete di aver capito la teoria dei quanti, vuol dire che non l’avete capita” e “Quelli che non rimangono scioccati, la prima volta che si imbattono nella meccanica quantistica, non possono averla compresa”. Infatti, se facciamo uso del solo senso comune, la teoria è stravagante e incomprensibile. Però…però la teoria quantistica funziona!!! Ha dimostrato di essere qualcosa di ben concreto. Lo dimostrano le sue tante applicazioni che citerò più avanti.

Esistono varie interpretazioni della meccanica quantistica. In questo breve articolo aderirò all’interpretazione canonica che è stata oggetto di una approfondita discussione fra due grandi fisici come Einstein e Bohr. Ubi maior, minor cessat!

È dunque in questo contesto che proporrò alcune riflessioni.

Comportamento del microcosmo: l’imprevedibilità

La teoria è scaturita dall’esigenza di conoscere il comportamento dei fenomeni atomici e subatomici, in altri termini di conoscere il micromondo. E si è arrivati, all’inaspettata scoperta che è impossibile determinare il loro comportamento! Gli eventi quantici sono per loro natura imprevedibili e privi di causa.

Un esempio? Consideriamo i processi che avvengono nel fenomeno del decadimento radioattivo. Gli atomi radioattivi, se presi in gran numero, obbediscono alle leggi della statistica; ma è invece impossibile ad esempio determinare l’attimo esatto in cui un singolo nucleo decade. Il processo si presenta casuale e imprevedibile.

La teoria quantistica prende atto di questa indeterminazione e giunge alla conclusione che lincertezza del comportamento atomico è legge di natura. Quando si tratta del micromondo non valgono più le ben note leggi classiche, ma valgono quelle della roulette!

Il mondo atomico si materializza solo quando lo si osserva

Einstein non digerì la conclusione e scrisse la famosa frase: “Dio non gioca a dadi”. Questa innescò una forte polemica col fisico Niels Bohr sulla stessa struttura concettuale della teoria.

Se un elettrone esiste, cioè è un oggetto e non un’astrazione immaginaria – sosteneva Einstein – dovrebbe avere una “posizione” e un “movimento” ben determinati. Ma non sembra che in natura le cose vadano così. Le particelle subatomiche non seguono traiettorie certe e definibili. Si muovono nella confusione e nel caos.

E così la teoria afferma che: “È impossibile conoscere la posizione di una particella e, contemporaneamente, conoscerne le modalità di movimento”. Questo è il cosiddetto Principio di indeterminazione di Heisenberg, che sta alla base della meccanica quantistica.

Anche se l’idea può sembrare stravagante, secondo la teoria il mondo dell’atomo è indistinto e nebuloso: prende corpo nella realtà solo quando lo si osserva. In assenza dell’osservazione l’atomo è un fantasma.

Da notare, cosa non di poco conto, che siamo noia decidere cosa cercare: posizione oppure movimento, senza tuttavia avere la possibilità di conoscerli simultaneamente.

L’esperimento concepito da Einstein dà ragione a Bohr

Einstein non la pensava però allo stesso modo e riteneva che il mondo ha una sua esistenza sia che lo si osservi o non lo si osservi. Era d’accordo sul fatto che la nostra osservazione “scoprala realtà dell’atomo, ma che arrivi a “produrla” proprio no!

E allora? Esiste qualche modo per confermare o rigettare le idee tanto strane della nuova teoria? Einstein concepì così un esperimento che avrebbe dovuto fare crollare la montatura dei fantasmi quantistici di cui Bohr era un grande sostenitore. Furono così compiuti vari esperimenti, tra cui va ricordato il sofisticato e convincente esperimento del fisico Alain Aspect e collaboratori del 1982. E… – sorpresa! – il risultato fu che Einstein aveva torto e Bohr aveva ragione. L’interpretazione di Bohr aveva ricevuto una convalida sperimentale; così il concetto, secondo cui gli oggetti della cosiddetta realtà esistono a prescindere dalla nostra osservazione, andava rigettato. Era il crollo di una concezione consolidata… ma molto difficile da accettare!

Ora diventava necessario, se possibile, dare risposte a varie domande: Come avviene la “magia” che fa sì che il mondo atomico si materializza solo quando lo si osserva? Cosa avviene all’atto dell’“osservazione”? Cosa ha di tanto speciale un osservatore, come un essere umano, che gli permette di conferire realtà alle entità del nebuloso microcosmo?

Uno strano dualismo onda-particella.

È tutt’altro che facile dare delle risposte, capire il fenomeno dell’osservazione quantica. Tuttavia vari aspetti della teoria si comprendono (si fa per dire!!!) più facilmente se si tiene presente uno strano dualismo onda-particella.

Secondo questo dualismo un oggetto del micromondo, ad esempio un elettrone, si comporta tal- volta come una particella e talvolta come un’onda quantica.

Nella nostra comune concezione una particella è un corpuscolo di materia. Un’onda invece è una perturbazione che si diffonde. Abbiamo un’idea di onda pensando alle ben note onde elettromagnetiche oppure a quelle sonore o sulla superficie dell’acqua.

Nel caso di un’onda quantica non si tratta di un’onda fatta di qualche sostanza fisica. L’onda quantica è un’onda di “probabilità”. Ci dà la probabilità di trovare la particella in un determinato punto e che abbia certe proprietà, ad esempio possieda una data energia. In definitiva possiamo pensarla anche come un’onda di “informazione”, che ci racconta cosa possiamo conoscere della particella.

Il cruciale esperimento di Young

La strana idea del dualismo ha qualche fondamento sperimentale?

Direi proprio di sì. È famoso l’esperimento delle due fenditure di Thomas Young, che illustra la doppia natura, ondulatoria e corpuscolare della luce. E l’esperimento si può ripetere con elettroni, atomi e altre particelle, dimostrando così anche per loro la doppia natura.

La spiegazione dell’esperimento avanzata da Bohr non convinse tuttavia il solito Einstein che propose una diversa interpretazione. La conclusione della polemica fra i due fisici rafforzò l’idea che, quando si effettua una misura a livello quantico, lo sperimentatore ha un ruolo determinante nel fissare la natura della realtà.

È l’osservatore che proietta gli oggetti del nebuloso microcosmo in una condizione di autentica realtà e questa realtà non è separabile dall’osservatore; e così pure dalla strategia di osservazione. Quest’ultima comporta di solito il ricorso ad apparecchiature macroscopiche che sono fatte di atomi e così la realtà macroscopica è inscindibile da quella microscopica.

Osservazione: passaggio dalle onde alle particelle

Vediamo cosa si ipotizza che avvenga quando si fa una osservazione a livello quantico.

Consideriamo, come esempio, un elettrone che colpisce un bersaglio. L’elettrone, inteso come un’onda, rimbalza sul bersaglio sia verso destra che verso sinistra. E, fino a quando non si effettua l’osservazione, non è possibile determinare dove sia diretto. Tuttavia l’onda ha in sé codificate le informazioni relative a ciò che probabilmente troverà l’osservatore nel momento dell’osservazione. Così, quando si effettua l’osservazione, l’onda collassa in una condizione particolare che attribuisce un valore “definitoa ciò che è stato osservato: et voilà, les jeux sont faits! Ecco la realtà.

Un immaginario e geniale esperimento, elaborato da Erwin Schrödinger mette in evidenza un aspetto molto importante dell’atto di osservazione nella teoria quantistica.

Questo esperimento riporta la strana situazione (che non vado qui a descrivere) di un gatto chiuso in una scatola che, fin quando non viene effettuata l’osservazione, continua a permanere in un’impensabile condizione ibrida di “vita-e-morte”.

Ed è proprio con l’osservazione che viene tolto da questo stato e si prenderà coscienza di un gatto-vivo o gatto-morto.

Ruolo della mente

Molti sono stati i tentativi di interpretare l’osservazione quantistica.

Qualcuno ha prospettato l’ipotesi che sia l’informazione, legata all’elemento quantico, che quando si presenta alla mente dell’osservatore produce il collasso dell’onda, trasformando uno stato di condizione ibrida in uno stato ben preciso della realtà.

Oggi non pochi scienziati attribuiscono alla mente un ruolo decisamente fondamentale nella determinazione della realtà. Ritengono infatti che esistano concrete prove sperimentali a supporto dell’idea di una realtà non oggettiva, conferendo all’osservatore umano una capacità di influenzare l’universo fisico. Affermazione questa che può creare non poca incredulità, anzi generare in qualcuno una riluttanza a credere all’intero schema quantistico.

Molteplicità degli universi reali

Altri fisici hanno dato libero sfogo alla loro fantasia. A solo titolo di curiosità, citerò l’ardita interpretazione del fisico Hugh Everett, chiamata degli Universi paralleli. In questo schema si afferma che ogni volta che si compie una osservazione l’universo si scinde in due universi “reali”. (Nell’esempio del gatto chiuso in una scatola, avviene che in un universo il gatto è vivo e nell’altro universo è morto). La nostra mente si scinde in due menti che vanno ad abitare nei due distinti universi. Ciascuna percepisce solo l’universo in cui abita ed è convinta di essere unica e indivisa.

In questo approccio, per ricostruire la realtà ed evitare strane “situazioni” quantiche, si paga il prezzo di una “molteplicità” di universi reali!

Interazioni, non misurazioni

In un libro di recente pubblicazione il fisico J. Kerr affronta l’enigma del passaggio dall’onda alla particella che si ipotizza provocato dalla mente. Lo scienziato osserva come per effettuare una misurazione è sempre necessario che avvenga un’interazione, ad esempio lo scontro fra due elettroni. Kerr ed altri insigni fisici come C. Rovelli e N. Turock, suggeriscono l’idea che non sia la misurazione ma l’interazione a provocare il passaggio dall’onda alla particella. E questo lascerebbe mente, co- scienza ed osservatore fuori dal processo!

Tuttavia, fino ad ora, nessuno è stato in grado di spiegare come e perché le interazioni dovrebbero provocare il passaggio e così risolvere il problema. Kerr crede che la risposta stia nel tessuto dell’uni- verso.

È opportuno ricordare che Rovelli già negli anni ’90 aveva sviluppato una teoria in cui suggeriva l’idea. Ma proprio lo stesso fisico ha dichiarato: “Non capiamo ancora la meccanica quantistica. Se c’è qualcosa di chiaro è che non è chiaro”.

La teoria: messa alla prova in molti campi applicativi

Esistono prove della validità della teoria? Oggi sappiamo che la teoria è pienamente confermata da tante applicazioni pratiche.

La teoria sta infatti alla base di molti sofisticati dispositivi di punta dell’elettronica moderna. Ma più semplicemente possiamo pensare al laser (e alla chirurgia che oggi ne fa largo uso); ai moderni superconduttori e ai treni del futuro; all’energia nucleare. Da non dimenticare, i transistor e le nostre vecchie e care radioline.

Oggi la teoria entra in moltissimi campi della ricerca scientifica. Un esempio? La “Biologia Quantistica”. Con questa nuovissima scienza ci stiamo avviando a capire fenomeni che per secoli sono apparsi inspiegabili, come ad esempio la fotosintesi e il funzionamento degli enzimi (la base del nostro essere in vita); e questo avvio di conoscenza è ottenuto proprio attingendo allo strano mondo quantistico.

2. DUE PAROLE SULLA MENTE

Che cosa ha di tanto speciale il cervello? Direi non poco: è il fenomeno di natura che ci ha per- messo di superare le limitazioni della nostra eredità biologica e reso possibile il “processo evolutivo”. È infatti questo ente che, dotato della proprietà di elaborare l’informazione, ha consentito l’evoluzione. E l’uomo è l’unica specie in grado di farlo. Infatti solo l’Homo sapiens ha una base di conoscenza che a sua volta evolve, cresce esponenzialmente e viene trasferita da una generazione alla successiva.

È ben lontana da me l’intenzione di trattare in questo breve articolo l’enigma della mente. Tuttavia, forse affascinato come molti dai risultati ottenuti negli ultimi anni nello studio delle reti neurali,

nel seguito ne farò un rapidissimo accenno riportando la posizione di coloro che ritengono i fenomeni mentali una proprietà “emergente” del cervello.

Il mondo mentale

Noi umani abbiamo un cervello (purtroppo non sempre usato da tutti nel modo migliore!!!) com- posto da miliardi di cellule altamente specializzate, i neuroni, che lavorano del tutto ignari della loro organizzazione complessiva. Ma non è tutto. Abbiamo anche un’entità astratta di livello superiore che costituisce la mente affollata di “oggetti” non materiali come pensieri, sogni, emozioni, senti- menti, desideri e così via. Questo mondo pullula di informazione accumulata durante la nostra esperienza di vita. Anche questo mondo, evanescente e incorporeo, è ignaro dei neuroni: noi “pensiamo”, senza renderci conto del lavoro eseguito dalle cellule cerebrali.

Usando un linguaggio informatico oggi di moda, il mondo neurale, cioè la materia di cui è fatto il cervello, rappresenta in un certo qual modo l’hardware, ove i neuroni permettono rapidissimi scambi di informazione tramite segnali elettrochimici; mentre l’organizzazione della materia raffigura il software, il “programma”.

Là fuori esiste poi un mondo fisico formato da oggetti materiali con precise proprietà come posizione nello spazio, massa, carica e così via.

Il mondo del pensiero e l’universo fisico che ci circonda sono strettamente collegati attraverso gli organi sensoriali: la nostra mente riceve un continuo flusso di informazioni che genera un’attività mentale, come nuovi pensieri, nuove idee, nuove emozioni. Il mondo fisico fa da stimolo al mondo mentale e questo risponde tramite atti consapevoli di volizione. Si possono innescare quindi azioni che conducono ad un riassetto del mondo circostante.

È a questa attività fisica che va il merito della realizzazione dei multiformi straordinari “prodotti del pensiero umano”: un’affascinante scoperta scientifica, un incantevole dipinto, un avvincente romanzo, un’estasiante sinfonia.

La mente: una proprietà emergente

Viene spontaneo chiedersi da dove nasce il mondo mentale. Oggi molti studiosi della mente lo ritengono un fenomeno collettivo, che ha analogie con le proprietà “emergenti” che nascono nei sistemi a più componenti. Esempi? Una foto, un formicaio o la stessa vita. Andiamo a spiegarci.

È ben noto che un sistema a più componenti può possedere qualità che risultano assenti, o non significative, in ciascuno degli elementi che lo compongono. Prendiamo una foto: l’immagine di uno stupendo tramonto sul mare. Questa è formata da tanti puntini, ognuno dei quali da solo non raffigura

certamente un tramonto: questo prende forma solo quando osserviamo l’insieme, cioè tutti i puntini. Il tramonto è una proprietà di tutti i puntini ed è determinata dalla loro posizione. Questa è una proprietà detta emergente, che viene a galla solo a livello complessivo della struttura. L’immagine di una foto è un fenomeno collettivo, in cui “il tutto è più della somma delle singole parti che lo compongono”.

La vita stessa è un esempio di fenomeno collettivo. Un organismo vivente è costituito da normalissimi atomi. Il segreto della vita non si trova negli atomi che la compongono, ma nel modo in cui questi atomi sono “organizzati”; in altri termini, la vita trae origine dall’informazione codificata nelle strutture molecolari. Considerare un essere vivente niente più che un “ammasso di atomi” è un grosso errore. Le proprietà essenziali della vita sono qualità emergenti.

Dalla fisica quantistica ai meccanismi del pensiero umano e alla coscienza

È forse opportuno ricordare come gli studi di fisica quantistica hanno aperto la strada ad approfondite ricerche che oggi tendono alla realizzazione di sistemi estremamente complessi, ad esempio di super-computer (con capacita logiche e di calcolo enormemente superiori a quelle oggi disponibili) oppure di esseri artificiali dotati di autosufficienza.

Negli ultimi decenni si è pure passati velocemente dallo studio dei computer a quello dei meccanismi del pensiero umano!

Oggi la teoria quantistica dà luogo ad aspettative un tempo inimmaginabili. E così qualcuno si è chiesto: una più evoluta interpretazione della fisica quantistica potrebbe chiarirci qualcosa sulla co- scienza di cui attualmente sappiamo ben poco? Secondo una teoria proposta dal neuroscienziato Giulio Tononi, le caratteristiche che un sistema cosciente dovrebbe avere sono quelle di memorizzare, elaborare e richiamare grandi quantità di informazione per poi integrarle in un insieme unificato. E la coscienza potrebbe essere una proprietà emergente di una rete altamente integrata.

Forse con molta presunzione (!), viene da chiedersi: la fisica quantistica potrebbe un giorno trovare nella complessità del cervello la legittimazione delle sue idee? Forse è solo un’aspirazione non suscettibile di realizzazione, un’utopia che tuttavia potrebbe avere una funzione stimolante agli studi in questo campo della scienza.

3. E ALLORA?

Siamo proprio un nullanel contesto cosmico?

È appropriato pensare ad un essere umano, dotato di mente, come a un “qualcosa di insignificante”?

È giusto qualificarlo come un nulla più di un ammasso di cellule?

Le leggi di natura non negano un significato alla presenza umana

La conoscenza umana progredisce a ritmo esponenziale, ma forse siamo una civiltà ancora troppo giovane per comprendere il mistero del ruolo dell’uomo nell’universo.

Tuttavia ritengo che, alla luce delle conoscenze che la fisica quantistica oggi ci mette a disposizione, la mente – cioè la finestra aperta sul mondo alla nostra conoscenza consapevole – dovrebbe essere considerata un aspetto non trascurabile nell’organizzazione dell’universo e non una proprietà “accidentale” e “priva di senso” della natura.

Noi facciamo parte di una realtà fisica, un Tutto, intimamente connesso e interdipendente. Noi, siamo punti nodali di una rete nella quale ci scambiamo informazione e conoscenza.

Credo che qualunque tentativo di capire la realtà delle cose, e quindi anche quello di cogliere il significato dell’esistenza di esseri coscienti nel cosmo, dovrebbe partire non dal senso comune ma da un profondo fondamento scientifico; a meno che non si voglia scegliere uno schema di pensiero completamente diverso, qui non preso in considerazione, come ad esempio quello religioso.

Pensiamo un istante alle leggi di natura attualmente a noi note, a quelle leggi che governano in modo tanto straordinario l’Ordine cosmico e che consentono alla materia di auto-organizzarsi in sistemi tanto complessi come gli esseri umani. Ebbene quelle leggi non negano un significato alla presenza della specie umana.

Una nuova visione della realtà fisica.

Un tempo le nostre riflessioni sull’uomo spesso si richiamavano ad una sua proprietà, la sua dignità di essere pensante. Così scriveva Pascal: “L’uomo è soltanto una canna, la più fragile della natura; ma una canna pensante”.

Oggi noi, esseri umani, siamo più ricchi di conoscenza.

Oggi siamo in possesso di un patrimonio di dati sperimentali un tempo inimmaginabili che nell’ultimo secolo abbiamo raccolto dallo studio della natura guidati dalle idee quantistiche.

Oggi abbiamo testimonianze a sostegno della visione di una realtà fisica non oggettiva che attribuisce alla mente umana la potenzialità di influire sul mondo fisico. L’esistenza dell’uomo nel cosmo potrebbe avere un senso più profondo del solo fatto di esserci.

Una esistenza “voluta”

Nella parte conclusiva del suo libro “La mente di Dio”, il fisico e grande divulgatore Paul Davies, elenca alcuni traguardi che la conoscenza umana oggi ha raggiunto nel tentativo di comprendere i misteri della natura; quindi, per quanto riguarda la sua percezione del significato della nostra esistenza, così scrive:

Non posso credere che la nostra presenza in questo universo sia solo un gioco del fato… Il nostro coinvolgimento è troppo intimo: la specie fisica Homo può anche non contare nulla, ma l’esistenza della mente in un organismo di un pianeta dell’universo è sicuramente un fatto di importanza fondamentale. L’universo ha generato, attraverso degli esseri coscienti, la consapevolezza di sé: non può essere un dettaglio banale, un sottoprodotto secondario di forze cieche e senza scopo. La nostra esistenza è stata voluta”.

Con Davies si fa un passo oltre e si giunge a percepire un’esistenza umana “voluta”.

La scienza ha ancora molto da raccontarci

Malgrado il vistoso e innegabile successo della scienza moderna, sarebbe tuttavia ingenuo pensare che i progressi compiuti fino ad oggi possano averci portato ad una risposta esauriente e definitiva sull’enigma del ruolo da noi giocato nell’universo. Non dimentichiamo, fra l’altro, che al mo- mento attuale noi conosciamo appena il quattro per cento dell’immenso oceano cosmico!

Credo che ad oggi la fisica quantistica abbia ancora molto da raccontarci. Ad esempio, in futuro, potrebbe:

– offrirci imprevedibili conclusioni che ci svelino il mistero o almeno maggiori dettagli sul rapporto “mente-materia” che legittimino e valorizzino il ruolo della mente;

– ma anche rivelarci che la teoria quantistica è un abbaglio, un errore, un malinteso che funziona per caso;

– oppure svelarci che le idee quantistiche sono solo una tessera di un “puzzle” ancora irrisolto, un frammento di una “Teoria unitaria più profonda” che non abbiamo ancora ben definito attinente all’organizzazione dell’universo.

Una spiegazione razionale? Forse una chimera

Ma poi, sinceramente, possiamo sperare di ottenere un giorno la risposta ultima al nostro interrogativo? Ciò non potrebbe essere solo un’aspirazione, una affascinante chimera? Non potremmo imbatterci anche in questa ricerca dell’ultimo nei limiti godeliani del pensiero razionale umano?

Noi non conosciamo la strada possibile verso la risposta all’interrogativo del ruolo che noi occupiamo nell’universo.

E allora? Per ottenerla potrebbe non esserci altra possibilità che adottare un livello di comprensione del tutto diverso da quello della spiegazione “razionale”. Chissà…forse l’unica strada possibile potrebbe essere un’esperienza al di là delle consuete forme di conoscenza empirica o razionale, cioè fuori dal normale esercizio delle facoltà logiche e razionali; per capirci, l’unica strada possibile potrebbe essere la strada dell’esperienza “mistica”.

Elementi bibliografici

C. Rovelli, La realtà non è come ci appare. La struttura elementare delle cose, Raffaello Cortina, Milano 2014; Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi, Milano 2014.
F. Saporetti, Big Bang: chi ha acceso la miccia? Una straordinaria avventura scientifica, Pendragon, Bologna 2014; Coincidenze che consentono il fiorire della vita nell’universo, “Filosofia & Scienza”, aprile 2019, http://www.filo- sofiaescienza.it/category/biologia/.

G.Tononi, M. Boly, M. Massimini, C. Koch, Integrated information theory: from consciousness to its physical sub- strate. Nature Reviews Neuroscience, N. 17, pp. 450-461 (2016).
Jim Al-Khalili e Johnjoe McFadden, La Fisica dalla Vita, La nuova scienza della Biologia Quantistica, Bollati Boringhieri, Torino, 2015.

J. Kerr, The Unsolved Puzzle: Interactions, not Measurements, Gordon books, 2002-2019.
P. Davies, La mente di Dio. Il senso della nostra vita nell’universo, Mondadori, Milano 1993. R. Kurzweil, Come creare una mente. I segreti del pensiero umano, Apogeo, Milano 2013.
S. Hawking, L’universo in un guscio di noce, Mondadori, Milano 2001.

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