Cambiamenti climatici. Evidenti le responsabilità dell’attività dell’uomo

Isabel de Maurissens

L’IPCC (The Intergovernmental Panel on Climate Change), insieme all’IPBES (Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services) sono due organi intergovernativi indipendenti dell’ONU che seguono rispettivamente i cambiamenti climatici, la biodiversità e gli ecosistemi. Entrambi sono composti da esperti e scienziati che si impegnano a sistematizzare tutta la conoscenza scientifica prodotta a livello mondiale sugli ambiti di interesse dei due panel. I due organismi, benché indipendenti l’uno dell’altro, in realtà dialogano perché “le attività produttive guidate dalle attività umane, hanno unito e minacciano sempre più la natura, le vite umane, i mezzi di sussistenza e benessere in tutto il mondo. La perdita di biodiversità e il cambiamento climatico sono entrambi guidati da attività economiche umane e si rafforzano a vicenda. Né sarà risolto con successo a meno che entrambi non vengano affrontati insieme” (Ipbes, 2021).

Lo scorso 9 agosto è stato presentato dall’IPCC il sesto rapporto di valutazione sul cambiamento climatico. Il report, frutto del primo gruppo di lavoro composto dal 74% di uomini e dal 28% di donne, si occupa del clima dal punto di vista della fisica. Questo sesto report sistematizza la conoscenza acquisita finora (14.000 articoli scientifici valutati, 234 autori di 64 paesi). Mentre nel primo report del 1990 non si era giunti a dimostrare che le attività umane potessero influenzare il cambiamento climatico, il report IPCC del 2021 mette in luce senza mezzi termini la centralità delle attività umane e come esse abbiano un’influenza decisiva, a questo punto molto difficilmente reversibile, sul cambiamento climatico, rendendo gli eventi estremi più frequenti e gravi. I mezzi attuali di osservazione (come ad esempio i satelliti) e lo sviluppo delle conoscenze hanno considerevolmente migliorato i dati paleoclimatici e i parametri biogeochimici, permettendo di fare delle simulazioni ad alta precisione.

Certamente questo report sarà la base scientifica più significativa per la Cop26, la Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, così come lo fu il primo rapporto del IPCC per la Conferenza sul clima di Rio del 1992. La Conferenza di cui l’Italia è co-organizzatore insieme all’Inghilterra, avrà luogo a Glasgow (Scozia) dal 1 al 12 novembre 2021. Interessante il focal point per l’Italia, che riassume per punti le evidenze scientifiche del cambiamento climatico nel nostro Paese.

Uno dei punti forti del report è costituito dallo sguardo sulle realtà regionali attraverso l’Atlas interattivo , che fornisce dati regionali sul cambiamento climatico. In breve, il report è diventato molto più di un campanello d’allarme basato su dati scientifici e l’auspicio di tutta la comunità scientifica internazionale è che tali dati informino le scelte dei decisori politici che si incontreranno a Glasgow. I cambiamenti climatici sono una delle maggiori minacce non solo ambientali, ma anche sociali e economiche e le azioni di contrasto al fenomeno sono le cosiddette azioni di adattamento (la capacità dei sistemi, delle istituzioni, degli esseri umani e degli altri organismi di adattarsi a potenziali danni, per sfruttare le opportunità o per rispondere alle conseguenze, IPCC 2014) e di mitigazione (limitando o prevenendo le emissioni di gas serra e potenziando le attività che rimuovono questi gas dall’atmosfera, IPCC, 2018). Anche se in molti paesi, tra cui l’Italia, queste misure vengono messe in atto, la reazione è troppo lenta e inappropriata rispetto al fenomeno. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres’, ha definito questo sesto report il “codice rosso dell’Umanità”. Lo è sicuramente per i bambini: secondo un rapporto dell’ l’Unicef  la crisi climatica mette a rischio circa un miliardo di bambini (un bambino su due) e per questo l’Unicef ha creato un indice, il Children’s Climate Risk Index (CCRI). L’Italia, ad esempio, ha un rischio medio di 4.1. rispetto al 7.4 dell’India.

Parafrasando Godot, alla conoscenza seguirà l’azione? Glasgow sarà il meeting point tra le nazioni mondiali a favore del clima? Noi lo speriamo.

Nel frattempo siamo tutti chiamati ad agire per e con gli studenti. Ci sono contesti riferiti alle nostre sfere di azione: al livello scuola possiamo agire in molti modi, sia come cittadini sia come istituzione. Un’azione concreta che gli studenti o insegnanti possono fare è diventare Ambasciatori del Patto europeo per il clima, unendosi alla Community degli ambasciatori Euclipa. È necessario che molti cittadini lo diventino per monitorare che cosa viene realmente fatto a livello nazionale. Tutti possiamo diventare ambasciatori a livello europeo, livello che conta già circa una settantina di membri anche nel nostro Paese. Un’altra azione è considerare questa tematica come tema centrale nell’ambito dell’educazione civica, secondo le linee guide per l’insegnamento dell’educazione civica. Molte attività didattiche interdisciplinari possono essere progettate; ad esempio partendo dal calcolo della propria impronta ecologica a livello scuola, per poi analizzare gli ambiti in cui è possibile intervenire per ridurre il proprio impatto. La classe o la scuola possono anche impegnarsi nell’organizzazione di un evento all’interno del festival dello sviluppo sostenibile organizzato dall’ASviS che quest’anno avrà luogo dal 28 settembre al 14 novembre.

Ci sembra utile proporre in questo contesto nuove metodologie per affrontare questi temi complessi, come ad esempio l’attivismo didattico visuale (G.Losacco, I. de Maurissens, Loescher, 2021) basato su un metodo in tre fasi (photo elicitation, Native imagine making, attivismo didattico visuale) utile a sviluppare uno sguardo euristico su questo fenomeno, ovvero capace di generare conoscenza che porti all’azione. Molti siti o pubblicazioni propongono immagini per lavorare sul Goal 13 dell’Agenda 2030. Le immagini di satelliti del Global visual change della Nasa, ad esempio, possono essere utili per confrontare immagini dello stesso territorio a distanza di tempo. Il bel volume Un mondo sostenibile in 100 foto (E.Giovanni, D. Speroni, coll. M. Fugenzi, Laterza, 2019) è scaricabile gratuitamente dalle scuole e può essere utilizzato come photo elicitation. Infine Climate Visuals, una ricerca azione che permette di scaricare immagini in questa versione: Climate cause, climate impacts, climate solution.

Una ricerca del 2019 dell’Unesco ha messo in luce come i sistemi educativi affrontino i problemi del cambiamento climatico e come spesso lo facciano dal punto di vista prevalentemente cognitivo, tralasciando gli aspetti empatici e  soprattutto l’azione concreta. Tra le raccomandazioni della ricerca dell’IPCC , l’enfasi posta dagli scienziati è appunto sull’urgenza di agire.

La scuola può iniziare un percorso di conoscenza, ma soprattutto di consapevolezza, che sicuramente porterà l’opinione pubblica a mobilitarsi per prepararsi attivamente all’importante appuntamento di Glasgow.

https//:www.indire.it del 25 agosto 2021