L’Afghanistan torna all’inferno

Alidad Shiri*

Fa male vedere la propria città nelle mani dei fondamentalisti talebani. Avvertire un grande senso di impotenza fa star male come una malattia interiore. Le stesse scene che avevo già visto da piccolo si stanno ripetendo adesso. Le milizie dei turbanti con la barba lunga, i sandali ai piedi, con l’unico cambiamento dei capelli lunghi hanno i fucili in mano. Corrono uno a fianco dell’altro, uno dietro l’altro, sparando all’impazzata a lato, davanti e in aria, gridando: «Allah Akbar» (Dio è grande). Sono i talebani, “studenti di religione”, formatisi in scuole coraniche gestite da estremisti in Pakistan, con il pensiero fisso del martirio che secondo la loro dottrina vuol dire: se vieni ucciso, vai in paradiso, e devi uccidere per salvare l’Islam. Chi non è dalla loro parte è avversario da eliminare o da schiavizzare, come le donne. Un piccolo inciso sul ritiro delle forze occidentali, sul motivo per cui i talebani sono tornati ad essere più forti di prima, sul futuro delle donne afghane e dei giovani che non vogliono perdere la libertà.

Gli Stati Uniti insieme agli alleati stanno uscendo quasi del tutto dal territorio afghano in seguito ad un accordo siglato tra l’America, ancora sotto il governo Trump ed i talebani a Doha, in Qatar, ormai due anni fa. Il governo afghano che gli Stati Uniti avevano a suo tempo costituito è stato messo in disparte e gli unici interlocutori erano i talebani. Ideatore e padre di questo accordo è Zalmay Khalilzad, ex ambasciatore americano a Kabul, inviato speciale per l’Afghanistan di Trump, confermato da Joe Biden. Di origine afghana, appartenente all’etnia pashtun, aveva fatto credere ai due presidenti americani che i talebani avevano cambiato mentalità, sarebbero stati disponibili a rispettare i diritti umani, purché le forze occidentali si ritirassero. In un’immagine ripresa a Doha, Zalmay appare in atteggiamento molto amichevole e scherzoso nei confronti dei talebani presenti al tavolo delle trattative.

Un grande inganno, tanto è vero che in questi giorni i vari editoralisti americani parlano del tradimento del loro inviato speciale e chiedono le sue dimissioni. I talebani che già avevano un’entrata enorme dal commercio della droga, dai riscatti dei numerosi rapimenti, dai finanziamenti di alcuni paesi, quali il Pakistan che era e rimane il covo dei fondamentalisti, l’Arabia Saudita, l’Iran, la Russia, il Qatar, gli Emirati Arabi, tre miliardi di dollari annuali, hanno alzato la cresta, si sono sentiti ancora più forti per la legittimazione che hanno ottenuto presso vari paesi. Infatti i loro rappresentanti erano chiamati anche in Russia, in Cina, in Iran, Pakistan e altri stati. Inoltre i talebani hanno una macchina di propaganda molto forte, finanziata bene, usano la tecnica del terrore, pagano lautamente le loro milizie, mentre i soldati governativi non ricevono stipendio da molti mesi, sono buttati allo sbaraglio e si chiedono se vale la pena rischiare la vita per un governo corrotto, incapace di dare loro sicurezza e idealità.

Per questo i talebani stanno avanzando alla velocità della luce, occupando i territori, impadronendosi delle armi abbandonate dai soldati, addirittura carri armati, elicotteri, ed aerei, armi che non avevano mai avuto prima. Questo è un pericolo non solo per gli afghani, ma anche per altri paesi, perché mescolati a loro ci sono terroristi dell’Isis e di Al Qaeda. È un momento tragico per l’Afghanistan soprattutto per le donne ed i giovani. C’è molta paura, preoccupazione. Molti sfollati interni circa seicentomila, oltre l’80% costituiti da donne e bambini, secondo dati dell’Unhcr, stanno scappando dall’inferno che avevano già visto sotto i talebani più di 20 anni fa: una vita tutta chiusa, soprattutto per le donne che non potevano uscire mai da sole, non potevano studiare, né lavorare, né ascoltare musica, andare al cinema, o ballare. Adesso hanno paura di finire schiave sessuali dei talebani come già sta accadendo per molte di loro. Una donna sfollata al parco di Kabul con tre suoi figli mi racconta via social piangendo che una sua cugina di 15 anni è stata portata via dai talebani la sera prima, così loro la mattina successiva presto sono scappati come erano, senza poter portare via niente. Tantissime donne e ragazze mi stanno contattando, chiedendomi di aiutarle. Continuamente si vedono persone, soprattutto giovani che avevano studiato, avevano il sogno di migliorare il paese, ed ora vendono per le strade a poco prezzo tutto quello che hanno per potere fuggire e sopravvivere. Adesso i giovani devano fare urgentemente una scelta: perdere la loro libertà o la vita, oppure lasciare il paese che amano. La comunità internazionale ha speso in questi 20 anni miliardi di dollari, solo gli Stati Uniti oltre mille miliardi, l’Italia 8 miliardi, per finanziare le spese militari ma solo 792 milioni per progetti civili.

In questa ultima cifra con cui si sono finanziate scuole, un ospedale, il carcere di Herat e la costruzione di alcune strade, rientra la collaborazione delle persone locali, mediatori, interpreti, operai, ingegneri che hanno lavorato ed ora sono insieme alle loro famiglie nella lista nera dei talebani. Sono bloccati e nascosti con il rischio di essere catturati ogni momento, senza avere per ora dall’Italia alcuna protezione. Stanno anche rischiando la loro vita moltissimi attivisti, soprattutto donne e ragazze istruite che in questi anni hanno sfidato con tanto coraggio gli estremisti ed il maschilismo diffuso, oltre alla religione di cui volevano un rinnovamento.

*Alidad Shiri , scrittore e giornalista afghano

in “L’Adige” del 17 agosto 2021