Armi italiane per un miliardo all’Egitto

LUCA LIVERANI

Il governo di al-Sisi anche nel 2020 è stato il migliore cliente delle industrie di armi italiane. Con poco meno di un miliardo di euro di contratti autorizzati, l’Egitto per il secondo anno consecutivo si colloca in cima alla classifica. L’impatto della pandemia, dunque, non penalizza più di tanto l’industria delle armi. Un dato che sembra confermare l’allarme di Transparency International, che dedica un rapporto alla forte influenza dell’industria della Difesa sull’agenda politica italiana. L’Italia, dunque, fa la sua parte nella corsa agli armamenti: il Sipri di Stoccolma calcola che nel 2020 i governi del mondo hanno speso per gli eserciti 1.981 miliardi di dollari, 64 in più del 2019. A stilare la lista dei clienti dell’industria bellica italiana è la relazione annuale del governo al Parlamento. Nel 2020 quindi – fa sapere Rete italiana pace e disarmo – l’Egitto si è confermato destinatario del maggior numero di licenze, arrivando a 991,2 milioni di euro (più 120 rispetto agli
871,7 del 2019) grazie alla vendita di due fregate.

Nella lista dei clienti dell’Italia ci sono poi Stati Uniti (456,4 milioni) e Regno Unito (352 milioni). Quarto il Qatar, (212 milioni di euro, più 195 milioni rispetto al 2019), poi Germania (197,6) e Romania (169,6). Completano la lista la Francia (154,5), un altro governo autoritario come il Turkmenistan (149,5, nel 2019 al secondo posto), l’Arabia Saudita (144,4 milioni di euro in licenze nonostante il blocco su missili e bombe per la guerra in Yemen) e la Corea del Sud (134,8). Sopra i 100 milioni anche Emirati Arabi Uniti (117,6), altro stato della coalizione impegnata in Yemen. Il timore di alcuni analisti è che l’industria influenzi la politica estera italiana, riguardo alla corsa dell’Egitto con la Turchia per il controllo del Mediterraneo. È l’allarme lanciato nel rapporto «Analisi dell’influenza dell’industria della Difesa sull’agenda politica italiana» pubblicato da Transparency International, l’organizzazione internazionale che si occupa di corruzione.

«Attraverso donazioni politiche, incontri privilegiati con funzionari pubblici, finanziamenti di think tank, passaggi di alcune persone da ruoli nel settore pubblico al settore privato e viceversa (le ‘porte girevoli’) – afferma Trasparency – le aziende del settore della difesa hanno un maggiore accesso a risorse, informazioni e contatti che possono tradursi in un’influenza eccessiva sulle politiche legate alla sicurezza nazionale». Per Natalie Hogg, direttrice di Transparency International – Defence and Security ( TI-DS), l’influenza eccessiva dell’industria «nel settore della difesa può significare forze armate mal equipaggiate, elusione dei controlli sulle esportazioni di armi e contratti stipulati per garantire il guadagno di pochi a discapito della società nel suo complesso».

Di certo c’è che anche l’Italia contribuisce alla corsa agli armamenti. Il Sipri, prestigioso istituto di studi sulla Pace di Stoccolma, calcola che nel 2020 i governi del mondo hanno speso per gli eserciti 1.981 miliardi di dollari, 64 in più dell’anno precedente. Le spese militari mondiali sono aumentate nel 2020 del 2,6% in termini reali (+9,3% nell’ultimo decennio) I primi 10 paesi sono Stati Uniti (778 mld), Cina (252), India (72,9), Russia (61,7), Regno Unito (59,2), Arabia Saudita (57,5), Germania (52,8), Francia (52,7), Giappone (49,1), Corea del Sud (43,7). E undicesima l’Italia (28,9).

Anche nel 2020, grazie a due fregate Fremm, il Cairo è il miglior cliente dell’export bellico con 991 milioni. Allarme di Transparency: l’industria influenza la politica. E arriva a 1.981 mld di dollari la spesa mondiale.

in “Avvenire” del 29 aprile 2021

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