La sfida di papa Bergoglio al capitalismo contemporaneo

Paolo Rodari

Papa Francesco torna ad affrontare il tema della proprietà privata: condividerla, ha detto ieri, «non è comunismo, è cristianesimo allo stato puro».

Dopo le parole spese in merito nel novembre scorso — il diritto alla proprietà privata «non è intoccabile » — e dopo le righe dedicate al tema nella enciclica “Fratelli tutti” — è solo «un diritto naturale secondario e derivato dal principio della destinazione universale dei beni creati» — ecco
altre parole pronunciate questa volta riprendendo gli Atti degli Apostoli che raccontano come nessuno «considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era in comune». Di qui il forte appello del Papa a vivere la condivisione: «Non rimaniamo indifferenti» alle piaghe altrui, «non viviamo una fede a metà, che riceve ma non dà, che accoglie il dono ma non si fa dono», ha spiegato ieri. «Siamo stati “misericordiati”, diventiamo misericordiosi».

Il messaggio di Francesco sembra voler suonare chiaro al cuore del capitalismo contemporaneo, e quasi delinea un quadro di riferimento morale per tutta l’economia del XXI secolo. Il Papa non ha un suo piano economico di riferimento. Sbagliano, in questo senso, coloro che cercano di tirarlo dalla propria parte. Tuttavia, anche se il suo intento è soprattutto quello di voler sollevare una questione morale — ai cristiani, in particolare, chiede di non vivere «una fede a metà», fatta di celebrazioni e preghiere ma con una sostanziale indifferenza nei confronti degli altri — il suo messaggio, come ha scritto anche l’economista Jeffrey D. Sachs, «è fondamentalmente sovversivo nei confronti degli atteggiamenti prevalenti nei corridoi del potere americano, a Wall Street come a Washington». Proprio per questo, ha continuato «la sua importanza è cruciale. Troppi tra i ricchi e i potenti negli Stati Uniti sono in balia di una ideologia economica che pone il diritto di proprietà sopra la dignità umana, persino al di sopra della sopravvivenza delle persone. Troppi credono che la moralità sia il risultato del mercato».

In “Fratelli tutti” Papa Bergoglio ha richiamato il pensiero di Giovanni Crisostomo e di Gregorio Magno che sostengono il fatto che il sovvenire ai bisogni primari verso gli ultimi è «un restituire ciò che ad essi appartiene». Citando Paolo VI e Giovanni Paolo II, Francesco ha affermato che il diritto alla proprietà, bene da disporre in comune con gli altri, «ha conseguenze molto concrete, che devono riflettersi sul funzionamento della società».

Le parole del Papa, secondo quanto dichiarato dall’economista Stefano Zamagni a Vatican News, hanno un aggancio con la Costituzione italiana. Nell’articolo 43 si parla infatti di proprietà comune: «La proprietà privata non basta. Bisogna renderla compatibile con forme di proprietà pubblica ma, soprattutto, con forme di proprietà comune».

in “la Repubblica” del 12 aprile 2021

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