“Uomini e donne in lockdown. Vita e lavoro ai tempi del covid-19”. Indagine Acli 2021

FEDERICA VOLPI

Indagine promossa dal Coordinamento Donne Acli

Negli ultimi mesi, in Italia e non solo, il Coronavirus e le misure intraprese per contrastarlo hanno imposto un grande cambiamento nelle vite delle persone e di molti lavoratori, che si sono trovati spesso nella necessità di riadattare la propria routine di lavoro entro i confini delle mura domestiche. Non solo. Le limitazioni alle libertà fondamentali hanno cambiato il nostro modo di vivere, lavorare, socializzare, fare acquisti, ecc. Le trasformazioni indotte dalla fase di contrasto al virus hanno, e presumibilmente avranno, effetti sulle persone anche al di là della fase contingente:
molto muta anche nella vita di relazione rispetto a ciò a cui eravamo finora abituati, a partire dal doversi confrontare con un’accresciuta incertezza e perdita di controllo, con una immanente precarietà della vita. Ci si può, dunque, interrogare su quali riflessioni induca questo periodo e quali cambiamenti a livello individuale e collettivo, dal momento che secondo alcuni l’esperienza
di questi giorni sarebbe in grado di risvegliare il senso di solidarietà e prendere le misure dalle scelte sbagliate del passato, riscontrando quanta strada abbia fatto l’egoismo sociale e l’individualismo (Galimberti, 2020).

Come premesso, di questi tempi a cambiare molto è di certo il lavoro, improvvisamente proiettato dentro un gigantesco esperimento di lavoro agile. In realtà, non solo per le dimensioni del fenomeno ma anche per le caratteristiche particolari, non si potrebbe qualificarlo come smart working, ma piuttosto come lavoro da casa obbligato. Come che sia, però, questo imponente cambiamento ha imposto una rapida quanto imprevedibile negli esiti riorganizzazione dei tempi, degli spazi e delle modalità di lavoro, con conseguente impatto sulla vita dei lavoratori, oltre che delle strutture lavorative.
In ogni caso il paesaggio è profondamente mutato, con grande influenza sulla vita di ciascuno. È altrettanto interessante, allora, valutare quale capacità di adattamento gli individui mettano in campo e quale nuovo equilibrio di vita siano in grado di creare, facendo i conti con il ritorno alla pseudonormalità delle fasi di riapertura e di allentamento del lockdown, che, specialmente sotto il profilo sociale ed economico, non nascondono minori insidie della fase di stretta emergenza sanitaria.

È assai probabile che tali mutamenti non abbiano una ricaduta identica su tutti gli individui, poiché è presumibile che le disuguaglianze legate ai differenti gradi di fragilità sociale ed economica, nonché alle differenze di genere, di generazione e di nazionalità già fortemente presenti nel nostro Paese, giochino un ruolo rilevante nel definire l’impatto dell’attuale crisi sulle persone.
Da un certo punto di vista, una crisi di tale portata, paragonata da alcuni alla discontinuità che genera una guerra, ha il potere di svelare la fragilità delle società complesse, come la nostra. Allo stesso modo può costituire, però, un’occasione per una migliore consapevolezza della propria vita e per un ripensamento circa il funzionamento della vita sociale. Può, in altri termini, in maniera più drammatica e diretta, porre gli individui di fronte all’interrogativo circa quali stili di vita preferire e adottare dopo la pandemia, quali modi di consumare, quali modalità per lavorare, quali modi di relazionarsi.

Se, come ha scritto Yuval Harari, il futuro altro non è che la sommatoria delle scelte operate nel passato, il mondo “dopo il coronavirus” lo stiamo costruendo ora. È, dunque, della massima importanza registrare quali sono le percezioni e gli atteggiamenti dei cittadini per avere informazioni chiare circa quanto si va sviluppando. L’epidemia potrebbe rappresentare un importante spartiacque nel ridisegnare le biografie personali e collettive, i rapporti di forza tra individui e gruppi, l’organizzazione sociale così come l’abbiamo finora conosciuta. Pertanto, una crescita di conoscenza circa quanto sta prendendo forma appare di grande rilevanza, per iniziare anche a constatare l’impatto più a lungo termine delle strategie pubbliche e private messe in atto nell’emergenza: quanto, ad esempio, la distanza fisica si tradurrà in distanza sociale è un elemento di grande rilevanza per la vita comunitaria e di alto interesse per il ricercatore sociale.

Per approfondire questi aspetti e, in maniera più specifica, tentare una prima valutazione dell’impatto delle misure di lock down su uomini e donne, il Coordinamento Donne Acli, con la collaborazione tecnica di Iref, ha deciso di lanciare un’indagine che facesse emergere l’esperienza che i cittadini – posti di fronte ad uno scenario tanto inedito quanto imprevisto – hanno compiuto e stanno compiendo. Come hanno affrontato questa fase? Come hanno gestito il lavoro? Quali sono state e sono le loro percezioni? Cosa pensano del prossimo futuro? Questi sono alcuni degli interrogativi che hanno guidato l’indagine, tesa a rilevare le eventuali difficoltà riscontrate ma anche le opportunità offerte da questa insolita situazione.

(Testo tratto da Indagine promossa dal Coordinamento Donne Acli Uomini e donne in lockdown vita e lavoro ai tempi del covid-19 a cura di Federica Volpi)