Donne, più lavoro e zero stereotipi

Linda Laura Sabbadini

Oggi si apre la 65esima sessione della Commission of the status of women, la commissione dell’Onu che si occupa dell’uguaglianza di genere. L’appuntamento, che ogni anno per due settimane vede donne di tutto il mondo, delegazioni governative e Ong impegnate a dibattere e decidere, stavolta sarà virtuale.
L a delegazione del nostro Paese sarà guidata dalla ministra Elena Bonetti. E vi parteciperà pure Women20, il gruppo del G20 che si occupa dell’uguaglianza di genere per la società civile, di cui sono Chair. Women20 è al lavoro per la definizione delle proposte fondamentali per l’avanzamento dell’uguaglianza di genere. A luglio si terrà il summit delle donne per il G20 di Women20 da cui usciranno le raccomandazioni per i Leaders che consegneremo, come da prassi, al presidente del Consiglio Draghi.

Ed ecco gli assi strategici su cui Women20 si batterà. Primo asse strategico. Trasformare l’ottica difensiva, dei “piccoli passi”, dell’inclusione delle donne, nella visione sfidante di empowerment delle donne. Nel senso pieno dell’affermazione di sé a tutti i livelli, anche nei ruoli decisionali. Le donne non sono un soggetto svantaggiato da includere. Sono la metà del mondo. Se non si adotta una strategia di empowerment, non solo si calpestano i diritti delle donne, ma sarà il mondo a rimetterci. Nell’istruzione bisogna eliminare le barriere all’ingresso a determinati ambiti (Stem), e così nell’accesso e permanenza sul lavoro, nei luoghi decisionali. Azioni positive e misure di gender procurement devono essere adottate dai Paesi.
Cioè negli appalti pubblici dovranno essere introdotti punteggi premiali per le imprese che hanno maggiore presenza femminile nei livelli decisionali alti. Misure per combattere il monopolio maschile delle decisioni sono cruciali per fare un balzo. Anche in sanità.

Secondo asse strategico. Forte impulso alla crescita dell’occupazione femminile. Non come diceva l’obiettivo di Brisbane del G20 del 2014 che puntava all’aumento della popolazione attiva, che comprende sia occupati che disoccupati. Scegliamo bene gli obiettivi. Andare oltre Brisbane,
puntare al lavoro femminile. Alla crescita quantitativa e qualitativa. Rimuovendo tutti gli ostacoli.
In tutti i settori, anche quelli ad alta prevalenza maschile. Adottando misure per alleggerire il carico di lavoro familiare delle donne tramite forte potenziamento dei servizi sociali, sanitari e dell’istruzione. Soprattutto pubblici. Congedi di paternità sufficientemente lunghi per sviluppare processi di condivisione delle responsabilità familiari. Sviluppo dell’imprenditoria femminile, con incentivi, accesso al credito e forte investimento in formazione soprattutto nei settori nuovi, green e digital. Impegno serio nella eliminazione del gap digitale di genere, negli studi, nel lavoro, nella vita quotidiana. L’intelligenza artificiale ha bisogno del lavoro di squadra di uomini e donne se non
vogliamo che si riproducano stereotipi di genere.

Terzo asse strategico. Adottare un piano mondiale contro gli stereotipi di genere e per il cambiamento culturale. Far crescere la consapevolezza della loro esistenza è fondamentale per combatterli. Gli stereotipi vengono interiorizzati fin dall’infanzia e condizionano i comportamenti delle donne che si autolimitano inconsapevolmente nella realizzazione dei propri desideri. E anche degli uomini. Per questo gli interventi devono essere condotti in maniera sistemica e permanente, con piani nazionali finanziati massicciamente. Le azioni devono accompagnare la scolarizzazione fin dall’infanzia.
Azioni di empowerment e role modelling, utilizzo dei media, linguaggio, introduzione di una materia su come agiscono gli stereotipi in tutti i percorsi universitari, azioni formative sui soggetti il cui agire diventa moltiplicatore verso tutti gli altri, come insegnanti, assistenti sociali, medici, psicologi. Interventi anche sulla cultura del rispetto e della cura.

Quarto asse strategico. Un piano mondiale contro la violenza sulle donne, potenziando tutte le forme di accompagnamento nel percorso di uscita dalla violenza, attraverso la conquista dell’autonomia anche economica. Sviluppando centri antiviolenza e case rifugio sui territori, rendendo i luoghi della sanità e della polizia adatti ad accoglierle. Sviluppando un approccio olistico e investendo sulla formazione di tutti gli operatori in campo.

Quinto asse strategico. Accompagnare la transizione ecologica valorizzando i talenti femminili che hanno guidato le battaglie in difesa della Terra e sono state pilastro contro la pandemia. E sviluppare la ricerca nel campo della medicina di genere.

in “la Repubblica” del 15 marzo 2021