Istruzione e formazione. Nonostante alcuni progressi l’Italia è lontana dall’Europa.

ISTAT, Rapporto BES 2020

Per monitorare i gradini della scala per il raggiungimento di un livello di istruzione adeguato, i due indicatori principali sono la quota di persone di 25-64 anni con almeno il diploma superiore e la quota di persone di 30-34 anni che hanno conseguito un titolo universitario o altro titolo terziario. Sebbene questi due indicatori siano costantemente in crescita, appare evidente come l’Italia non riesca a recuperare la differenza rispetto alla maggior parte dei paesi dell’Unione europea. Nel secondo trimestre 2020, in Italia, il 62,6% delle persone di 25-64 anni ha almeno il diploma superiore rispetto a una media europea del 79%, 16 punti percentuali in meno. Si registrano percentuali più basse solo a Malta (57,4%) e in Portogallo (55,2%). La quota di giovani di 30-34 anni che ha conseguito un titolo universitario o terziario è del 27,9%, rispetto al 42,1% della media europea, penultimi in graduatoria prima della Romania (25,2%) e a una distanza di 14 punti dall’Europa.

In Sicilia e Puglia, la quota di persone di 25-64 anni con almeno il diploma superiore, nel secondo trimestre 2020, è circa 52%, 10 punti percentuali in meno rispetto alla media italiana e circa 20 punti in meno rispetto alle regioni con i valori più elevati, quali province autonome di Bolzano e Trento, Friuli-Venezia Giulia, Lazio e Umbria, che superano il 70%. Parallelamente, la quota di persone di 30-34 anni che, nel secondo trimestre 2020, risultano in possesso di un titolo universitario è circa il 33% nel Centro, il 30,9% nel Nord e solo del 21,7% nel Mezzogiorno.

Le donne hanno risultati migliori degli uomini per molti indicatori di istruzione e formazione: il divario nella quota di persone di 25-64 anni che sono in possesso di almeno un diploma superiore, nel secondo trimestre 2020, è di 4,7 punti percentuali a favore delle donne (64,9% tra le donne e 60,2% tra gli uomini). Per i titoli di studio terziari il divario è ancora più ampio: il 21,7% degli uomini di 30-34 anni possiede un titolo di studio terziario contro il 34,3% delle donne. Nonostante tra le donne ci siano più laureate, il divario con gli altri paesi europei è ancora significativo: nella media dei paesi dell’Unione europea il 47,1% di donne di 30-34 anni sono laureate, 13 punti percentuali in più.

Ancora troppi i NEET e i ragazzi che escono precocemente dal sistema di istruzione e formazione

La quota di coloro che non studiano e non lavorano (i NEET) tra i giovani di 15-29 anni rimane alta e ritorna a crescere, dopo alcuni anni di diminuzioni, fino a interessare il 23,9% di giovani nel secondo trimestre 2020 (era il 21,2% nel secondo trimestre del 2019). Incide particolarmente la componente dovuta all’inattività, specie nelle regioni del Centro-Nord, dove la ricerca di lavoro ha subito una brusca interruzione dovuta alla pandemia di COVID-19. Altrettanto alta è la quota di giovani che escono prematuramente dal sistema di istruzione e formazione dopo aver conseguito al più il titolo di scuola secondaria di primo grado (scuola media inferiore). Nel secondo trimestre 2020, in Italia, il percorso formativo si è interrotto molto presto per il 13,5% dei giovani tra 18 e 24 anni, valore che risulta stabile rispetto al secondo trimestre del 2019.
Il fenomeno dell’uscita dal sistema di istruzione e formazione preoccupa, soprattutto, in termini di disuguaglianze. Attraverso l’esame dei dati del 2019, con i quali è possibile avere una fotografia delle caratteristiche di chi lascia la scuola prematuramente, emerge come la prosecuzione nel percorso formativo, le competenze apprese e le scelte successive sono determinate ancora in maniera elevata dal contesto socio-economico di provenienza. Il titolo di studio dei genitori condiziona fortemente la riuscita scolastica e la permanenza nel sistema di istruzione e formazione. I figli di genitori con al massimo il diploma di scuola secondaria inferiore hanno un tasso d’uscita dai percorsi di istruzione e formazione del 24%, che si riduce al 5,5% tra i figli di genitori con il diploma di scuola secondaria superiore e all’1,9% tra i figli di genitori con almeno la laurea. Analogamente, i figli con almeno un genitore occupato in professioni qualificate e tecniche abbandonano gli studi nel 2,5% dei casi rispetto al 24% dei figli di genitori occupati in professioni non qualificate. Tra i maschi e tra gli stranieri, inoltre, la quota di coloro che abbandonano gli studi è, rispettivamente del 15,4% e del 36,5%, più elevata se confrontata con quella delle ragazze (11,5%) e dei giovani di cittadinanza italiana (11,3%).

Più donne laureate rispetto agli uomini, ma meno laureate nelle discipline scientifiche

Proseguendo nel percorso formativo, lo studente ha la possibilità di iscriversi all’università o ad altri percorsi terziari. Soltanto la metà dei neo-diplomati si iscrive per la prima volta all’università nello stesso anno in cui ha conseguito il diploma di scuola secondaria di II° grado. Le immatricolazioni, come gli esiti degli studi universitari, sono fortemente influenzati dalla facilità nell’accesso ai corsi (costi contenuti, borse di studio), dalla flessibilità dei programmi, dalla varietà dei percorsi offerti e dalla loro diffusione territoriale. L’esame dei flussi di persone che escono con un titolo universitario sintetizza la capacità di un paese di accrescere per i propri cittadini le opportunità fondate sulla conoscenza e di preparare i potenziali futuri lavoratori con competenze specialistiche avanzate. In tempi di rapida innovazione tecnologica, le competenze nelle discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) diventano di particolare rilevanza. Ciononostante, solo un giovane su quattro in Europa ha conseguito un diploma di istruzione terziaria in tali discipline, e le donne laureate in discipline STEM sono la metà rispetto agli uomini. La scelta di iscriversi a percorsi STEM, piuttosto che ad altri programmi di istruzione terziaria, spesso dipende dai risultati ottenuti nella scuola secondaria, ma entrano in gioco anche le percezioni e gli atteggiamenti sociali generali.

Nell’insieme dell’Unione europea, nel 2018 hanno conseguito un titolo terziario poco meno di 4 milioni persone. Questo flusso rappresenta il 7,7% della classe 20-29 anni, popolazione di riferimento utilizzata convenzionalmente per misurare l’intensità del fenomeno. In Italia, nel 2018 circa 400 mila persone hanno conseguito un titolo terziario per un’incidenza pari al 6,4%, in crescita costante negli ultimi anni (era il 4,2% nel 2010). Raggiungono un titolo terziario più donne che uomini: in Italia, nel 2018, sono state 231 mila le donne, contro 169 mila uomini, pari a circa 7,6 ogni 100 donne e 5,2 ogni 100 uomini, e la crescita negli ultimi 5 anni ha riguardato entrambi i generi (nel 2013 erano 6,9 donne e 4,5 uomini ogni 100) e tutte le discipline. Rimane ampia la differenza nella scelta del corso di laurea da seguire: su 100 donne laureate, solo 16 ottengono un titolo terziario nelle competenze tecnico-scientifiche STEM (pari a circa 38 mila donne), mentre su 100 uomini laureati quelli che lo sono in tale ambito raggiungono i 35 (pari a circa 59 mila uomini).

Le competenze dei ragazzi diseguali per estrazione sociale

L’abbandono della scuola è soltanto la punta di un iceberg. La difficoltà di alcuni ragazzi/e a proseguire in maniera soddisfacente il percorso scolastico e formativo inizia precocemente all’interno della scuola e i livelli di competenza sono influenzati in maniera diseguale da alcune caratteristiche: genere, cittadinanza, condizione socioeconomica e culturale della famiglia. Le competenze inadeguate si perpetuano negli anni e influenzano la scelta del percorso scolastico, l’apprendimento e, in ultimo, la decisione di abbandonare la scuola.

Nell’anno scolastico 2018/19 la quota di ragazzi del secondo anno delle scuole di secondo grado, che non hanno raggiunto un livello di competenza alfabetica sufficiente, è stata del 30,4%, con variazioni molto ampie sul territorio, passando dal 41,9% nel Mezzogiorno al 20,7% nel Nord . Le disuguaglianze sono ampie anche per genere, classe sociale e cittadinanza, con il 34,4% di insufficienti nelle competenze alfabetiche tra i ragazzi contro il 26,3% tra le ragazze; il 54,2% tra i ragazzi stranieri di prima generazione, rispetto al 27,8% tra i ragazzi nati in Italia da genitori italiani, e il 46,5% tra i ragazzi appartenenti al quartile socioeconomico e culturale più basso8, rispetto al 19,4% tra coloro che vivono in famiglie più agiate. Inoltre, la quota di in- sufficienti è più elevata tra gli studenti degli istituti professionali (66,7%) che tra gli studenti dei licei (16%).

La competenza matematica inadeguata riguarda un collettivo di ragazzi più ampio (37,8% in media in Italia) e ricalca le caratteristiche emerse nelle competenze alfabetiche, con un’unica differenza per il genere: in matematica le ragazze non hanno raggiunto livelli sufficienti nel 42,2% dei casi mentre i maschi nel 33,5%.

Al netto dei fattori fin qui emersi, è interessante analizzare quali altri stimoli possano essere protettivi rispetto al rischio di non raggiungere un livello di competenze adeguate nelle due materie quali: avere a disposizione nella propria abitazione libri, una connessione internet e un pc; aver frequentato la scuola dell’infanzia; parlare in casa prevalentemente italiano piuttosto che un’altra lingua.

In particolare, poter contare su una ricca presenza di libri in casa (più di 100), a parità di altre condizioni, si associa ad una probabilità di raggiungere competenze sufficienti 2 volte e mezzo più alta rispetto a non aver a disposizione libri o averne meno di 25. L’effetto protettivo della frequenza alla scuola dell’infanzia è più debole ma comunque significativo, con un 34% di probabilità in più tra chi è andato alla scuola dell’infanzia di avere competenze adeguate rispetto a chi non l’ha frequentata. Parlare in famiglia in italiano anche per gli scambi quotidiani facilita le competenze (63% in più rispetto a chi parla abitualmente una lingua diversa dall’italiano). Possedere un pc e una connessione ad internet aiuta nello sviluppo di competenze: 59% di probabilità in più rispetto a chi non ha una connessione e un pc. Tra i ragazzi che provengono da famiglie svantaggiate è interessante notare come poter utilizzare un pc e una connessione di rete faccia aumentare la probabilità di avere competenze adeguate (69%).

(Testo tratto da ISTAT, BES 2020, pp. 61-67. Per saperne di più vedi il Rapporto)