Per una politica agricola europea ecologica

CARLO PETRINI

Queste giornate che stiamo vivendo sono decisive, e non solo in Italia. A livello europeo è tempo di mettere alla prova il Parlamento Europeo su un qualcosa che inciderà da qui al 2027. Oggi i parlamentari sono infatti chiamati a votare – in rigorosa modalità remota – in merito alla nuova proposta della Commissione sulla Politica Agricola Comune (Pac) e a dimostrare così se si vuole davvero investire nella transizione ecologica tanto chiacchierata.
Sappiamo bene i limiti e le contraddizioni della scorsa Pac, e sappiamo bene quanto fosse necessario ripensarla anche alla luce di ciò che abbiamo visto e imparato dalla crisi climatica che stiamo attraversando, e dall’arrivo del Covid-19. Se la percezione del disastro ambientale è ancora purtroppo basso, questa pandemia invece non lascia dubbi su quanto il sistema che abbiamo creato, anche a livello agroalimentare, sia dannoso per le persone e per l’ambiente. La necessità del cambio di paradigma non è più una opinione di pochi, ma realtà sotto gli occhi di tutti. Il cibo in questo ha un potere enorme.
La politica agricola comune post 2020 deve avere l’ambizione di rappresentare la prima vera risposta alle crisi che stiamo vivendo, giocando un ruolo deciso a vantaggio di realtà produttive fortemente ancorate al suolo e al suo benessere, e quindi legate alla biodiversità e alla sua salvaguardia. Una Pac capace di guidare l’agricoltura verso una vera transizione ecologica, che non pensi più al garantire semplicemente sicurezza alimentare, ma mirando al concetto più complesso e completo di sovranità alimentare, per tutti e in particolare per gli agricoltori di piccola scala.

Negli ultimi sette anni, infatti, si può dire che la Pac abbia impiegato oltre un terzo del bilancio Ue in qualcosa che è bel lontano sia dalle idee del Green Deal – che infatti ha disperatamente bisogno di una riforma radicale della politica agricola per avere successo – sia dall’idea di giustizia sociale, avendo puntato a intensificare l’agro-industria e facendo sì che il 20 per cento delle aziende agricole europee ricevessero l’80 per cento dei sussidi. La semplice domanda che i nostri parlamentari si devono porre è quindi: come vogliamo spendere i 390 miliardi previsti per il periodo 2021-2027?
Supportando quegli agricoltori di piccola e media scala che ne hanno davvero bisogno, aiutandoli magari ad applicare tecniche e strumenti più sostenibili, o sovvenzionando i giganti del cibo, contribuendo all’accentramento di ricchezza e potere?
Se guidati dal buon senso e dal desiderio di lavorare per il bene comune (e non per gli interessi di pochi), sbagliare è pressoché impossibile: il lavoro fatto in primavera dalla Commissione è stato sorprendente e ha segnato una strada chiara e inequivocabile che va, timidamente ma con convinzione, nella direzione giusta. Basta seguirla. Prima di allora infatti – parlo in particolare delle strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030 di maggio scorso – non si era mai parlato di sistemi alimentari in maniera così decisa e non ci si era mai posti dei target così alti. Le due strategie proposte, infatti, prevedono entro il 2030 la riduzione del 50% nell’uso dei pesticidi, del 50% in antimicrobici e del 20% nell’uso dei fertilizzanti, oltre al 25% del territorio agricolo Ue coltivato in biologico (pari a tre volte tanto rispetto ad oggi). Perché queste ambizioni non rimangano chimere, la prima cosa da fare è che la nuova Pac si allinei a queste strategie.

Se dovessero andare in porto, questa nuova visione obbligherà molti a ripensarsi e reinventarsi totalmente, per il bene di tutta la società. È questo il tempo del coraggio e del cambiamento.
Confido allora nella saggezza dei nostri ministri e parlamentari: che ne abbiano per fare le scelte giuste e per prendersi le proprie responsabilità. Diversamente, che non si punti il dito contro Bruxelles, accusandola di essere distaccata e di affossare i tentativi di miglioramento: in quel triste caso, i responsabili saranno coloro che abbiamo scelto noi e che domani avranno il potere di votare.

in la Repubblica, in “la Repubblica” del 21 ottobre 2020