Ri-fondare l’Europa e ri-costruire una economia europea competitiva

PAOLA SEVERINO

Ricorrono oggi 70 anni dal giorno in cui l’allora ministro degli Esteri francese Robert Schuman, il 9 maggio 1950 proponeva, con un discorso passato alla storia, la creazione di una Comunità europea del carbone e dell’acciaio, posando così la prima pietra di quell’edificio che oggi conosciamo come Unione Europea.

Appare dunque una straordinaria coincidenza che proprio ieri, nella riunione dell’Eurogruppo, sia stato deliberato, in piena adesione alla proposta formulata dal vicepresidente della Commissione europea Dombrovski e dal Commissario europeo Gentiloni, di erogare una nuova linea di credito del Mes. Una serie di elementi – l’ammontare di 240 miliardi per coprire spese sanitarie dirette e indirette, l’accesso standardizzato per tutti i Paesi europei, la circostanza che vi sarà solo un controllo successivo sul modo con cui il denaro sarà stato speso e non un regime di sorveglianza speciale sul Paese richiedente – consentono di dire che il «Pandemic crisis support» rappresenta una tappa fondamentale verso una nuova solidarietà europea.

Tante sono le similitudini con il momento in cui iniziò il cammino verso l’Unione Europea. Conclusa la grande tragedia del conflitto mondiale, si aprì un’epoca nuova in cui si valutò, correttamente, che mettere in comune gli interessi economici di Paesi rivali avrebbe consentito la ripresa dell’economia di tutte le nazioni europee.

Si evocò, significativamente, il concetto di un’Europa che «sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto» e si affidò il cammino della ripresa europea a «sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano». Dopo quelle storiche frasi, dopo l’evento che diede luogo alla creazione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio, abbiamo avuto ben 70 anni di pace e di continuo accrescimento del benessere di cui ciascuno di noi ha goduto. Fino alla devastante pandemia che ha disseminato morte e povertà in tutta Europa e nel mondo ed ha messo in pericolo le fondamenta stesse della solidarietà europea.

Per vincere la guerra contro le conseguenze di un virus così aggressivo e contro le forze centrifughe del nazionalismo occorrerà combattere ancora tante battaglie. L’anno in corso ci presenta già molte sfide. Si dovranno concludere gli accordi sulla Brexit e verificare quali effetti produrrà il vuoto politico lasciato dal Regno Unito. Appare già visibile un interesse a ricoprire questo vuoto da parte di Paesi del Nord, tra i quali in particolare l’Olanda, nel tentativo di accrescere il proprio peso nell’Unione. Un anno nel quale la capacità di ogni Paese di reagire a quella che la Commissione ha definito «una recessione di proporzioni storiche» sarà condizionata dalla durata del lockdown e dal tipo di economia prevalente. I Paesi Mediterranei, per esempio, potrebbero risentire di un sistema fortemente influenzato dal turismo e quindi vittima di conseguenze ancor più catastrofiche, destinate ad accentuare il divario rispetto ai Paesi del Nord.

Sotto il profilo opposto, però, proprio la convergenza di interessi potrebbe favorire una più stretta alleanza tra Paesi come l’Italia, la Francia e la Spagna, così come emerso ieri in un incontro via web organizzato da Luiss e Sciences Po tra i due ministri per l’Europa Amendola e de Montchalin, nell’ambito dei «Dialoghi italo-francesi». Un anno in cui a luglio assumerà la Presidenza della Commissione la Germania, la cui Corte Costituzionale, con la nota recente sentenza, anziché aprire ad un dialogo tra le Corti, come ha fatto negli ultimi anni quella italiana, ha preso una posizione di netto contrasto sia con la Bce che con la Corte di Giustizia europea. A controbilanciare gli effetti di questa inattesa pronuncia, sono state certamente confortanti le parole pronunciate dalla Presidente Lagarde che ha riaffermato il potere della Bce di decidere manovre di politica monetaria senza travalicare i propri compiti istituzionali ed ha rivendicato i compiti di una «istituzione europea con competenza per l’area euro e sottoposta alla giurisdizione della Corte di giustizia europea».

Di fronte a questo alternarsi di luci ed ombre, solidarietà e nazionalismo, condivisione e isolamento, è bene richiamare nuovamente le illuminanti parole di Schuman volte a sottolineare che la produzione comune dei Paesi europei «sarà offerta al mondo intero … per contribuire al rialzo del livello di vita e al progresso delle opere di pace». Nulla può apparire più attuale in un momento in cui la ri-fondazione dell’Europa e la ri-costruzione di una economia europea competitiva nel mondo intero rappresenta l’obiettivo da perseguire.

in “La Stampa” del 9 maggio 2020