Il Vaticano e l’ordine mondiale dopo la pandemia

Massimo Faggioli

La pandemia di Covid-19 avrà un impatto sull’ordine mondiale e sulle relazioni internazionali, e naturalmente anche sulla Chiesa cattolica.

Il papato appare come un punto di riferimento globale. In parte per il fatto che molti leader mondiali hanno perso credibilità. Ma anche perché papa Francesco, fin dall’inizio del suo pontificato, ha continuamente presentato con chiarezza la visione di un’unica famiglia umana in un unico mondo: un mondo fatto di confini che possono diventate soglie per nuove relazioni umane. L’insegnamento del papa in questi ultimi anni ha aperto la strada per un “processo globale di pace” – dalla Laudato si’ (l’enciclica del 2015 sulla cura della nostra casa comune) al Documento sulla Fraternità umana (co-firmato da Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019).

La lettera e lo spirito di questi testi straordinari non potrebbe essere più evidentemente differente dalle politiche di uomini forti che attualmente guidano i governi in luoghi come gli Stati Uniti, la Russia, l’India, la Turchia e il Brasile.

Il mondo post pandemia: rallentatore o importante cambiamento di rotta?

Non sappiamo cosa succederà all’ordine mondiale una volta che la pandemia sarà superata. La fine di questa crisi globale potrebbe essere un forte rallentamento o un importante cambiamento di rotta. Ma probabilmente sarà meno simile alla recessione globale del 2008 e più simile al 1919 – che aprì ad un ordine mondiale nuovo con conseguenze molto diverse nei vari paesi.

In Italia significò, tra il 1922 e il 1925, la nascita del governo fascista che continuò per due decenni fino alla fine della Seconda Guerra mondiale. Dall’altro lato, Benedetto XV articolava una nuova dottrina cattolica sulle missioni con la sua enciclica Maximum Illud del 1919. Così veniva rivendicata l’indipendenza della Chiesa cattolica rispetto alle iniziative nazionaliste e colonialiste. Gli anni 20 del secolo scorso hanno segnato anche un’accelerazione della tradizione cattolica nel favorire il multilateralismo. In mezzo a tante incertezze, sappiamo quale sia la posizione di fondo dell’insegnamento cattolico contemporaneo sui diritti umani, l’economia, la globalizzazione e l’ambiente.

L’analisi del papa è corretta

Possiamo già vedere che la crisi sanitaria globale ha confermato l’interpretazione di papa Francesco del nostro tempo come terremoto per la globalizzazione. C’è una innegabile crisi delle istituzioni multilaterati.

Come hanno scritto recentemente su Le Monde Gaïdz Minassian e Marc Semo, la crisi è “antica, profonda e attualmente più evidente che mai”. Ci sono diversi modi di considerare le conseguenze della pandemia sull’ordine mondiale. Alcuni vedono questo momento come una crisi di internazionalismo tendente a cercare di fermare la globalizzazione come via alla prosperità.

“La pandemia ha indotto un anacronismo, un revival della città cinta da mura in un’epoca in cui la prosperità dipende dal commercio globale e dal movimento delle persone. Le democrazie del mondo hanno bisogno di difendere e sostenere i valori dell’illuminismo”, ha scritto l’ex segretario di Stato Usa, Henry Kissinger, in un editoriale del Wall Street Journal. Altri dicono che stiamo assistendo ad una minaccia al modello democratico liberal, visto “il trionfo delle democrazie non-individualiste in Asia”. È una minaccia che incombe anche in alcuni paesi dell’Europa.

Crisi della leadership Usa nel mondo

Tuttavia si vede che la pandemia potrebbe certamente accelerare spostamenti negli equilibri di potere in particolari parti del mondo. Il problema maggiore riguarda le relazioni tra l’Europa, gli Stati Uniti e la Cina, e le relazioni all’interno di questi paesi. Il Vaticano ha già dovuto adattare significativamente il suo atteggiamento geopolitico nei confronti di tre entità nel corso degli anni scorsi, specialmente dopo l’elezione di Trump e grazie all’accordo epocale tra la Santa Sede e il governo cinese sulla nomina di vescovi del settembre 2018.

Non c’è dubbio che la risposta alla pandemia abbia reso più profonda la crisi della leadership americana nel mondo. La legittimazione degli Stati Unti come leader globale è sempre stata basata su uno stabile governo interno, il rifornimento di beni pubblici a livello globale e l’abilità (e disponibilità) a coordinare un risposta globale alle crisi.

La forma futura dell’Europa

Dall’altro lato dell’Atlantico, l’Unione Europea vive un momento cruciale per la sua sopravvivenza. Così come un certo numero di paesi del Vecchio Continente, vitali per la Chiesa cattolica, sono ad un punto di svolta.

La Germania, ad esempio, vedrà presto il ritiro di Angela Merkel e la possibile nascita di un leader del partito Cristiano Democratico di tipo molto diverso, come Friedrich Merz. Questo porterebbe la nazione più potente d’Europa su una strada molto più conservatrice. E che cosa succederà in Asia?

“Il Covid-19 accelererà anche lo spostamento di potere ed influenza da Ovest verso Est”, ha scritto Stephen Walt sulla rivista Foreign Policy.

“La Corea del Sud e Singapore hanno risposto al meglio, e la Cina ha reagito bene dopo i primi errori. La risposta in Europa ed in America è stata lenta e confusa in confronto, appannando ulteriormente l’aura del “marchio” Occidente”, ha detto. Alcuni esperti prevedono che la gestione della pandemia potrebbe essere l’inizio di uno sconvolgimento per la Cina comunista. La Chiesa cattolica sta guardando con grande preoccupazione il ruolo che la Cina si sta forgiando nelle relazioni internazionali.

La Santa Sede e la campagna d’immagine della Cina

Beijing ha condotto una campagna molto aggressiva di soft power che ha diviso l’Europa. I paesi dell’Europa orientale (sia membri dell’UE che non membri) hanno cominciato ad accettare la leadership ricevendo aiuti dal governo cinese.

Quale è stata la risposta della Santa Sede a questa situazione di rapido spostamento? A prima vista sembrerebbe che stia reagendo favorevolmente al fascino cinese analogamente a come hanno reagito alcuni paesi europei (compresa l’Italia).

Ma guardando con più attenzione, si nota un approccio molto più sfumato e sottile. Le dichiarazioni del Vaticano per ringraziare la Cina all’inizio di aprile per aver inviato aiuti e scorte per combattere il coronavirus sono un caso esemplare. Sulle pagine dell’Osservatore Romano e nei comunicati dell’Ufficio Stampa della Santa Sede, il Vaticano ha specificamente espresso ringraziamenti “alla Società Croce Rossa della Cina e alla Hebei Jinde Charities Foundation”, così come “ai vescovi, ai fedeli cattolici, alle istituzioni e a tutti gli altri cittadini cinesi”. Lo sforzo linguistico era chiaramente mirato ad evitare che la dichiarazione di ringraziamento vaticana potesse essere interpretata come un sostegno a Beijing. Questo approccio è inteso anche a controbilanciare la visione di alcuni importanti cattolici in varie parti del mondo che considerano il ruolo della Cina molto più negativamente. Il cardinale Charles Bo di Myanmar, ad esempio, ha sostenuto una posizione pubblica molto diversa e molto forte contro il regime cinese, mettendo in connessione il suo modo di gestire la pandemia con la sua pratica rispetto ai diritti umani e alla libertà religiosa.

Un papa latinoamericano dà una spinta all’Europa

Soprattutto, il Vaticano non ha fatto la stessa scelta di altri paesi occidentali che si sono ritirati nel provincialismo e nel parrocchialismo, che sono parte del collasso intellettuale delle élites politiche. Proprio l’opposto. Francesco ha investito più energia ed attenzione nella diplomazia vaticana. Ha proposto un nuovo modello per la formazione di futuri diplomatici papali e ha istituito la “terza sezione” all’interno della Segreteria di Stato proprio per trattare con i nunzi papali.

La pandemia ha temporaneamente ridotto il funzionamento degli uffici vaticani nella Città del Vaticano, compresa la Segreteria di Stato, ma ci sono cambiamenti che preparano il futuro. Nelle ultime settimane, il papa e i suoi assistenti vaticani si sono concentrati sull’Unione Europea. “Tra le molte aree del mondo colpite dal coronavirus, penso in modo speciale all’Europa”, ha detto Francesco durante l’intervento urbi et orbi del giorno di Pasqua. “L’Unione europea sta attualmente affrontando una sfida epocale, da cui dipenderà non solo il suo futuro ma quello del mondo intero”, ha avvertito. Francesco parla più direttamente all’Europa di quanto possa fare nei confronti degli Stati Uniti e della Cina.

Colpisce che sotto la leadership di un papa latinoamericano, la Santa Sede abbia riscoperto l’importanza dell’Unione Europea e la necessità della sua sopravvivenza. Ulteriore prova del focalizzarsi di Francesco sul Vecchio Continente durante la pandemia è stata la sua preghiera per l’unità europea nella messa a Santa Marta del 29 aprile, festa di Santa Caterina da Siena, co-patrona d’Europa. La nuova attenzione giunge dopo anni di scetticismo guidato dal Vaticano verso le istituzioni europee, percepite come tecnocratiche e secolariste.

La dottrina sociale cattolica e il mondo post-Covid-19

La pandemia di coronavirus pone domande sulla possibilità di sopravvivenza di un insieme di idee e valori politici che hanno caratterizzato l’ordine internazionale nel mondo dopo il 1945. Rispetto all’insegnamento della Chiesa cattolica e al suo modo di intendere l’umanità, alcuni di tali valori sono evidenti. Comprendono un’accoglienza del multilateralismo a superamento del nazionalismo; la convinzione che la democrazia costituzionale sia più compatibile con il Vangelo della la dittatura e dell’autoritarismo; e l’impegno della Chiesa per lavorare per la pace ed il disarmo, e per una giustizia sociale ed economica, in un quadro di una cultura della vita. Su altri temi, l’atteggiamento del Vaticano sarà molto più difficile da prevedere. L’allineamento post-1945 tra il cattolicesimo e la geopolitica della Nato è stata messa radicalmente in discussione all’indomani dell’11 settembre e, più tardi, dall’amministrazione Trump. Non è ancora chiaro che cosa significherà a lungo termine l’apertura diplomatica della Santa Sede alla Cina. E come affrontare altre sfide, come le spaccature ideologiche tra l’Europa orientale e occidentale. In confronto a precedenti pandemie, la libertà religiosa è diventata un problema emergente per la Chiesa cattolica in alcuni paesi non molto toccati dallo scontro di civiltà. In Italia, ad esempio, ci sono state tensioni senza precedenti tra la conferenza episcopale e il governo nazionale. La pandemia ha creato una situazione di grande incertezza nelle relazioni internazionali. E il papato e la diplomazia vaticana si trovano a far da navigatore. La differenza è che il cattolicesimo non soffre della stessa incertezza in termini di dottrina: non c’è un reale vacuum nel modo in cui il magistero della Chiesa cattolica guarda al moderno mondo globale. La sua è una dottrina che è stata temperata da una serie di choc storici che hanno avuto conseguenze sullo sviluppo teologico e magisteriale: la caduta dello Stato pontificio nel 1870, le due guerre mondiali e i due dopoguerra, l’illusione di un indiscutibile ordine liberale mondiale alla fine della Guerra Fredda, l’instabilità post 11 settembre… In confronto alle zattere di salvataggio che punteggiano l’orizzonte odierno, la barca di Pietro ha maggiore stabilità. La grande questione è quanto la dottrina sociale del Vaticano sarà in grado di influenzare i cattolici nei loro contesti locali e nazionali.

in “La Croix International” del 29 aprile 2020 (traduzione: http://www.finesettimana.org)