Ecologia. Il consumo dissennato di suolo è una minaccia per la sicurezza alimentare

CARLO PETRINI

Il suolo non è una risorsa rinnovabile. Un concetto chiaro che continuiamo a ripetere da anni ma che, nonostante dati incontrovertibili, rimane inascoltato da chi ha il dovere di muoversi di conseguenza. Dal 2012 nel nostro bel Paese sono state presentate più di dieci proposte di legge “salva suolo”. Ancora oggi, nonostante tutti i governi si siano espressi sulla necessità di intervenire, non ne siamo venuti a capo. Una situazione che ormai oscilla tra l’emergenza e il ridicolo e di cui sempre più paghiamo il dazio, frana dopo frana.

Eppure l’importanconsumo_suolo-1.jpgza cruciale della salubrità del suolo è all’ordine del giorno dal 2013 anche nell’agenda delle Nazioni Unite: domani 5 dicembre, viene celebrato il sesto World Soil Day. Un appuntamento che ha come obiettivo proprio quello di mettere in luce la necessità di fermare l’incalzante degrado dei suoli a livello mondiale. Un degrado che è di matrice antropica e che è il principale colpevole della perdita di fertilità, di biodiversità e di stabilità degli ecosistemi: si calcola siano più di 3 miliardi le persone nel mondo a subire gli effetti negativi di questo folle e progressivo depauperamento.

Che altro stiamo aspettando? In Italia, nello specifico, stando ai dati dell’ultimo rapporto Ispra (settembre 2019), il consumo di suolo è aumentato del 180% dagli anni ’50 a oggi: stiamo cementificando quindici ettari di terra al giorno. Numeri che gridano giustizia e che al contempo si svuotano completamente del loro tragico significato a furia di ripeterli senza venire ascoltati. Ma non è finita qui: nella nostra Penisola negli ultimi venticinque anni abbiamo perso il 28% della terra coltivabile, riducendo a meno di 13 milioni di ettari le aree agricole utilizzabili. E ancora, negli ultimi sei anni si stima che abbiamo perso superfici in grado di garantire tre milioni di quintali di prodotti agricoli. Dati che dovrebbero essere uno schiaffo in faccia a quanti parlano di export delle nostre eccellenze alimentari o si riempiono la bocca di supremazia della produzione nazionale, senza minimamente agire per arrestare il collasso dell’asset fondamentale di ogni produzione agricola: il suolo fertile.

La crescente perdita di suoli agricoli, sommata al costante calo di materia organica dei terreni, è una minaccia spaventosa per la sicurezza alimentare e la sopravvivenza di tutte quelle piccole e medie imprese che costituiscono la nostra identità culturale, la nostra biodiversità e, non ultima, la ricchezza economica, culturale e sociale dell’intero Paese. È di poche settimane fa la notizia che anche la Corte dei Conti si è espressa in materia, sostenendo per la prima volta che il continuo consumo di suolo mette letteralmente in ginocchio l’Italia, rendendola sempre più fragile ed esponendola tra le altre cose anche a una spesa pubblica sempre più ingente. Gli allarmi degli scienziati sono inequivocabili, come pure lo sono i numeri dell’economia e della finanza: sempre Ispra stima in circa 2 miliardi di euro l’anno i costi che ci troveremo a pagare da qui in avanti, soltanto a causa delle trasformazioni irreversibili degli ultimi cinque anni.

E allora la domanda sorge spontanea: com’è possibile non capire che parlare di mantenimento del suolo non è prerogativa di ecologisti e associazioni ambientaliste, ma piuttosto priorità di ogni essere umano e di conseguenza dovere primario di qualsiasi politico e di chiunque, nelle istituzioni come nelle imprese, si trova in posizioni di potere? Come dice il Forum Salviamo il Paesaggio che con perseveranza si batte (come pure altre associazioni come Wwf, Legambiente, Fai, Italia Nostra e Slow Food) dal 2011 per farsi ascoltare dai vari Governi e Parlamenti che si sono susseguiti, l’unica nuova costruzione che oggi possiamo accettare è quella del nostro futuro. Per poterlo fare iniziamo dalle basi, iniziamo dalla terra.

Senza un suolo sano sui cui e di cui poter vivere, non c’è futuro. È ora che la politica si svegli e approvi una legge nazionale che con sguardo sistemico riesca a fermare questa tragedia: se al dibattito “Salva suolo” fosse dato anche solo un decimo dell’importanza che ogni giorno si dà al fondo salva-Stati, l’Italia sarebbe già di gran lunga un Paese migliore.

in “la Repubblica” del 4 dicembre 2019