Archivi tag: Libertà religiosa

Ramadan, Mattarella insiste: “La libertà religiosa fondamento di convivenza”

UGO MAGRI

Sfidando una certa politica, ma in piena sintonia con la Costituzione, Sergio Mattarella ha fatto gli auguri per la fine del Ramadan «ai concittadini e agli ospiti» di fede islamica. Il presidente segnala che «tutte le confessioni sono libere davanti alla legge, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano», dunque i musulmani hanno pieno diritto di professare la loro confessione nel rispetto delle regole. Rammenta agli immemori che «la libertà religiosa è uno dei fondamenti della convivenza», per giunta «riconosciuta dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite». Non manca di far pesare come «la promozione del mutuo rispetto tra fedi e culture» rappresenti un elemento di coesione sociale della nostra comunità, e solleciti dunque «una responsabilità condivisa».

Il messaggio non si conclude qui. Mattarella rileva come il Ramadan, quest’anno, sia «tristemente coinciso con un periodo denso di preoccupazioni per le sofferenze e i lutti che affliggono civili innocenti». Il Medio Oriente è in fiamme e l’incendio rischia di propagarsi altrove con il terrorismo fondamentalista tornato alla ribalta. L’Italia ne è stata fin qui risparmiata. Ma occorre restare vigili e praticare la tolleranza, a ogni livello. Scrive il capo dello Stato: «Il messaggio delle religioni per la pace è senza confini e ad esso dobbiamo fare riferimento», specie se si tratta di educare i ragazzi «alla reciproca comprensione». Il pericolo da scongiurare è la radicalizzazione dei giovani nel nome dell’Islam, come purtroppo è avvenuto in altri Paesi. Vanno integrati, fatti sentire a casa.

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Stoccolma. Perché bruciare il Corano non è stata libertà di espressione

VLADIMIRO ZAGREBELSKY

Sul fondamento della libertà di espressione è stato autorizzato il comportamento di chi, davanti ad una moschea di Stoccolma, ha strappato pagine di un Corano, lo ha gettato a terra colpendolo a calci, ne ha infarcito le pagine con fette di lardo e infine lo ha bruciato. Poiché si potevano temere pericolose proteste, un tribunale ha indicato l’obbligo di provvedere a rafforzare le misure di polizia. In effetti, ci sono state proteste da parte di alcuni paesi musulmani, la Turchia ne ha preso spunto per insistere nel suo rifiuto di ammettere la Svezia nella Nato, ma su quella piazza poco o nulla è accaduto e la manifestazione ha potuto andare in scena.

Tutto bene quindi, perché ha potuto essere garantito un caposaldo della democrazia, come è la libertà di espressione? Non pare, poiché i princìpi che entrano in campo non si riducono a quella sola libertà. La quale è sì garantita dalla Costituzione -quella svedese, come quella italiana e quella di ogni altro paese europeo- ma non da sola. Così è anche sul terreno comune a tutta Europa, rappresentato dalla Convenzione europea dei diritti umani, la quale, ricorda che l’esercizio della libertà di espressione comporta “doveri e responsabilità”. Si tratta prima di tutto del rispetto dovuto ai diritti altrui. Qui viene in considerazione la tutela del sentimento religioso, elemento base della libertà di religione che le Costituzioni e la Convenzione europea riconoscono a tutti, a tutte le religioni e ai rispettivi credenti.

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Libertà religiosa nel mondo. In 1 paese su 3 non è rispettata. XVI° Rapporto ACS 2023

Il diritto umano fondamentale alla libertà di religione è violato in un Paese su tre (31%), vale a dire in 61 nazioni su 196. In totale, quasi 4,9 miliardi di persone, pari al 62% della popolazione mondiale, vivono in nazioni in cui la libertà religiosa è fortemente limitata.

Il Rapporto 2023 sulla libertà religiosa nel mondo, presentato dalla Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), denuncia come le minacce contro questo diritto siano sempre più gravi. La persecuzione in odio alla fede è complessivamente peggiorata, e l’impunità dei persecutori è più diffusa. Lo studio copre il periodo compreso tra gennaio 2021 e dicembre 2022, e rappresenta l’unico Rapporto non governativo che analizza il rispetto e le violazioni del diritto sancito dall’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, in tutto il mondo, per tutte le religioni.

Dal Rapporto emerge che la discriminazione e la persecuzione sono chiaramente evidenti in 61 Paesi, e che in 49 di questi è il governo che perseguita i propri cittadini per motivi religiosi, con scarsa reazione da parte della comunità internazionale. 

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L’Occidente e la cristianofobia

LORENZO PREZZI

Colpevolmente disattento rispetto ai 360 milioni di cristiani esposti alla persecuzione nel mondo, l’Occidente sembra incapace di avvertire i segnali di erosione della libertà di fede anche al suo interno. Da più di un decennio gli istituti di ricerca e le Chiese segnalano l’impetuosa crescita delle persecuzioni.

Contestualmente, il magistero cattolico ammonisce sulla piega ideologica della laicità occidentale in laicismo. Papa Francesco è tornato a farlo nel discorso del 9 gennaio (2023) al corpo diplomatico: «È bene non dimenticare che la violenza e le discriminazioni contro i cristiani aumentano anche in paesi dove questi non sono una minoranza. La libertà religiosa è messa in pericolo anche laddove i credenti vedono ridotta la possibilità di esprimere le proprie convinzioni nell’ambito della vita sociale, in nome di un malinteso concetto di inclusione. La libertà religiosa, che non può ridursi alla mera libertà di culto, è uno dei requisiti minimi necessari per vivere in modo dignitoso e i governi hanno il dovere di proteggerla e di garantire a ogni persona, compatibilmente con il bene comune, l’opportunità di agire secondo la propria coscienza anche nell’ambito della vita pubblica e nell’esercizio della propria professione».

E, poco dopo, denuncia la «colonizzazione ideologica» espressa dai «tentativi di imporre un pensiero unico, che impedisce il dialogo e marginalizza coloro che la pensano diversamente. C’è il rischio di una deriva, che assume sempre più il volto di un totalitarismo ideologico, che promuove l’intolleranza nei confronti di chi non aderisce a pretese posizioni di “progresso”, le quali, in realtà, sembrano portare piuttosto a un generale regresso dell’umanità, con violazione della libertà di pensiero e di coscienza».

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“Percorsi di libertà religiosa per una società plurale”

SILVIO FERRARI, intervistato da Letture.org

Prof. Silvio Ferrari, è uscita, per i tipi del Mulino, una raccolta dei Suoi Scritti dal sottotitolo Percorsi di libertà religiosa per una società plurale: che importanza riveste, per la costruzione di una società genuinamente pluralistica, la libertà religiosa?
La libertà religiosa è spesso intesa come libertà di scegliere la religione che si preferisce. Questa concezione è riduttiva e non contribuisce molto allo sviluppo di società autenticamente pluraliste. Il pluralismo sociale ha infatti bisogno, per crescere, non soltanto di differenti concezioni della vita e del mondo ma anche di differenti esperimenti di “vivere insieme” che mettano in pratica quelle concezioni. Allora la libertà religiosa è la libertà di progettare e sperimentare i rapporti famigliari, i progetti educativi, l’impegno civile e politico a partire dalle proprie convinzioni religiose (naturalmente ciò vale anche per le convinzioni umanistiche o ateistiche). Quasi nessuno oggi mette in questione, in Occidente, il diritto di scegliere, cambiare, abbandonare la propria religione: ma quando la libertà di religione riguarda il modo di vestirsi, il cibo che si vuole o non si vuole mangiare, il modo di concepire i rapporti tra uomo e donna tutto diventa molto più difficile e controverso. È qui che oggi si gioca la partita della libertà religiosa ed anche quella del pluralismo sociale e giuridico: una libertà religiosa ridotta ad un diritto di scelta della religione non può realmente contribuire alla costruzione di una società pluralista.

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Religione. Libertà religiosa e dialogo interreligioso

FABIO PETITO

Lo scorso maggio, la nomina di un inviato speciale per la libertà religiosa e il dialogo religioso, nella persona di Andrea Benzo, da parte del ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale del governo italiano è stata, indubbiamente, una buona notizia. In un contesto internazionale ove le persecuzioni e le discriminazioni delle minoranze religiose, la violenza settaria religiosa, nonché le violazioni della libertà di coscienza sono purtroppo in costante crescita – come viene ormai documentato dall’annuale report della US Commission on International Religious Freedom da oltre un decennio – è importante che i governi e la comunità internazionale rafforzino il loro sforzo per proteggere questo fondamentale diritto umano sancito dall’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Diritto umano che, purtroppo, per troppo tempo, è stato, nelle parole di un influente rapporto prodotto una decina di anni fa da una commissione parlamentare britannica, un “diritto orfano“.

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La libertà religiosa cardine di tutte le libertà. Senza non c’è vera sicurezza

FRANCESCO CLEMENTI

Ci si accorge della religione, anzi, della libertà religiosa, solo quando immaginiamo, a torto o a ragione, che essa sia messa in pericolo. Così infatti è avvenuto di recente — forse con toni troppo enfatici e antistorici per corrispondere davvero alla reale natura della dinamica tra la Santa sede e lo stato italiano — riguardo al disegno di legge Zan, ormai in dirittura di arrivo se non altro nel confronto parlamentare; così è avvenuto ed avviene ogni qual volta, appunto, la libertà religiosa ci sembra che minacci, o che venga minacciata, da un intervento autoritativo altrui. La ragione di ciò è molto semplice: la libertà religiosa, espressione intima del nostro credo qualunque esso sia, è storicamente il presupposto di tutte le altre libertà, come già più di un secolo fa spiegava il grande giurista Francesco Ruffini. E dunque in quanto tale essa rappresenta il nucleo del cuore identitario di noi stessi: a partire, si badi bene, da coloro che professano il credo di chi non crede. Perché? Perché la vera libertà religiosa si fonda sulla laicità come metodo aperto ed inclusivo, come sottolineato non a caso dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, quando, nell’ancorare in parlamento la risposta al segretario di stato Parolin per il tramite della sentenza n. 203 del 1989 della Corte costituzionale, ha ricordato che «la laicità non è indifferenza dello Stato rispetto al fenomeno religioso, ma è tutela del pluralismo e della diversità»; ribadendo così con chiarezza quale è la posizione, costituzionalmente fondata della repubblica italiana: laicità, non laicismo.

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