Archivi tag: Intelligenza artificiale

Le sfide reali che l’Intelligenza Artificiale solleva

LUCIANO FLORIDI

“Il punto non è che le nostre macchine siano coscienti, intelligenti o capaci di conoscere qualcosa come noi. Non lo sono. Un sacco di macchine possono fare cose incredibili, come giocare a dama, scacchi e Go o al quiz show Jeopardy! meglio di noi. Eppure, sono tutte versioni di una ‘macchina di Turing’, un modello astratto che fissa i limiti di ciò che può essere realizzato da un computer tramite la sua logica matematica”. Per questo motivo “dovremmo accendere la luce nella stanza buia e guardare attentamente dove stiamo andando. Non ci sono mostri ma molti ostacoli da evitare, rimuovere o negoziare”. Occorre un’esplosione di intelligenza umana.

Negli anni Sessanta Irving John Good, un matematico britannico che ha lavorato come crittolo- go a Bletchley Park con Alan Turing, ha fatto la seguente osservazione: “Definiamo come ultrain- telligente una macchina che può superare di gran lunga tutte le attività intellettuali di qualsiasi uomo per quanto intelligente. Poiché il design di macchine è una di queste attività intellettuali, una macchina ultraintelligente potrebbe disegnare macchine ancora migliori; assisteremmo allo- ra indubbiamente a una ‘esplosione d’intelligenza’, mentre l’intelligenza umana sarebbe lasciata molto indietro. Per questo, la prima macchina ultraintelligente è l’ultima invenzione che l’uomo abbia bisogno di realizzare, a patto che la macchina sia sufficientemente docile da dirci come tenerla sotto controllo. È curioso che questo punto venga sollevato così di rado al di fuori della fantascienza. A volte, vale la pena di prendere sul serio la fantascienza”.

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L’Intelligenza artificiale al servizio dell’umano

PAOLO BENANTI

Il discorso di papa Francesco al G7 si pone in una linea di profonda continuità con tutto il pontificato: questo si è aperto con Lampedusa, ponendo la luce sulla questione dei migranti, è proseguito con l’enciclica Laudato si’ sull’ambiente e i cambiamenti climatici, e ora affronta l’intelligenza artificiale. Francesco, un Pontefice dalla fine del mondo come si è definito, guarda all’orizzonte e pone lo sguardo sulle questioni di frontiera, le sfide che l’umanità si trova ad affrontare. Francesco, che parla di un cambio d’epoca che stiamo attraversando, legge i segni dei tempi.

Papa Francesco definisce l’IA uno strumento “affascinante e tremendo”, capace di apportare grandi benefici, ma anche di generare pericoli. L’entusiasmo per le sue potenzialità si accompagna al timore per le conseguenze negative che potrebbero derivare da un suo uso sconsiderato.

«Il tema dell’intelligenza artificiale è, tuttavia, spesso percepito come ambivalente: da un lato, entusiasma per le possibilità che offre, dall’altro genera timore per le conseguenze che lascia presagire».

Il Papa sottolinea che l’IA è uno strumento e, come tale, il suo impatto positivo o negativo dipende dall’uso che ne fa l’uomo. La libertà umana, però, si è spesso tradotta in un uso distorto della tecnologia, con conseguenze negative per l’uomo stesso e per l’ambiente.
«Tuttavia, l’uso dei nostri utensili non sempre è univocamente rivolto al bene. […] Anzi, non di rado, proprio grazie alla sua radicale libertà, l’umanità ha pervertito i fini del suo essere trasformandosi in nemica di sé stessa e del pianeta».

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Intelligenza Artificiale e fattore umano

ANDREA TORNIELLI

Nel 1983 un uomo salvò il mondo da una guerra nucleare che poteva innescarsi a causa dell’errore di una macchina

«I sistemi d’arma autonomi non potranno mai essere soggetti moralmente responsabili: l’esclusiva capacità umana di giudizio morale e di decisione etica è più di un complesso insieme di algoritmi, e tale capacità non può essere ridotta alla programmazione di una macchina che, per quanto “intelligente”, rimane pur sempre una macchina. Per questo motivo, è imperativo garantire una supervisione umana adeguata, significativa e coerente dei sistemi d’arma». Lo ha scritto Papa Francesco nel messaggio per la Giornata mondiale della Pace 2024.

C’è un episodio, accaduto quarant’anni fa, che dovrebbe diventare un paradigma ogni qual volta si parla di intelligenza artificiale applicata alla guerra, alle armi, agli strumenti di morte. Ed è la storia dell’ufficiale sovietico che con la sua decisione, contravvenendo ai protocolli, ha salvato il mondo da un conflitto nucleare che avrebbe avuto conseguenze catastrofiche. Quell’uomo si chiamava Stanislav Evgrafovich Petrov, era un tenente colonnello dell’esercito sovetico e il 26 settembre 1983 prestava servizio notturno nel bunker “Serpukhov 15” monitorando le attività missilistiche degli Stati Uniti. La Guerra Fredda era ad una svolta cruciale, il presidente americano Ronald Reagan stava investendo somme ingentissime negli armamenti e aveva appena definito l’URSS «impero del male», la Nato era impegnata in esercitazioni militari che ricreavano scenari di guerra nucleare. Al Cremlino sedeva Jurij Andropov che da poco aveva parlato di un «acuirsi senza precedenti» della crisi e il 1° settembre i sovietici avevano abbattuto un aereo di linea della Korean Air Lines sulla penisola di Kamchatka provocando 269 vittime.

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Appello di restare umani di papa Francesco al G7

FRANCO GARELLI

Sentimenti contrastanti hanno accompagnato la presenza di Papa Francesco al vertice del G7 in Puglia. Sia quando è stata annunciata questa visita, sia dopo aver letto i suoi interventi, molti si sono chiesti: qual è il vero motivo che ha spinto Jorge Mario Bergoglio a non mancare a questo appuntamento, a rompere gli schemi per essere il primo pontefice della storia a partecipare a un summit che riunisce i Capi di Stato e di Governo delle sette nazioni più industrializzate nel mondo?

Un motivo importante è certamente connesso ai temi al centro della Sessione dei lavori per la quale è stato invitato, dedicata a “intelligenza artificiale, energia, Africa e Mediterraneo” e aperta ai Paesi e alle organizzazioni internazionali outreach. E in effetti sulle questioni qui richiamate (e sulle sfide umanitarie che esse evocano) il Papa ha offerto spunti importanti, in parte ribadendo elementi ben noti del suo pensiero, in parte – come nel caso dell’intelligenza artificiale – ampliando una riflessione cui ha già dedicato nell’ultimo anno due documenti di rilievo.

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le grandi sfide che solleva l’Intelligenza Artificiale (AI). Convivere con le macchine

LUCIANO FLORIDI

“Il punto non è che le nostre macchine siano coscienti, intelligenti o capaci di conoscere qualcosa come noi. Non lo sono. Un sacco di macchine possono fare cose incredibili, come giocare a dama, scacchi e Go o al quiz show Jeopardy! meglio di noi. Eppure, sono tutte versioni di una ‘macchina di Turing’, un modello astratto che fissa i limiti di ciò che può essere realizzato da un computer tramite la sua logica matematica”. Per questo motivo “dovremmo accendere la luce nella stanza buia e guardare attentamente dove stiamo andando. Non ci sono mostri ma molti ostacoli da evitare, rimuovere o negoziare”. Occorre un’esplosione di intelligenza umana.

Negli anni Sessanta Irving John Good, un matematico britannico che ha lavorato come crittologo a Bletchley Park con Alan Turing, ha fatto la seguente osservazione: “Definiamo come ultraintelligente una macchina che può superare di gran lunga tutte le attività intellettuali di qualsiasi uomo per quanto intelligente. Poiché il design di macchine è una di queste attività intellettuali, una macchina ultraintelligente potrebbe disegnare macchine ancora migliori; assisteremmo allo- ra indubbiamente a una ‘esplosione d’intelligenza’, mentre l’intelligenza umana sarebbe lasciata molto indietro. Per questo, la prima macchina ultraintelligente è l’ultima invenzione che l’uomo abbia bisogno di realizzare, a patto che la macchina sia sufficientemente docile da dirci come tenerla sotto controllo. È curioso che questo punto venga sollevato così di rado al di fuori della fantascienza. A volte, vale la pena di prendere sul serio la fantascienza”.

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Algoretica. L’uomo e la sfida dell’intelligenza artificiale

Dopo le dimissioni di Giuliano Amato, Paolo Benanti è stato nominato nuovo presidente della Commissione IA per l’informazione del governo italiano. Francescano, è professore della Pontificia Università Gregoriana ed è l’unico italiano membro del Comitato sull’Intelligenza Artificiale delle Nazioni Unite. Pubblichiamo una sintesi dei suoi interventi del 2023 su “Il potere degli algoritmi. L’uomo e la sfida dell’Intelligenza artificiale”, e del 2019 “Con quale coscienza creiamo algoritmi?”.

Io spezzerei anzitutto una lancia per una visione positiva della tecnologia, perché forse oggi sentiamo troppi profeti negativi. Abbiamo avuto filosofi all’inizio del Novecento, come Arnold Gehlen, che vedevano nell’artefatto tecnologico un segno della carenza umana, come se fossimo una realtà venuta fuori male, per cui non corriamo veloci come il ghepardo, non ci arrampichiamo come le scimmie, non nuotiamo come il delfino, e l’artefatto tecnologico sarebbe ciò che sviluppiamo per evitare questa nostra inferiorità; ma una specie inferiore non si capisce come possa realizzare tutto questo.

Perché dobbiamo interrogarci così tanto per la creazione di un utensile particolare come il machine learning e l’intelligenza artificiale? Perché questa nuova versione del martello è così profondamente provocatoria per il nostro tempo?

Per capirlo torniamo a una stagione passata. Quando nel XVI secolo abbiamo realizzato la lente convessa, da questa abbiamo tirato fuori due utensili, il telescopio e il microscopio. Con il telescopio abbiamo iniziato a studiare l’infinitamente grande, e nulla ci è apparso più come prima: la Terra non era più al centro dell’universo, e abbiamo cominciato a capire il cosmo in una maniera diversa. Con la stessa lente convessa, generando il microscopio, abbiamo iniziato a studiare l’infinitamente piccolo e abbiamo visto che anche la nostra vita non era più la stessa, eravamo composti da un insieme di piccole cellule viventi che hanno cambiato la nostra comprensione di ciò che siamo. Quindi un artefatto tecnologico, questa sorta di interfaccia tra noi e il mondo, ha la capacità di cambiare tutto ciò che capiamo e conosciamo del mondo e di noi stessi.

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“Intelligenza artificiale e sapienza del cuore”. In libreria il 07 giugno

Esce il 7 giugno nelle librerie e nei principali store “Intelligenza artificiale e sapienza del cuore”. Il volume affronta il tema da diversi punti di vista, da quello etico a quello filosofico, fino a quello educativo e giuridico, senza dimenticare le implicazioni negli ambiti della scuola, del giornalismo, dell’arte e del cinema o l’impatto concreto sull’opinione pubblica e sulle relazioni intergenerazionali.

Promosso dall’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei insieme al Cremit ed edito da Scholé-Morcelliana, il libro raccoglie e rilancia la riflessione di Papa Francesco contenuta nel Messaggio per la 58ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, con l’obiettivo di favorire la conoscenza e la consapevolezza degli sviluppi in atto. “Non si tratta di immaginare una realtà potenziale quanto piuttosto di fare i conti con un presente che ha in sé, fin d’ora, i germi del futuro”, sottolineano nell’Introduzione i curatori Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio Cei, e Stefano Pasta del Cremit. Ecco allora, davanti “agli interrogativi a cui non sappiamo dare risposta, la necessità di non cedere a un entusiasmo acritico né a uno sterile disfattismo, ma di impegnarsi per conoscere e orientare il cambiamento”.

Il testo, che intende anche accompagnare la partecipazione di Papa Francesco alla sessione del G7 sull’intelligenza artificiale, propone i commenti al Messaggio del Santo Padre a firma di Paolo Benanti, Stefania Careddu, Alessandra Carenzio, Sabino Chialà, Andrea Ciucci, Vincenzo Corrado, Nello Cristianini, Claudia D’Ippolito, Adriano Fabris, Luciano Floridi, Antonella Marchetti, Dermot Moran, Ivana Pais, Stefano Pasta, Sergio Perugini, Luca Maria Scarantino, Paolo Ruffini, Giovanni Ziccardi.

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Algoritmi, l’enorme potere di condizionamento della vita umana

AIROLDI MASSIMO

Prof. Massimo Airoldi, Lei è autore del libro Machine Habitus. Sociologia degli algoritmi, edito da Luiss University Press: innanzitutto, perché una sociologia degli algoritmi?

Perché senza algoritmi, oggi, non c’è società. Gli scambi economici e linguistici, le relazioni sociali, la mobilità quotidiana, il lavoro, il consumo, l’amore: ogni ambito della nostra vita funziona grazie a vasti sistemi algoritmici. Alcuni sono molto sofisticati, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “intelligenze artificiali”. È il caso di modelli noti al grande pubblico, come ChatGPT o AlphaGo, o delle IA capaci di generare immagini a partire da brevi input testuali. Questi però sono solo la punta luccicante di un enorme iceberg tecnologico in gran parte sommerso, accumulato attraverso secoli di ricerca scientifica, ambizione imprenditoriale e artigianato ingegneristico. Gli algoritmi relativamente semplici che filtrano la posta indesiderata, classificano il credito, consigliano contenuti online e gestiscono istantaneamente transazioni finanziarie globali sono forse meno visibili, ma molto più potenti di sistemi come ChatGPT nel plasmare le scelte, i gusti, le opinioni, la cultura e i destini degli esseri umani.

Da un lato, dunque, la sociologia degli algoritmi descritta in Machine Habitus serve per capire e analizzare criticamente le molteplici conseguenze sociali e culturali della nostra condizione algoritmica. Il codice algoritmico è nella cultura, fa la differenza all’interno della società, e così facendo la plasma in modi spesso opachi e non facili da decifrare. Si pensi alle IA generative: come cambiano il mondo dell’arte visuale? Quanto le nostre preferenze musicali sono influenzate dai sistemi di raccomandazione di Spotify o YouTube? Fino a che punto l’esposizione a media algoritmici come Instagram o TikTok rinforza, o viceversa trasforma, le nostre identità e opinioni? La sociologia degli algoritmi tenta di rispondere a domande come queste, a livello teorico come empirico, riconoscendo che l’interazione ubiqua, ricorsiva e, spesso, invisibile che intercorre tra umani e macchine, tra utenti e algoritmi, costituisce il tessuto delle società digitali contemporanee.

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Filosofia. Dermot Moran: «Dobbiamo salvare i valori nel mondo della tecnica e dell’IA»

LUCA MARIA SCARANTINO e GIOVANNI SCARAFILE

Il fenomenologo irlandese si confronta con il messaggio del Papa per la Giornata delle Comunicazioni: «Forse l’antropologia filosofica attuale non è sufficiente per comprendere le sfide del presente»

Il recente documento di papa Francesco per la 58ª Giornata mondiale della Comunicazioni sociali, Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana, interviene con urgenza nel dibattito globale, sollevando anche una serie di questioni fondamentali riguardanti l’impatto dell’IA sulla società, sottolineando l’impellente necessità di valutare attentamente le sue conseguenze sul benessere umano e sul tessuto morale della nostra collettività. All’interno di questo scenario, emerge con chiarezza l’importanza di un’indagine filosofica che sia in grado di offrire una prospettiva analitica incisiva e radicata nella comprensione profonda della condizione umana. In tal senso, il ricorso alla fenomenologia, la disciplina filosofica che si fa carico di esplorare le strutture dell’esperienza vissuta, può rivelarsi particolarmente utile per fare luce sulle dinamiche sottostanti i fenomeni tecnologici, bilanciando la valutazione delle sue potenzialità innovative con una critica acuta dei pericoli che può comportare.

Dermot Moran, Joseph Professor of Catholic Philosophy al Boston College e Past President della Fisp (Fédération Internationale des Sociétés de Philosophie), è uno dei massimi esponenti della fenomenologia contemporanea. In questa veste, egli può aiutarci ad esplorare il terreno complesso delineato dal documento papale. Nella conversazione avuta con lui, Moran pone l’accento sull’etica, sulla salvaguardia della dignità umana, sulle sfide alla libertà umana delineando i tratti di un umanesimo nell’era della intelligenza artificiale.

In che modo considererebbe che il messaggio di papa Francesco interagisca con le tendenze attuali nella filosofia contemporanea, particolarmente in relazione allo sviluppo dell’intelligenza artificiale?

Questo documento è estremamente opportuno e benvenuto e smentisce l’affermazione che la Chiesa cattolica sia anti-scientifica o retrograda. In realtà, la Chiesa cattolica sta guidando il cammino tra le religioni mondiali nella sua riflessione critica sull’IA (che userò come termine breve per l’intelligenza artificiale generativa e i grandi modelli di linguaggio che stanno emergendo attualmente, offrendo qualcosa come “intelligenza” e persino “intelligenza generale”). Il documento del Papa, ben ponderato e ben articolato, pone molte domande profonde (ho contato almeno undici domande nel testo) a politici, scienziati, filosofi e teologi, riguardo la sfida dell’IA in relazione al «significato della vita umana, la costruzione della conoscenza, e la capacità della mente di raggiungere la verità». Il documento inizia con un endorsement fiducioso della capacità della mente umana, creata a immagine divina, di acquisire conoscenza scientifica in tutti i campi, inclusa l’IA.

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Il segno profetico del Papa sull’Intelligenza Artificiale

ENZO BIANCHI

Nella mia lunga e intensa vita ecclesiale ho ascoltato più volte la giustificazione “a fin di bene” per comportamenti tenuti da ecclesiastici. Sì, nella Chiesa si agisce sovente così anche per operazioni non sempre obbedienti alla prudenza, alla giustizia e soprattutto al Vangelo. Questo è stato un costume in voga nella chiesa: a fin di bene si taceva di fronte all’ingiustizia, a fin di bene si faceva silenzio sul genocidio nazista, a fin di bene si permetteva la persecuzione dei cristiani ottenendo però l’accordo con il governo, a fin di bene si violavano le leggi ecclesiastiche. Papa Benedetto e Papa Francesco hanno interrotto questo tipo di giustificazione “a fin di bene” e hanno riportato in auge il primato della giustizia, del Vangelo, del “sì-sì, no-no” nel loro quotidiano operare: questo cambiamento significherà molto per la riforma spirituale della chiesa fortemente voluta da Francesco. Ora ci giunge la notizia che Papa Francesco interverrà, perché invitato, al G 7.

Questo invito nasce dal desiderio di conoscere un pensiero umanista su quest’alba dell’intelligenza artificiale. L’IA è una grande innovazione, può essere un’idea fondamentale per il bene sociale, ma passa totalmente in secondo piano quando sono in atto confitti tra blocchi di potere e guerre sanguinose. Essa può anche essere usata per scopi malefici, sorveglianza di masse, guerre cibernetiche, automazione di armi letali. Se l’IA non è finalizzata al bene sociale rischia di accelerare la fine dell’umanità. Ecco perché può essere urgente una parola di papa Francesco. Il Papa si troverà di fronte ai sette grandi: gli árchontes, come li definiva l’apostolo Paolo, i padroni del mondo, quelli che possiedono e decidono l’uso delle armi saranno presenti e alcuni di loro sono impegnati in guerre feroci. Sono i paesi più ricchi sotto l’egemonia degli Stati Uniti, sono di fatto l’Occidente impegnato in questo momento in una guerra contro la Russia e in un sostegno a Israele contro i palestinesi.

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