GAEL GIRAUD
Dal 31 ottobre al 12 novembre 2021 si è svolta la 26a Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (#Cop26) presso lo Scottish Event Campus, a Glasgow (Regno Unito). Rinviata di un anno a causa della pandemia di Covid-19, mentre gli eventi climatici estremi sono sempre più numerosi e intensi e il gruppo di lavoro I dell’Ipcc (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) ha appena pubblicato un rapporto allarmante, questa conferenza, organizzata insieme con l’Italia, segna una tappa cruciale nell’attuazione dell’Accordo di Parigi. Cosa possiamo aspettarci?
![](https://francescomacri.wordpress.com/wp-content/uploads/2021/11/cop26-earth-header.jpg?w=964)
Il 4 ottobre scorso papa Francesco si è riunito con vari leader religiosi e scienziati per firmare un appello congiunto in vista della Cop26. L’ispirazione per questo incontro, che è stato preceduto da mesi di intenso dialogo, è stata, secondo i termini dell’appello, «la consapevolezza delle sfide senza precedenti che minacciano noi e la vita nella nostra magnifica casa comune […] e della necessità di una sempre più profonda solidarietà di fronte alla pandemia globale e alla crescente preoccupazione per la nostra casa comune»[1].
Durante questo incontro è emersa una forte convergenza delle diverse tradizioni religiose e spirituali presenti sull’urgente necessità di un cambiamento di rotta, per allontanarsi con decisione e fermezza dalla «cultura dello scarto», che prevale nelle nostre società, e andare verso una «cultura della cura». In che modo la Cop26 può essere un passo in questa direzione?
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