Educazione inclusiva. Una scuola “estesa” e potenziata dal digitale: il futuro dei modelli educativi

FRANCESCA DE SANTIS – GIUSEPPINA R.J. MANGIONE

Il ruolo delle tecnologie digitali nell’istruzione è sempre più centrale, specialmente dopo la pandemia. Organismi internazionali e nazionali promuovono un modello educativo potenziato dal digitale per ridurre le disparità e migliorare l’apprendimento. Le piccole scuole in aree remote possono beneficiare di tali tecnologie, garantendo un’educazione inclusiva e di qualità per tutti

Negli ultimi anni, anche in seguito all’esperienza della pandemia, gli orientamenti e le raccomandazioni nel campo dell’istruzione provenienti da organismi internazionali enfatizzano sempre più il ruolo strategico delle tecnologie digitali per l’innovazione didattica e dei sistemi educativi (OECD, 2020; OECD, 2024; UNESCO & MGIEP, 2019; UNESCO, UNICEF & World Bank, 2020; EU, 2020).

L’idea di un futuro di scuola estesa e potenziata dalle tecnologie

La scuola di fronte ai divari può avvalersi di soluzioni volte ad aumentare l’alfabetizzazione e la consapevolezza della tecnologia come “dispositivo” che, attraversando gli interventi di literacy, numeracy, data e digital literacy e citizenship, aiuta a creare una sinergia tra l’ambito umanistico e quello tecnologico.

La consapevolezza che il digitale può essere frontiera etica e spazio di progettazione di una scuola innovativa e democratica aiuta a prendere le distanze da una posizione luddista e conservatrice e permette l’avanzare di visioni in grado di accelerare il cambiamento. A livello internazionale, sta emergendo l’idea di un futuro di scuola estesa e potenziata dalle tecnologie. Il concetto di “Schooling Extended”, come indicato nel rapporto OECD “Back to the Future of Education: Four OECD Scenarios for Schooling”, esplora un futuro in cui il modello educativo attuale viene intensificato e ampliato attraverso il digitale. L’idea di “Extended School” si riferisce a un concetto educativo in cui le scuole superano il tradizionale modello di istruzione, espandendo il loro ruolo e le loro funzioni per creare un ambiente di apprendimento più flessibile, inclusivo e personalizzato.

L’utilizzo delle tecnologie per il rinnovamento delle metodologie didattiche

A livello nazionale, l’atto di indirizzo politico-istituzionale del MIM per l’anno 2024 abbraccia queste direttive, incoraggiando l’utilizzo delle tecnologie per sostenere il rinnovamento delle metodologie didattiche e per migliorare i processi di insegnamento-apprendimento in linea con il Piano Scuola 4.0. Il documento sottolinea l’importanza delle tecnologie nel supportare nuove pratiche didattiche e sviluppare ambienti innovativi che favoriscano attività sperimentali e laboratoriali. In particolare, sottolinea il contributo delle tecnologie digitali nello sviluppo di una didattica personalizzata, permettendo una maggiore adattabilità delle azioni didattiche ai processi di apprendimento degli studenti. Questo ruolo attribuito alle ICT può rivestire una significativa rilevanza nel contrasto alla dispersione scolastica e nella riduzione delle disparità territoriali, entrambi nodi storici irrisolti del sistema di istruzione e formazione, favorendo il raggiungimento dell’obiettivo 4 dell’Agenda 2030 che mira a garantire un’istruzione inclusiva, equa e di qualità a tutti indipendentemente dallo sfondo socioeconomico, dal genere, dall’età o da altre caratteristiche personali.

Il ruolo del digitale nei contesti educativi fragili

Gli scenari internazionali e gli indirizzi nazionali richiamano la necessità di intervenire nelle situazioni educative “disconnesse” e di comprendere come le tecnologie digitali possano contribuire a colmare il divario tra scuole urbane e situazioni educative “minori” soggette a rischi di iniquità educativa (Mangione & Cannella, 2021). Il modo in cui l’uso della tecnologia e della materialità digitale possono essere ripensate per intervenire nei contesti educativi fragili, è un tema che da anni fa parte delle attività di studio dal gruppo ricerca di INDIRE che si occupa delle scuole situate in contesti territoriali periferici, di montagna, delle isole e delle aree interne del paese. In questi contesti educativi, che non costituiscono affatto una minoranza nel nostro paese (Bartolini, Zanoccoli & Mangione, 2023), il problema fondamentale è quello dell’isolamento culturale e geografico derivante dal posizionamento territoriale e da un carente livello di interazione generato dal numero ridotto di studenti e spesso dall’impossibilità di connettere classi e plessi. È proprio in questi territori caratterizzati da carenza di servizi, dalla distanza rispetto agli spazi culturali, dall’assenza del personale scolastico e dalla difficoltà ad accedere in maniera equa alle risorse in grado di potenziare l’offerta educativa, che la scuola attraverso il digitale può diventare uno spazio di presenza diffusa per attività formali e non formali finalizzate a raggiungere chi ha più difficoltà di accesso alle opportunità educative (Landri et al., 2021; Mangione 2024).

Molteplici sono stati in questi anni le ricerche e le esperienze che INDIRE con il Movimento delle Piccole Scuole[1] ha intrapreso e documentato in questo campo di ricerca (Mangione, De Santis & Garzia, 2023). L’approccio socio-tecnologico su cui poggia la ricerca di una scuola integrata con il digitale (Fishman, Dede, 2018) ripensa l’artefatto come connesso con il contesto educativo e sociale in cui è inserito (Rossi, 2019). La ricerca condotta negli anni da INDIRE (Cannella, Mangione e Rivoltella, 2021; Mangione e Cannella,2020; Mangione et al., 2023) e le più recenti analisi internazionali (Fargas-Malet e Bagley, 2023) evidenziano come siano proprio le realtà educative non standard come quella delle piccole scuole a poter maggiormente beneficiare di soluzioni tecnologiche utili a superare difficoltà legate alla distanza dalle zone urbane e dai centri culturali, realizzare un equo accesso ai servizi e alle risorse digitali e una maggiore attenzione alla diversità del singolo studente, in particolare nei contesti maggiormente eterogenei.

La necessità di aiutare le scuole ad affrontare le sfide associate all’isolamento e all’accesso alle risorse digitali ha permesso di identificare, nel corso degli anni, modelli e pratiche per l’arricchimento, l’apertura e l’estensione della classe (Mangione, Cannella, 2021), dove la tecnologia facilita la possibilità di ripensare esperienze educative e formative, proponendo indicazioni per ripensare la gestione organizzativa dell’ambiente di apprendimento diffuso e digitalmente integrato. Le esperienze sostenute dalla Rete delle Piccole Scuole aiutano a ripensare il digitale come un hub educativo di connessione, uno spazio di presenza diffusa, in grado di raggiungere chi ha più difficoltà di accesso alle opportunità educative.

Classi aperte in rete: l’esperienza nel contesto abruzzese

La ricerca sottolinea l’importanza cruciale delle tecnologie informatiche nei contesti scolastici situati in zone remote e geograficamente isolate, in quanto possono arricchire, aprire ed estendere l’ambiente di apprendimento (Alpe & Fauguet, 2008; Champollion, 2008; Cannella, Mangione & Rivoltella, 2021; Mangione, 2023). Questo non implica la promozione di una visione tecnologico-centrica della didattica, ma piuttosto mette in luce il ruolo della tecnologia nel facilitare le connessioni e le relazioni tra scuole, plessi, classi, e attori sociali diversi, contribuendo così all’ampliamento delle opportunità educative (Chipa, 2021, Mangione e Cannella 2021). Già prima della pandemia e dall’irrompere dell’interesse per la Didattica Integrata con il Digitale (DDI), il gruppo di ricerca INDIRE che lavora a stretto contatto con la realtà delle piccole scuole, ha individuato e formalizzato scenari originali pensati per supportare i docenti nell’attivazione di pratiche di didattica a distanza, come ad esempio “L’ambiente di apprendimento allargato[2], un approccio che prevede incontri periodici a distanza fra classi di scuole diverse che lavorano su un progetto didattico comune oppure collegamenti con esperti per approfondire particolari tematiche (Cannella & Iommi, 2019).

L’attenzione non è rivolta alla tecnologia in sé, ma ai suoi impatti e benefici educativi (Rivoltella, 2020a). Si colloca in questo quadro anche il progetto di ricerca Classi in Rete il cui modello è il risultato di una collaborazione scientifica pluriennale tra INDIRE e il Ministero dell’Istruzione del Québec. Questo modello, sperimentato già tanti anni fa nell’ambito di una iniziativa governativa del Québec denominata École éloignée en Réseau (ÉÉR), permette di salvaguardare le piccole realtà scolastiche remote e assicurare un’educazione di qualità anche nei luoghi abitati più isolati e difficili da raggiungere (Mangione & Pieri, 2019; Pieri, 2022).

Il modello accolto in Italia per la prima volta nel contesto abruzzese, ha ottenuto risultati importanti in termini di cambiamento di gestione delle classi e delle pluriclassi, di sviluppo professionale dei docenti e delle competenze degli studenti, perché permette di sostenere gli insegnanti nel progettare e realizzare esperienze di didattica d’aula condivisa tra più classi di plessi e istituti distanti tra loro ma anche con individui della collettività locale, della regione, della provincia, dello Stato o addirittura di altri Paesi (Mangione, 2022).

A partire da questo anno scolastico, il modello viene sperimentato nel territorio ligure: i docenti coinvolti seguiranno un percorso formativo che includerà incontri sincroni, attività di autoformazione nelle “palestre tecnologiche”, la progettazione di esperienze basate sul modello Classi in Rete e la loro sperimentazione in classe. Il modello prevede l’uso pedagogico della didattica a distanza nella co-progettazione degli insegnamenti disciplinari, attraverso un partenariato tra classi e plessi diversi. Le classi “delocalizzate” predispongono un percorso disciplinare comune che coinvolge gruppi di studenti in parallelo a distanza adattando calendari, spazi e ruoli dei docenti.

Gli insegnanti delle classi delocalizzate condividono forme educative cooperative come “peer aidants”, “mentorat” o “equipe delocalizzate” utilizzando ambienti di gemellaggio virtuale, di videoconferenza e spazi di argomentazione come il Knowledge Forum (Cacciamani, Mangione & Pieri, 2022).

Spazi ibridi per la didattica digitale: il dBook

Le situazioni di didattica non standard (SDiNS), come quelle presenti in contesti rurali e periferici, sono particolarmente adatte a sfruttare il potenziale delle tecnologie digitali per favorire processi educativi inclusivi, collaborativi e personalizzati. In questo contesto, la tecnologia può rappresentare uno strumento per costruire o rafforzare i legami tra gli attori della comunità educante (Rivoltella, 2020b). L’analisi della letteratura e la fotografia nazionale delle piccole scuole (Mangione et al., 2021) ha individuato alcuni cluster territoriali a cui proporre il dBook, strumento attraverso cui superare alcuni dei problemi didattico-educativi legati alla scarsa connettività, spesso sollevati da docenti e dirigenti che operano in contesti geograficamente isolati (Garzia, Bassani, 2023).

Il dispositivo, sviluppato internamente a INDIRE e accolto da un bacino sperimentale di scuole piccole e posizionate in realtà periferiche, consente l’accesso a un repertorio di strumenti da utilizzare per costruire scenari didattici rispondenti a una idea di educazione equa e democratica anche in situazione di divario digitale. Il dBook è un piccolo web-server di classe che offre un approccio web based, creando una rete WiFi privata e non collegata a internet dove è possibile utilizzare software per attività specifiche attraverso l’uso di un semplice browser.

La sua compatibilità è garantita per tutti i tipi di device (pc, LIM, tablet e smartphone) e di sistemi operativi, senza che sia necessaria l’installazione di software specifici. Le sue dimensioni e il peso lo rendono agevole da trasportare e, se alimentato da un power bank, è possibile usarlo anche per attività di didattica all’aperto. I software in esso implementati mettono a disposizione strumenti per sviluppare nuovi scenari didattici nelle piccole scuole e nelle classi multigrado, consentendo loro di diventare dei veri e propri hub educativi.

Una scuola delle connessioni e responsabilità estese

Intervenire sull’atmosfera educativa che contraddistingue una comunità che educa (Massa, 2000) richiede, come sottolinea Rivoltella (2023), di agire sui contesti esperenziali valorizzando il ruolo dei testimoni. La testimonianza (Rahner, 1972) si caratterizza per un “orientamento agli altri” e una “inclinazione alla reciprocità”. Il digitale può contribuire a recuperare un milieu educativo potenziando il “coordinamento finalizzato” (Scurati, 2017, Mangione, Calzone 2022) di più soggetti che possono essere responsabilizzati in un contratto educativo di tipo sociale (Cannella, Mangione 2023).

«[…] Questo nuovo contratto sociale deve essere fondato sui diritti umani e basarsi sui principi di non discriminazione, giustizia sociale, rispetto della vita, dignità umana e diversità culturale. Deve comprendere un’etica della cura, della reciprocità e della solidarietà. Deve rafforzare l’educazione come impegno pubblico e bene comune. […]» (UNESCO, 2022).

Il contratto educativo sociale richiama l’importanza di intervenire in maniera partecipata all’offerta formativa della scuola, trovando applicazione nelle forme di community engagement sostenute dal digitale per affrontare fragilità e disuguaglianze sociali ed educative (Bartolini et al., 2022). Tuttavia, in molti territori, manca l’expertise necessaria da coinvolgere nell’offerta educativa e per sostenere la continuità scolastica, nonché le azioni di recupero, potenziamento e personalizzazione. In questi casi, il digitale può intervenire valorizzando la “testimonianza” e la “responsabilità condivisa”, ripensando le esperienze educative partecipative ed estese attraverso il contributo di educatori e altre specifiche professionalità. Questo approccio potenzia il ruolo della scuola come agenzia educativa per e con tutta la comunità (Taraschi e Zandonai, 2020).

L’iniziativa “Volontari per l’educazione”

“Volontari per l’educazione” è un’iniziativa che vede la collaborazione di Save the Children e INDIRE per ripensare il ruolo pedagogico del digitale al fine di sostenere la continuità e la qualità didattica nelle piccole scuole. Una scuola aperta, inclusiva e diffusa si nutre di alleanze educative digitali estese per ampliare i servizi e l’offerta curricolare. Numerosi volontari individuati tra gli studenti universitari di tutta Italia forniscono a bambini e ragazzi un sostegno allo studio attraverso l’affiancamento online, sia individuale sia in piccoli gruppi.

Seppur extracurricolare, il sostegno online offerto dai volontari esperti riguarda tematiche di particolare rilevanza, quali il supporto a studenti con bisogni educativi speciali o disturbi specifici dell’apprendimento, l’insegnamento dell’Italiano L2, l’insegnamento delle materie STEM, le strategie partecipative e inclusive per lo studio online, la gestione psico-sociale della relazione educativa e l’accompagnamento all’esame di licenza media. Questo progetto, sperimentando forme di didattica on line individuali e di gruppo, arricchisce l’esperienza educativa degli studenti.

I docenti, insieme ai volontari, diventano organizzatori di nuovi ambienti educativi allargati, co-progettando esperienze extracurricolari per intervenire sulle fragilità e favorire una migliore inclusione nella didattica d’aula. L’iniziativa promuove una didattica democratica accessibile a tutti i livelli e su tutto il territorio nazionale, per non lasciare indietro nessuno e contribuire alla crescita del Paese.

Le esperienze e gli interventi proposti dalla rete delle piccole scuole si inseriscono in una idea di “educazione militante” (Tomarchio e Ulivieri, 2015), che non limita la sua azione trasformativa ai momenti di urgenza ed emergenza, ma continua a interrogarsi su come il digitale possa amplificare l’agire individuale e collettivo della scuola ripensandola oggi come scuola inclusiva e delle opportunità.

Le nuove frontiere dell’Intelligenza Artificiale

Alla luce dei recenti sviluppi nel dibattito scientifico sull’impiego dell’Intelligenza Artificiale in educazione (AIED) (Tuomi, 2018; Pedro et al., 2019; OECD, 2024; UNESCO, 2021; Rivoltella e Panciroli, 2022), il gruppo di ricerca sta esplorando le possibili applicazioni di questa tecnologia nei contesti educativi rurali e periferici. L’obiettivo è comprendere se sia possibile immaginare usi dell’IA finalizzati a sostenere l’inclusione sociale e culturale, migliorare le pratiche didattiche, ad esempio favorendo la personalizzazione dell’esperienza educativa, e garantire una continuità educativa anche in caso di isolamento o assenza di docenti.

Da una prima analisi della letteratura internazionale (Mangione, Pieri, De Santis, 2024 in press) e da un successivo percorso di “riflessione parlata” con esperti del settore educativo interessato si sta cercando di individuare le opportunità e le sfide per le scuole collocate in territori periferici con l’obiettivo di rivitalizzare i processi di insegnamento-apprendimento e colmare il divario tra scuole urbane e rurali. Le prospettive che si delineano possono essere molteplici.

L’integrazione dell’IA nel curricolo di scuola

Ad esempio, l’integrazione dell’IA nel curricolo di scuola può contribuire a rendere l’apprendimento più coinvolgente e consentire un processo di adattamento progressivo del contenuto mantenendo gli studenti motivati e migliorando il livello di inclusione e di democratizzazione dell’offerta educativa anche nelle situazioni di maggiore fragilità. Un’altra opportunità può essere individuata nei sistemi di tutoraggio intelligente che potrebbero fornire un supporto personalizzato ai bambini che non possono partecipare regolarmente alle lezioni o ai docenti che devono gestire situazioni educative non standard, come le classi multigrado dove convergono studenti di diversa età e diverso livello scolastico.

L’accesso ai contenuti educativi in contesti con risorse limitate

Inoltre, l’IA potrebbe garantire l’accesso ai contenuti educativi in contesti rurali con risorse limitate, selezionando e adattando risorse online per evitare svantaggi dovuti a limitazioni geografiche. Ancora l’uso dell’IA potrebbe aiutare a mantenere la dimensione relazionale, spesso minacciata da classi con pochi studenti in zone remote, e promuovere alleanze locali per un sistema formativo più ampio. Si possono immaginare scenari in cui insegnanti e dirigenti, supportati dall’IA, collaborano con agenzie locali per creare un ambiente di apprendimento esteso che favorisca lo sviluppo completo del potenziale degli studenti.

L’intelligenza artificiale (IA) offre una vasta gamma di opportunità nell’ambito dell’istruzione, tuttavia, per massimizzare il suo impatto positivo, è essenziale integrare queste potenzialità in un contesto più ampio di trasformazione dell’istruzione che richiede il riferimento condiviso a principi pedagogici chiari e una visione umanistica della stessa che enfatizzi uno sviluppo integrale del potenziale umano per scongiurare il rischio che tale tecnologia possa semplicemente meccanizzare e reinventare pratiche didattiche obsolete, rendendo più difficile la loro trasformazione.

Conclusioni

In quest’ottica sarà importante proseguire la ricerca conducendo sperimentazioni pratiche in contesti reali, coinvolgendo insegnanti ed esperti di educazione. Questo permetterà di valutare l’efficacia delle soluzioni basata sull’IA e di adattarle alle esigenze specifiche di studenti e insegnanti.

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Bibliografia

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in AgendaDigitale 360 del 20 giugno2024

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