La legge spietata dei clan agro-mafiosi

MARCO OMIZZOLO

La tragedia di Satnam è inaudita, ma si inserisce in un corollario di altre tragedie che si sono ripetute nel corso degli ultimi anni. Ed è l’ennesimo caso di omicidio per sfruttamento determinato dalla sete di potere e di denaro di imprenditori criminali riconducibili al sistema agromafioso, in questo caso specifico peraltro già noto alle forze dell’ordine. Imprenditori che anziché rispettare la legalità e i diritti usano le persone a proprio piacimento come oggetti, salvo poi buttarli in un canale anche con un braccio spezzato quando questo oggetto si rompe. Siamo dentro la dinamica della “necropolitica”, cioè di un sistema che produce morte, e insieme alla morte, profitto.

Secondo l’istituto Eurispes il business delle agromafie in Italia è di circa 24, 5 miliardi di euro, denaro contante che deriva dalla cancellazione dei diritti del lavoro e dei diritti umani in capo a circa 450 mila braccianti – uomini e donne italiane e stranieri – che resta nelle tasche di padroni, padrini, trafficanti e criminali di diversa natura.

Satnam, che lascia una moglie, scuote le nostre coscienze. Purtroppo non quelle di chi è al governo, chi sta al potere in questo Paese, che al di là del colore politico sa da tempo cosa accade nelle nostre campagne e non soltanto. È dal 2009 che – grazie a inchieste giornalistiche e studi sociologici – sappiamo che nella provincia di Latina ci sono forme di grave emarginazione e di grave sfruttamento, ma si è fatto troppo poco, si sono fatti pochi controlli, perché si è deciso di non disturbare chi produce. Poche attività istruttive, un Welfare sempre più disarticolato e soprattutto orientato in chiave nazionalista, cioè solo per gli italiani. Forme varie di speculazione che hanno riguardato non solo l’impiego dei braccianti indiani sul posto di lavoro, ma anche i loro luoghi di residenza. Troppi i liberi professionisti, come avvocati e commercialisti, che hanno individuato nei braccianti indiani un business straordinario. Uno stato di subordinazione dei braccianti stessi che grida vendetta e che è in piena violazione degli articoli fondamentali della nostra Carta costituzionale: non è più una questione solo sociale e politica, rappresenta la vera emergenza per questo Paese.

L’Italia non ha un’emergenza immigrazione: ha una emergenza lavoro, ha una emergenza dignità. Satnam è stato violato nei suoi diritti fondamentali. Negli anni passati ho accolto e accompagnato decine di persone che sono state brutalmente picchiate, per esempio con mazze da baseball, perché avevano chiesto una mascherina; braccianti che sono stati obbligati a lavorare 14 ore avendo accanto un padrone che puntava loro alla testa un fucile. Braccianti che hanno subito spedizioni punitive perché hanno chiesto un mese di retribuzione a fronte di tre o quattro mesi in cui avevano lavorato sostanzialmente gratuitamente.

Siamo in una logica predatoria che determina da una parte morti e dall’altra profitti milionari. In tutto questo non bastano alcune buone leggi: ne abbiamo una fondamentale che si chiama 199, ma sono necessarie riforme del sistema migratorio, del sistema di accoglienza e del mercato del lavoro che vadano nella direzione di riconoscere i diritti ineliminabili. A questo devono seguire controlli quotidiani severi netti, altrimenti ci ritroveremo tra pochi giorni o tra qualche settimana, come già la cronaca ci ha ricordato, a celebrare funerali a stracciarci le vesti, a vestirci a lutto e a rincorrere i nuovi padroni criminali di questo Paese.

in “La Stampa” del 22 giugno 2024

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