Immigrazione. Sbarchi dimezzati, ma in aumento i naufragi

ELEONORA CAMILLI

Imbarcazioni fatiscenti, riempite oltre l’inverosimile. Carrette del mare, in vetroresina o legno, che vanno giù alla prima onda alta. I viaggi di migranti e rifugiati sono sempre più pericolosi nel Mediterraneo centrale, in quella che è ormai considerata una delle rotte più mortali del mondo. Dall’inizio dell’anno sono 843 le vittime del mare registrate dall’Organizzazione internazionale della migrazioni (Oim) a fronte di 23.970 sbarchi. Una ogni cinque giorni.

Ma si tratta di una stima al ribasso, che non tiene conto dei cosiddetti naufragi fantasma, cioè di quelle tragedie invisibili, spesso impossibili da documentare. L’ultima, appena una settimana fa, è emersa solo quando il mare ha restituito undici corpi, avvistati dall’alto dall’aeroplano di ricognizione dell’ong Sea Watch. Per questo i numeri non rassicurano gli esperti.

Lo scorso anno, nello stesso periodo, con il doppio degli arrivi (56.655), si registravano infatti 1765 morti in mare. Di cui oltre 600 avvenuti in un’unica tragedia, quella di Pylos al largo della Grecia. Nel 2024, dunque, i numeri assoluti sono diminuiti ma si contano più eventi singoli. Naufragi anche di piccole imbarcazioni, partite soprattutto da Libia e Tunisia, totalmente inadatte alla navigazione. Non va meglio, poi, per chi resta a terra, nei centri di detenzione libici. Il dimezzamento degli sbarchi è inoltre legato a doppio filo con gli accordi stretti dall’Italia con il governo di Kais Saied.

Secondo un’inchiesta del collettivo Lighthouse Report, nell’ultimo anno la guardia tunisina avrebbe operato delle vere e proprie deportazioni di migranti subsahariani presenti nel paese verso il confine con Libia e Algeria. Le persone sono state abbandonate «come spazzatura» anche nel mezzo del deserto, senza cibo e acqua.

in “La Stampa” del 19 giugno 2024

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