L’Intelligenza artificiale al servizio dell’umano

PAOLO BENANTI

Il discorso di papa Francesco al G7 si pone in una linea di profonda continuità con tutto il pontificato: questo si è aperto con Lampedusa, ponendo la luce sulla questione dei migranti, è proseguito con l’enciclica Laudato si’ sull’ambiente e i cambiamenti climatici, e ora affronta l’intelligenza artificiale. Francesco, un Pontefice dalla fine del mondo come si è definito, guarda all’orizzonte e pone lo sguardo sulle questioni di frontiera, le sfide che l’umanità si trova ad affrontare. Francesco, che parla di un cambio d’epoca che stiamo attraversando, legge i segni dei tempi.

Papa Francesco definisce l’IA uno strumento “affascinante e tremendo”, capace di apportare grandi benefici, ma anche di generare pericoli. L’entusiasmo per le sue potenzialità si accompagna al timore per le conseguenze negative che potrebbero derivare da un suo uso sconsiderato.

«Il tema dell’intelligenza artificiale è, tuttavia, spesso percepito come ambivalente: da un lato, entusiasma per le possibilità che offre, dall’altro genera timore per le conseguenze che lascia presagire».

Il Papa sottolinea che l’IA è uno strumento e, come tale, il suo impatto positivo o negativo dipende dall’uso che ne fa l’uomo. La libertà umana, però, si è spesso tradotta in un uso distorto della tecnologia, con conseguenze negative per l’uomo stesso e per l’ambiente.
«Tuttavia, l’uso dei nostri utensili non sempre è univocamente rivolto al bene. […] Anzi, non di rado, proprio grazie alla sua radicale libertà, l’umanità ha pervertito i fini del suo essere trasformandosi in nemica di sé stessa e del pianeta».

L’attenzione che il Papa pone alle intelligenze artificiali è però introdotto e sostenuto da una visione unica sulla tecnologia: la condizione umana è una condizione tecno-umana. La condizione tecno-umana si riferisce all’idea che gli esseri umani siano sempre esistiti in relazione all’ambiente circostante attraverso gli strumenti che hanno creato. La storia dell’umanità e della civiltà è inseparabile dalla storia di questi strumenti. Questa relazione non deriva da una mancanza o da un deficit nell’essere umano. Piuttosto, gli esseri umani sono caratterizzati da un’apertura al di là di se stessi, che è la fonte della loro apertura agli altri, a Dio, alla creatività e alla capacità tecnica. La tecnologia è vista come una traccia di questa apertura verso l’esterno.

L’IA va capita in questa condizione umana e di questa è frutto e traccia. Il Pontefice, pur riconoscendo il potenziale positivo dell’IA in vari ambiti, mette in guardia dai rischi che il suo utilizzo comporta, sottolineando la necessità di un’etica e di una “sana politica” per guidarne lo sviluppo e l’applicazione.
L’IA, a differenza di altri strumenti, può operare scelte autonome per raggiungere l’obiettivo prefissato. Papa Francesco mette in guardia dal rischio di delegare alle macchine decisioni che spettano all’uomo, soprattutto quando queste decisioni hanno un impatto sulla vita delle persone.
«Condanneremmo l’umanità a un futuro senza speranza, se sottraessimo alle persone la capacità di decidere su loro stesse e sulla loro vita condannandole a dipendere dalle scelte delle macchine».

Francesco ha messo in luce i limiti intrinseci dell’IA, legata a un approccio algoritmico basato su dati numerici e categorie predefinite. Questo approccio rischia di escludere altre forme di verità e di imporre una visione del mondo limitata e uniforme. Per questo serve, seguendo il Pontefice l’algoretica: «Per questo ho salutato con favore la firma a Roma, nel 2020, della Rome Call for AI Ethics e il suo sostegno a quella forma di moderazione etica degli algoritmi e dei programmi di intelligenza artificiale che ho chiamato “algoretica” … Ma nell’analisi etica possiamo ricorrere anche ad altri tipi di strumenti: se facciamo fatica a definire un solo insieme di valori globali, possiamo però trovare dei principi condivisi con cui affrontare e sciogliere eventuali dilemmi o conflitti del vivere».

Per papa Francesco è fondamentale sviluppare un’etica per l’IA, che ne orienti l’utilizzo al bene comune e alla promozione della dignità di ogni persona. In questo contesto, la politica ha un ruolo cruciale nel creare le condizioni affinché ciò sia possibile. E questo è compito di ogni uomo di buona volontà: «Spetta ad ognuno farne buon uso e spetta alla politica creare le condizioni perché un tale buon uso sia possibile e fruttuoso». Particolarmente forte è l’applicazione di questo al mondo della guerra. È urgente ripensare allo sviluppo e all’utilizzo di “armi letali autonome” nei conflitti armati, e proibirne l’uso. Un impegno concreto per introdurre un controllo umano maggiore e significativo sull’impiego di queste armi dovrebbe essere il primo passo. Nessuna macchina dovrebbe mai avere il potere di decidere se togliere la vita a un essere umano.
Il discorso di papa Francesco rappresenta un momento storico che ci permette di pensare e agire perché l’IA sia davvero al servizio dell’umanità: siamo chiamati a costruire un domani che sappia mantenere al centro l’uomo.

in Avvenire, 14 giugno 2024



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