L’immigrazione come risorsa. Norme e procedure che servono oggi

MAURIZIO AMBROSINI

Nel panorama cupo delle politiche europee dell’immigrazione degli ultimi tempi, un barlume di luce scaturisce dalla pur prudente riapertura verso l’immigrazione per lavoro. Se ne parla poco, in tempi di elezioni e sotto il peso delle campagne anti-rifugiati, ma il cambiamento di prospettiva è sostanziale. Non più ladri di lavoro e temibili concorrenti dei lavoratori nazionali, ma ausilio imprescindibile sia per l’economia, sia per le necessità delle famiglie.

Concorre a questo deficit l’inaridimento della sorgente di manodopera a buon mercato rappresentata dai Paesi dell’Est membri dell’UE. Anche in Italia le organizzazioni imprenditoriali, troppo a lungo defilate e silenti in materia di politiche migratorie, hanno iniziato a reclamare più ingressi di lavoratori. Dal canto suo proprio ieri nelle sue Considerazioni finali il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, ha parlato di un sostegno all’occupazione derivante da un flusso di immigrati regolari, da gestire «in coordinamento con gli altri paesi europei» e «rafforzando le misure di integrazione». In questo nuovo clima, prima il governo Draghi, poi il governo Meloni hanno aumentato sensibilmente gli ingressi autorizzati: ben 452.000 nel triennio 2023-2025, sebbene perlopiù per lavoro stagionale.

Anche le scelte positive hanno però bisogno di gambe per camminare.

Emerge un vistoso gap tra la volontà politica di apertura e il funzionamento della macchina burocratica incaricata di gestire le procedure previste, nonostante i correttivi introdotti anche su questo fronte coinvolgendo le associazioni dei datori di lavoro.

La campagna “Ero Straniero”, di cui Avvenire ha dato conto ieri, ha presentato dati impietosi: nel 2023 le domande presentate dai datori di lavoro sono state sei volte superiori al numero di nuovi ingressi previsti (462.422 a fronte di 74.105 posti disponibili). Nei meandri della procedura (accettazione della domanda, rilascio del nulla osta, finalizzazione con la stipula del contratto), altre candidature si perdono, cosicché soltanto 17.435 persone nel 2023 hanno ottenuto l’agognato visto. Appena il 23,5%. Se il problema nasce da una sopravvenuta indisponibilità del datore di lavoro a procedere all’assunzione, la legge prevede una clausola di salvaguardia: la concessione di un permesso di soggiorno per attesa occupazione. Peccato però che di questi permessi nel 2023 ne siano stati rilasciati appena 84, ancora meno che nel 2022 (146).

Occorre quindi porre mano non solo alle procedure, ma all’impianto stesso della normativa che risale alla legge Bossi-Fini di oltre vent’anni fa. Riformata a colpi di sentenze su molti punti, ma non su questo. È anzitutto il cosiddetto click-day a provocare intasamento e sovraccarico di domande: a data fissa i datori di lavoro devono presentare l’istanza, oggi con un canale preferenziale se passano attraverso un’associazione di categoria, ma sempre con l’alea di rimanere esclusi per fattori casuali come un malfunzionamento di internet o una scarsa velocità della connessione.

Meglio sarebbe un sistema aperto tutto l’anno. Lo stesso concetto di quote annuali andrebbe ammorbidito e rimodulato in funzione delle esigenze del mercato del lavoro, la cui stima a priori è sempre un esercizio opinabile. Poiché poi le quote d’ingresso, come vari studi hanno rilevato, sono finora servite in gran parte a regolarizzare lavoratori già entrati e assunti informalmente, tanto varrebbe prevedere un canale dedicato per risolvere questi casi, separandoli dai nuovi ingressi veri e propri. I datori di lavoro dovrebbero vedersi riconosciuta più libertà di assumere dall’estero, ma anche più responsabilità.

Sarebbe opportuno prevedere un contributo per assicurare o il rientro in patria, o una ricollocazione del lavoratore in un’altra occupazione, in caso di conclusione del rapporto. Gioverebbe in questo senso anche una reintroduzione dell’istituto dello sponsor: chi ha qui una sponda, rappresentata dai parenti, può trovare orientamento, sostegno all’integrazione, aiuto nelle difficoltà. Va ricordato ancora una volta che insieme alle braccia arrivano delle persone.

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