La Pasqua in tempo di guerra e la difficile fraternità

ANDREA GRILLO

Mentre confessioni cristiane di grande tradizione si lasciano tentare arrivando a parlare di “guerra santa”, una riflessione sulla Pasqua impone alcune considerazioni sofferte, ma inaggirabili. sul ruolo delle fedi, delle religioni e delle chiese nella giustificazione delle violenze sugli innocenti. Pubblico in italiano il testo della intervista pubblicata ieri in portoghese al link: https://ihu.unisinos.br/637897-pascoa-o-amor-e-a-ressurreicao-que-transcende-a-brutalidade-e-amorte-alguns-depoimentos?

IHU – Momenti drammatici come quelli che stiamo vivendo attualmente, con guerre, violenza, sofferenza e male, ci portano a riflettere sul silenzio di Dio. Su cosa questo silenzio ci invita a riflettere?

Dio tace quando gli uomini si sono dimenticati di lui. I momenti drammatici che viviamo attestano questa lontananza da Dio, il deserto della menzogna e della violenza irride a Dio e alla sua impotenza. Anche le tradizioni religiose contribuiscono a questo silenzio. Parlano di Dio come di un fantoccio che accompagna gli eserciti, che sostiene gli scontri, che scomunica popoli e tradizioni. Il Dio della tradizione cristiana, il Dio della tradizione giudaica, il Dio della tradizione islamica guarda con sdegno a questi giochini umani con cui viene coinvolto negli atti di superbia, di invidia e di ira. Purtroppo solo alcune voci, tra cui quella di papa Francesco, sanno guardare con lucidità a questo momento. E anche queste voci sono ridicolizzate, insultate, guardate con scandalo e con ostilità, come se fossero “tradimenti”, dovuti a mancanza di coraggio, o a codardia. Il silenzio di Dio è il giudizio di condanna per uomini che vogliono solo la affermazione di sé, della propria tradizione. Ma Dio condanna in modo ancora più netto gli uomini di chiesa, i capi delle religioni, che appoggiano questa follia.

IHU – Qual è il significato della Pasqua in un contesto così brutale?

La Pasqua cristiana scaturisce dal contesto brutale della violenza cieca contro Dio. Ha già in sé il massimo della brutalità e così può contenere, nella misericordia, ogni brutalità. Dire Pasqua significa scoprire il volto di misericordia del Dio che nel Figlio e nel dono dello Spirito accompagna gli uomini a fare della propria esistenza un “sacrificio vivente”. La pedagogia della Pasqua è la vita della chiesa. La Chiesa si pone come apertura alla vita, per tutti e di tutti. Ma la Chiesa sa che il suo Signore è stato condannato, giusto per gli ingiusti. In questi giorni di quaresima abbiamo letto, lunedì scorso, due letture impressionanti: il processo a Susanna e il processo alla Adultera. Nel primo Susanna è accusata di adulterio dai due giudici anziani, che l’avevano ricattata. Nel secondo l’Adultera sta per essere lapidata e viene posta a Gesù la domanda-tentazione sulla esecuzione della donna. In realtà i due processi parlano del terzo processo, quello a Gesù: Susanna è salvata da Daniele, l’Adultera da Gesù, ma Gesù chi lo salva? Nessun uomo ne è stato capace. Solo Dio, nello Spirito, ha reso eterna la vita del Figlio. Ecco l’annuncio della Pasqua: nel Signore ogni vita è salvata e gli uomini e le donne devono stare dentro questo annuncio, per essere degni della loro vita.

IHU – Qual è il significato e come dovremmo comprendere la Resurrezione (di Cristo) in questi giorni?

Un punto importante della risurrezione è questo: il Risorto era irriconoscibile. Molto spesso i racconti sulla risurrezione, ossia sulle “apparizioni” del Risorto, concordano su un punto. Maddalena, i due di Emmaus, i discepoli che pescano con Pietro ecc. nel momento in cui incontrano il Risorto, non lo riconoscono. Il riconoscimento non è un atto immediato. Quando Gesù era appeso alla croce sofferente o morto, tutti potevano vederlo. Era possibile sfigurarlo, non riconoscerlo. Il Risorto può essere visto solo dagli occhi dell’amore e della fede. Così il risorto, che si presenta sempre “sotto altra forma”, può essere riconosciuto nel piccolo che ha fame e sete. Risurrezione e Giudizio finale si corrispondono: quando ti abbiamo dato da mangiare? Quando ti abbiamo dato da bere? Queste domande stanno sullo sfondo dell’incontro con il risorto. Che apre la vita di uomini e donne alla obbedienza alla propria natura. Come “immagine e somigliaza di Dio” ogni umano, in Cristo, trova la forma della misericordia come propria verità. Così il peccato per eccellenza, la superbia e la invidia, che nella guerra trovano la loro manifestazione più cruda, viene gettato alle spalle, ripudiato e proscritto dalla esperienza nella vita eterna del Risorto.

IHU – Vorrebbe aggiungere qualcosa?

La Pasqua è la inaugurazione di quella comunione con il Padre, mediante il Figlio, nel dono dello Spirito che rende tutti gli uomini “fratelli e sorelle”. Il gesto centrale, che durante il Triduo Pasquale viene sospeso, per tornare possibile durante la veglia, è mangiare tutti dello stesso pane e bere tutti al medesimo calice. Questa “comunione al pane e al calice” permette a tutti di essere “un solo corpo”, di diventare “corpo di Cristo”. Il corpo del Risorto diventa visibile e accessibile nella Chiesa. Sulla scia di Paolo abbiamo giustamente parlato di “essere degni” di accedere alla mensa del Signore. Ma la “indegnità” non riguarda anzitutto questioni legate al peccato di gola o di lussuria. Lo scandalo non è la “irregolarità sessuale”. Il vero problema è costituito dal peccato di superbia, di invidia e di ira. Pensare di accedere alla eucaristia “facendo guerra” è davvero una contraddizione in termini. Avevamo anche le messe “in tempore belli”, che facevano scendere Dio a fianco del “proprio” esercito. E benedicevamo le armi, perché portassero la pace… Una chiesa che si lasci davvero trasformare dalla Parola di Dio esce da queste logiche troppo umane e pone l’eucaristia come crisi di ogni comportamento violento. Dire “Fratelli tutti” significa uscire totalmente dalle logiche con cui i potenti pretendono di ridurre alla idolatria del potere le nostre fedi. La fraternità e la sororità non sono aggiustamento caritatevole della ingiustizia, ma domanda di giustizia e profezia di pace. Le chiese oggi dovrebbero avere tutte la lungimiranza di non farsi ricattare dalla idolatria dei potenti.

in “Come se non” – http://www.cittadellaeditrice.com/munera/ – del 1 aprile 2024

Contrassegnato da tag , ,