Teologia. La prima domanda di Dio all’uomo è stata: “Dove sei?”

ENZO BIANCHI

«Dove sei?». Inizia così il primo dialogo tra Dio e l’umanità, nella Genesi, il libro con il quale inizia la Bibbia. Sì, la prima parola che Dio rivolge all’uomo è una domanda. Adam fugge Dio perché ha mangiato insieme alla donna il frutto proibito, entrambi sanno di essere nudi e si vergognano. «Dove sei?» è una grande domanda da parte di Dio. Piuttosto che muovere un’accusa del tipo «Che cosa hai fatto?», Dio va a cercare Adam il quale, all’udire i passi di Dio che passeggia nel giardino alla brezza del giorno, si nasconde per paura in mezzo agli alberi. Ma Dio chiama l’uomo e gli dice: «Dove sei?». È una domanda che invita alla relazione, alla risposta ma soprattutto interpella interiormente Adam.

Con immagini antropomorfiche, debitrici nei confronti delle mitologie, il testo narra che Dio interviene e chiama l’uomo che ormai si nasconde da lui, lo fugge, esce dalla comunione con lui. Se Eden è lo spazio della comunione con Dio, allora Adam à già uscito da Eden: si è compiuta la parola del Signore: «Nel giorno in cui mangerai, certamente morirai» (Gen. 2,17). In quel giorno stesso Adam morì, non fisicamente, ma a motivo della mancanza di comunione con Dio. Andandolo a cercare e domandandogli «Dove sei?» Dio cerca di destare nell’Adam la consapevolezza della sua condizione.

Il mio interesse per questa domanda, e per molte altre nella conversazione tra Dio e l’umanità, è stato riacceso dal libro Domande di Dio, domande a Dio. In dialogo con la Bibbia di Timothy Radcliffe e Lukasz Popko, edito da Libreria editrice Vaticana, con la prefazione di Papa Francesco. Il titolo dell’originale inglese è assai più conciso e, a ben vedere, più efficace Questioning God. Un’espressione che gioca volutamente sull’ambiguità (del tutto persa nel più didascalico titolo italiano) dal momento che può essere resa sia con Interrogare Dio, sia con il più intrigante Mettere in questione Dio.

Timothy Radcliffe è un noto domenicano inglese, già maestro generale dell’Ordine, i cui libri hanno spesso fornito nutrimento a cristiani di tutte le confessioni. Il suo stile leggero senza essere superficiale, ironico ma mai banale e la sua profonda saggezza lo hanno reso uno degli autori spirituali più ascoltati degli ultimi decenni. Lukasz Popko, anch’egli frate domenicano, è un giovane biblista accademico che insegna presso l’École Biblique di Gerusalemme, una fondazione domenicana che a partire dagli inizi del Novecento ha fatto molto per rendere viva la Bibbia mettendola in dialogo con la cultura moderna. Non a caso il libro è dedicato a fra Marie-Lagrange OP (1855-1938), fondatore dell’École Biblique et Archéologique di Gerusalemme. La bella prefazione di papa Francesco impreziosisce la pubblicazione, così come la scelta di venti tavole a colori completano il commento alle domande. Tra tutte spiccano per effetto e suggestione il Caino di Julius Paulsen (1891) e I discepoli di Emmaus di Janet Brooks-Gerloff (1992).

La premessa di questo libro è che la Bibbia testimonia un Dio che ama porre domande all’uomo e che, così facendo, suscita nell’uomo domande a lui dando vita a una vera e propria conversazione. «Abbiamo scelto queste diciotto conversazioni bibliche tra il Signore e l’umanità – precisano gli autori nell’introduzione – semplicemente perché ci sono piaciute e non per esporre una teoria sistematica sulla lettura delle Scritture. Con nostra sorpresa, abbiamo scoperto che quasi tutte le conversazioni ruotavano attorno a domande». Ammettono di aver scelto non le domande e le conversazioni più importanti tra le innumerevoli che si trovano nella Bibbia tra Dio o Gesù e i vari personaggi, ma solo quelle che li hanno più colpiti.

Il prologo del libro è composto dalle domande indagatrici rivolte da Dio ad Adamo «Dove sei?», a Caino «Dov’è Abele, tuo fratello?», ad Abramo «Dov’è Sara, tua moglie?» e altre ancora indirizzate ai profeti Elia, Geremia, Giona e da questi a Dio. Non manca la domanda struggente dell’amata del Cantico dei Cantici «Non hai visto colui che il mio cuore ama?». Nel Nuovo Testamento la domanda rivolta da Maria all’angelo «Come questo avverrà?». E poi le tante rivolte da Gesù ai suoi discepoli, «Chi dite che io sia?», «Che cosa cercate?», e quella estrema e definitiva rivolta dal Risorto a Pietro «Mi ami più di costoro?». E ancora quelle rivolte a Gesù, ad esempio dalla donna di Samaria incontrata al pozzo «Come puoi tu, che sei giudeo, chiedere da bere a me, che sono una donna samaritana?», da Pilato nel pretorio «Che cos’è la verità?».

Su ogni domanda, il predicatore itinerante Radcliffe e l’accademico biblista Popko danno vita a «una conversazione sulle conversazioni bibliche», che è un dialogo con lo stile del colloquio colto, del dialogo sapiente, ma anche del dibattito acceso, esito di «un incontro tra immaginazioni diverse». In ogni caso, sempre con quella leggerezza propria della conversazione tra due amici che si stimano e che insieme cercano di avvicinarsi al mistero di Dio, convinti che «queste domande, che Dio pone a noi e noi a Dio, ci conducono al limite del linguaggio, al di là di ciò che il cuore umano ha concepito. Ecco perché spesso la Parola di Dio è poetica, ci invita oltre ciò che può essere catturato da un’affermazione letterale».

Questo libro fa amare le domande, che è poi ciò a cui Rainer Maria Rilke invita un giovane: «Vorrei pregarla di avere pazienza con tutto ciò che è irrisolto nel suo cuore, e di sforzarsi di provare amore per le domande in sé, come fossero delle stanze chiuse a chiave, o dei libri scritti in una lingua straniera. Non si affanni, dunque, per ottenere risposte che ancora non possono esserle date, perché non sarebbe in grado di viverle. E ciò che conta, di conseguenza, è vivere tutto. Viva le sue domande adesso». Sì, fare domande è una vera e propria arte essenziale, decisiva, perché si tratta non solo di rivolgere la parola a qualcuno, quanto piuttosto obbligarlo ad ascoltare per far sorgere in sé stesso un interrogativo, un dubbio.

in “La Stampa – Tuttolibri” del 24 febbraio 2024

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