Didattica. I fondamenti della lingua italiana. Breve compendio di storia della lingua

ANTONIO FUNDARÓ

Storia, mutamento e diacronia possono essere considerati, fin da ora, i sostantivi nucleari di questo nuovo appuntamento con la didattica della linguistica del prof. Francesco Mercadante. Non c’è lingua, infatti, che si esplichi nell’immobilità delle proprie norme, del proprio lessico o della propria tipologia. L’ordine sintattico del latino, per esempio e prevalentemente, era SOV (Soggetto Oggetto Verbo), anche se non era rigido, mentre quello della lingua italiana, che dal latino deriva, è SVO: da “Magister discipulum laudat” a “Il maestro loda il discepolo”. Allo stesso modo, sulla base dei processi di slittamento semantico, il latino testa, che aveva il significato di tegola, recipiente di terracotta, oggi significa comunemente capo. Si comprende, dunque, che il termine storia indica una linea unitaria di sviluppo linguistico, il mutamento è, in questo contesto di studio, un’unità di misura necessaria e la diacronia esprime il senso della relazione tra la lingua degli antichi e quella dei contemporanei, pur nell’ambito del cambiamento cui s’è fatto cenno.

Il latino non si è mai estinto

Il latino non si è mai estinto. Si è altresì riqualificato e riproposto come struttura morfologica immanente nelle lingue romanze, all’interno delle quali il suo percorso semmai è stato frammentario, anziché unitario, come si sarebbe preferito in nome d’una sorta di catechesi di garanzia sulla parola. A tal proposito, Lorenzo Tomasin scrive:

“I latinismi (…) non hanno mai cessato di vivere in qualche comparto, o in qualche registro o varietà della lingua. È difficile immaginare un tempo in cui la parola latina vitium possa aver cessato d’essere scagliata dai pulpiti sui fedeli (…)” [TOMASIN, L., 2019, Il caos e l’ordine Le lingue romanze nella storia della cultura europea, p. 11].

Dissi è il perfetto irregolare di dire, ma anche il continuatore perfettamente regolare di DIXI, che richiede di essere spiegato come perfetto sigmatico, ben inquadrabile nella morfologia di DICERE. Ogni spiegazione storica, in effetti, rinvia a un’altra spiegazione storica, in un rimontare potenzialmente illimitato di cause” [Ibid., p. 143].

Stima efficace sia di come cambia una lingua sia del legame tra una lingua e un’altra

Paradossalmente, ciò che a un grammatico come lo Pseudo-Probo, del III o del IV secolo, poteva apparire come un errore, per noi, invece, è corretto: nel suo schema, redatto secondo il criterio “a NON b”  e scoperto nel XV secolo in un monastero di Bobbio, si legge “columna NON colonna”, “calida NON calda” et similia. Insomma, se ne può trarre una stima efficace sia di come cambia una lingua sia del legame tra una lingua e un’altra. Nell’osservare il passaggio da columna a colonna, infatti, riscontriamo l’assimilazione di [m] a [n] e il mutamento di [u] in [o], due dei numerosi fenomeni di cui si discuterà nel compendio allegato.

La durata delle vocali fu soppiantata dal loro grado di apertura; il timbro prevalse sulla quantità

Tra il I e il IV secolo d. C., si assistette a un’altra grande trasformazione: la durata delle vocali fu soppiantata dal loro grado di apertura; il timbro prevalse sulla quantità, cosicché il sistema vocalico cominciò a essere articolato in chiuse e aperte. I sette fonemi vocalici della lingua italiana (a, ɛ, e, i, ɔ, o, u) sono pertanto l’esito della variazione fonetica del sistema vocalico latino (ă, ā, ĕ, ē, ĭ, ī, ŏ, ō, ŭ, ū). In latino, a seconda della quantità di una vocale, il significato cambiava in modo sostanziale: pălus significava palude, laddove pālus significava palo. Intorno al III secolo d. C. o, comunque, non oltre il IV, il sistema dei casi si era già ridotto in modo considerevole: dai sei casi della declinazione latina (NOM, GEN, DAT, ACC, VOC, ABL) si era passati al caso soggetto e al caso obliquo, poi abbandonati del tutto, specie con l’introduzione degli articoli e delle preposizioni articolate.

Offrire a studenti e curiosi un quadro sinottico circa i fondamenti della lingua italiana, la cui comunità linguistica tuttora è da considerarsi giovane

Com’è intuibile, i fenomeni furono tanti e tali che non se ne può dare conto mediante un’introduzione. Il compendio, com’è ormai noto a chi ci segue, risponde all’esigenza di offrire a studenti e curiosi un quadro sinottico circa i fondamenti della lingua italiana, la cui comunità linguistica – non lo si dimentichi! – tuttora è da considerarsi giovane, specie se teniamo conto del parere di Tullio De Mauro [1963], secondo le cui stime, poco dopo l’unità d’Italia, solo il 2,5% della popolazione era accomunata dalla stessa lingua: si poteva parlare di seicentomila italofoni su venticinque milioni di italiani. Agli inizi del Novecento, si registrava addirittura quasi l’80% di analfabeti sul territorio italiano. La stessa riforma concepita da Manzoni, all’epoca presidente della Commissione Broglio, riforma in seguito alla quale si sarebbe dovuto adottare un vocabolario del linguaggio fiorentino vivente e si sarebbero dovuti inviare maestri fiorentini in giro per l’Italia, era fallita miseramente. Il vocabolario, curato da Giambattista Giorgini, non ebbe alcuna fortuna, come documentano Sobrero e Miglietta [2006]. Fu necessario attendere i lavori di Graziadio Isaia Ascoli affinché emergesse una fondamentale verità linguistica: l’adozione d’una norma e le conseguenti prescrizioni non sono sufficienti, anzi sono addirittura improduttive, a far nascere una comunione linguistica. Ascoli era un dialettologo, ovverosia un linguista attento ai bisogni della lingua, alla sua funzione d’uso; di conseguenza, non poneva alcun indugio a sostenere che pensiero e cultura ‘anticipano’ le grammatiche.    

Compendio_storia_lingua MERCADANTE

in http://www.orizzontescuola.it del 10 dicembre 2023

Contrassegnato da tag