Consiglio d’Europa, Libro bianco sul dialogo interculturale
Pluralismo, tolleranza e dialogo interculturale
La diversità culturale non è un fenomeno nuovo. L’Europa conserva nel suo tessuto sociale molteplici tracce delle migrazioni intercontinentali, dei nuovi assetti delle frontiere, del colonialismo e degli imperi multinazionali. Nel corso degli ultimi secoli, le nostre società basate sui principi del pluralismo politico e della tolleranza, ci hanno permesso di convivere con la diversità, senza creare rischi inaccettabili per la coesione sociale.
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Da qualche decennio, il processo di diversificazione culturale ha subito un’accelerazione. L’Europa ha attirato migranti e persone in cerca di asilo da tutto il mondo nella prospettiva di una vita migliore. La globalizzazione ha com- presso lo spazio e il tempo a un livello senza precedenti. Le rivoluzioni inter- venute nel campo delle telecomunicazioni e dei mezzi di informazione, in seguito all’emergere di nuovi servizi di comunicazione come Internet, hanno fatto sì che i sistemi culturali nazionali diventassero sempre più permeabili. Inoltre, lo sviluppo dei trasporti e del turismo ha messo in contatto diretto un numero di persone mai raggiunto nel tempo, moltiplicando così le possibilità di dialogo interculturale.
In questo contesto, il pluralismo, la tolleranza e lo spirito di apertura hanno assunto un’importanza come mai prima. La Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha riconosciuto che il “pluralismo si basa sul riconoscimento e il rispetto autentici della diversità e della dinamica delle tradizioni culturali, delle identità etniche e culturali, delle convinzioni religiose, delle idee e concezioni artistiche, letterarie e socio-economiche” e che “un’interazione armoniosa fra individui e gruppi con identità differenti è essenziale al fine della coesione sociale”.
Il pluralismo, la tolleranza e lo spirito di apertura possono tuttavia non essere sufficienti: è necessario adottare misure proattive, strutturate e ampiamente condivise, in grado di gestire la diversità culturale. Il dialogo interculturale è uno strumento essenziale, senza il quale sarà difficile conservare la libertà e il benessere di tutte le persone che vivono nel nostro continente.
Parità della dignità umana
La diversità non contribuisce solamente alla vitalità culturale, ma può anche favorire il miglioramento delle prestazioni sociali ed economiche. Infatti, la diversità, la creatività e l’innovazione creano un “cerchio virtuoso”, mentre le ineguaglianze possono rafforzarsi reciprocamente, generando conflitti che minacciano la dignità umana e il benessere sociale. Qual è allora l’elemento che potrebbe servire da “legante” fra i popoli che vivono nel nostro continente?
I valori democratici raccomandati dal Consiglio d’Europa sono universali e, per loro natura intrinseca, non possono dirsi specificatamente europei. Tuttavia, a seguito degli eventi vissuti nel XX secolo – la negazione di umanità – , l’Europa crede soprattutto nel valore basilare della dignità umana di ogni persona. E’ così che gli “Stati-nazione” hanno avviato, dopo la Seconda Guerra mondiale, un sistema transnazionale, sempre più ricco, di tutela dei diritti umani, accessibile a tutti (e non soltanto ai cittadini degli Stati). Questo corpus di diritti dell’uomo stabilisce che la dignità di ognuno viene al di sopra dei diritti di cui le persone godono in quanto cittadini di uno Stato particolare.
Questo corpus di diritti umani riconosce la nostra comune umanità e l’individualità specifica di ciascuno. L’assimilazione, cioè l’unità senza diversità, comporterebbe una omogeneizzazione forzata e, dunque, una perdita di vitalità, mentre la diversità, se non è sottoposta ai principi di umanità comune e di solidarietà, rende impossibile il riconoscimento reciproco e l’inclusione sociale. Se dobbiamo costruire una identità comune, è necessario che essa si fondi sui valori di ospitalità verso gli altri e di rispetto della pari dignità di ogni persona, valori che hanno il dialogo e la comunicazione con gli altri come elementi a loro intrinseci.
Norme e strumenti: il lavoro svolto dal Consiglio d’Europa
Il forte consenso che esiste in Europa nei confronti di alcuni valori è chiaramente dimostrato dai diversi strumenti del Consiglio d’Europa, in particolare le Convenzioni e gli accordi che coinvolgono l’insieme degli Stati membri o alcuni di essi, nonché le raccomandazioni, le dichiarazioni e i pareri.
La Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo (1950) incarnava l’impegno assunto dopo la guerra di rispettare la dignità umana. La giurisprudenza della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, istituita sulla base della Convenzione, ne interpreta i principi alla luce delle condizioni attuali. Il Protocollo n° 12 alla Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali (2000) conteneva un divieto generalizzato di discriminazione. La Carta sociale europea (adottata nel 1961 e riveduta nel 1996), enuncia chiaramente che i diritti sociali che vi sono definiti devono essere applicati a tutti senza discriminazione. La Dichiarazione sulla Parità delle Donne e degli Uomini (1988) ha affermato che la discriminazione basata sul sesso in qualsiasi settore costituisce un ostacolo al riconoscimento, al godimento o all’esercizio dei diritti della persona umana e delle libertà fondamentali. Il diritto dei lavoratori migranti ad un trattamento che non sia meno favorevole di quello di cui godono i cittadini degli Stati membri è espressamente riconosciuto dalla Convenzione europea sullo status giuridico dei lavoratori migranti (1977).
La Convenzione culturale europea (1954) riconosce nello stesso tempo sia il “patrimonio culturale comune” del nostro continente, che la necessità di un apprendimento interculturale, mentre la Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera (1989) sottolinea l’importanza della radiodiffusione per lo sviluppo della cultura e la libera formazione delle opinioni. La Convenzione-quadro sul valore del patrimonio culturale per la società (2005) definisce il modo in cui la conoscenza del patrimonio culturale incoraggia la fiducia e la comprensione.
La promozione e la tutela della diversità in uno spirito di tolleranza sono alla base della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie (1992) e della Convenzione-quadro per la tutela delle minoranze nazionali (1995). La Convenzione-quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali (1980), la Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica locale (1992) e la Carta europea sulla partecipazione dei giovani alla vita locale e regionale (2003, riveduta) trattano la partecipazione alla vita pubblica su scala locale, argomento su cui si basa anche la Dichiarazione di Stoccarda sull’integrazione degli “stranieri” (2003), elaborata dal Congresso dei poteri locali e regionali. La Convenzione sul riconoscimento delle qualifiche relative all’insegnamento superiore nella regione europea del Consiglio d’Europa e dell’UNESCO (1997) esprime il divieto di tener conto dei fattori esterni, quali le convinzioni, le opinioni o lo status dei candidati, al momento del riconoscimento delle qualifiche.
Prima della Dichiarazione di Faro sulla strategia del Consiglio d’Europa per lo sviluppo del dialogo interculturale (2005), i ministri della cultura avevano già definito il dialogo interculturale come tema di lavoro nella Dichiarazione di Opatija (2003), mentre i ministri dell’educazione avevano esaminato la questione dell’educazione interculturale nella Dichiarazione di Atene (2003). I temi dell’educazione ai diritti dell’uomo, della solidarietà mondiale, della trasformazione dei conflitti e della cooperazione interreligiosa erano stati trattati in via prioritaria dai ministri europei responsabili della gioventù durante la loro riunione a Budapest, nel 2005. A partire dagli anni ’80, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha adottato numerose raccomandazioni e risoluzioni e tenuto dibattiti e audizioni sui diversi aspetti del dialogo interculturale e religioso. Il Piano d’azione adottato durante il Terzo Vertice dei Capi di Stato e di governo ha lanciato lo sviluppo di strategie di gestione e di promozione della diversità culturale, garantendo nello stesso tempo la coesione delle nostre società e incoraggiando il dialogo interculturale, anche nella sua dimensione religiosa.
Il Consiglio d’Europa agisce anche in qualità di organizzazione intergovernativa, sviluppando la sua influenza a livello internazionale tramite meccanismi di monitoraggio, programmi d’azione, promozione di politiche specifiche e attività di cooperazione coi suoi partner internazionali. La Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI) rappresenta uno strumento importante in questo ambito: assicura infatti un’attività di monitoraggio negli Stati membri dei fenomeni di razzismo e di tutte le relative forme di intolleranza e di discriminazione, elabora raccomandazioni di politica generale e collabora con le organizzazioni della società civile per sensibilizzare l’opinione pubblica. Mantiene inoltre contatti regolari con il Segretariato del Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione razziale (CERD), con l’Ufficio delle istituzioni democratiche e dei diritti dell’uomo (BIDDH) dell’OCSE e con l’Agenzia dei diritti fondamentali (ADF) dell’Unione europea. Il Commissario per i diritti dell’Uomo del Consiglio d’Europa svolge un ruolo importante nel promuovere l’educazione e la sensibilizzazione ai diritti dell’uomo e il loro rispetto. La Commissione europea per la democrazia tramite il diritto (“Commissione di Venezia”), organo consultivo del Consiglio d’Europa sulle questioni costituzionali, ha svolto un ruolo preponderante in merito all’adozione di costituzioni conformi agli standard europei, esprimendosi più volte sul tema dei diritti delle minoranze. Il “Centro Nord-Sud” è divenuto un luogo importante di dialogo fra le culture e un ponte fra l’Europa e le regioni vicine.
I rischi dell’assenza di dialogo
I rischi dell’assenza di dialogo devono essere pienamente valutati nel loro complesso. L’assenza di dialogo contribuisce a sviluppare in larga misura un’immagine stereotipata dell’altro, instaura un clima di sfiducia reciproca, di tensione e di ansia, tratta le minoranze come capri espiatori e, più in generale, favorisce l’intolleranza e la discriminazione. La scomparsa del dialogo nelle società e fra una società e l’altra può, in alcuni casi, offrire un terreno favorevole alla nascita e allo sfruttamento dell’estremismo, se non addirittura del terrorismo. Il dialogo interculturale, anche a livello internazionale, è dunque indispensabile fra vicini.
Chiudere la porta a un ambiente che presenta grandi diversità genera una sicurezza illusoria. Rinchiudersi nella tranquillità apparentemente rassicurante di una comunità esclusiva può condurre ad un conformismo soffocante. L’assenza di dialogo priva noi tutti di godere degli aspetti positivi delle nuove aperture culturali, necessarie per lo sviluppo personale e sociale in un contesto di globalizzazione. Comunità isolate e ripiegate su loro stesse creano un clima spesso ostile all’autonomia individuale e al libero esercizio dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
La mancanza di dialogo non tiene conto di ciò che l’eredità culturale e politica dell’Europa ci ha insegnato. I periodi pacifici e produttivi della storia europea sono sempre stati caratterizzati da una forte volontà di comunicare con i nostri vicini e di cooperare al di là delle frontiere. La mancanza di apertura verso gli altri troppo spesso ha generato catastrofi umane. Solo il dialogo ci permette di vivere nell’unità e nella diversità.
(Questo testo è tratto da: Consiglio d’Europa, Libro bianco sul dialogo interculturale, “Vivere insieme in pari dignità”, 2008)